Epilogo

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La piuma cade a lato dello scrittoio, ancora incredula di essere arrivata alla fine.

Chiudo il libro con un tonfo, alcune lacrime sfuggono al mio controllo, finendo per colpire la copertina di pelle.

Osservo quello che ormai è diventato a tutti gli effetti il libro con le mie Memorie, in cui ho scritto tutto ciò che mi è capitato.

Ho messo a nudo la mia anima, scrivendo cose che non avrei mai detto a voce alta a nessuno.

La verità è che scrivere alcune cose è stato straziante, ci ho messo anni a decidere di riprendere il tutto in mano.

Per molto tempo il cuore ha avuto la meglio sulla ragione, ogni volta che prendevo la piuma in mano tremavo.

Osservo fuori dalla finestra il mare in lontananza, mi sembra di sentire il rumore delle onde che si infrangono, l'odore di salsedine nel naso.

Mi mancano le lunghe traversate, il chiacchiericcio di prima mattina della ciurma, Jack e Mary che fanno a gara a chi riesce a strapparmi un sorriso.

Mi mancano gli arrembaggi, l'odore pungente del sangue che schizza ovunque, le urla di euforia degli uomini quando un saccheggio va a buon fine.

Mi mancano Jack e Mary, ogni giorno sempre di più, è una tortura sapere che esiste soltanto un modo per rivederli.

Se penso a John che lo lascerei da solo, questo mi da la spinta per andare avanti, perché non sarei diversa da mio padre. 

Perché farei molto peggio: lo lascerei solo al mondo, John non se lo merita. 

Anche se non sono una che crede a certe superstizioni, posso giurare che ho sentito un brivido freddo lungo la schiena.

Ho anche pensato di cambiare nome, riprovarci con la Pirateria, ma come avrei potuto fare? Accudire un bambino e fare il pirata, non vanno esattamente a braccetto.

Per un solo fottuto momento ho pensato di abbandonare John nel primo Convento che avrei incrociato, per fare ciò per cui sono nata.

John è stato la mia ancora di salvezza, se non fosse stato per la sua presenza, avrei fatto qualcosa di cui mi sarei pentita.

Io che mi sono sempre attaccata alla vita, ho combattuto con le unghie per rimanerci aggrappata, mi sono ritrovata a pensare una cosa simile.

Ho cercato di dargli un infanzia il quanto più normale possibile, anche se sempre in movimento, non volevo che crescesse come siamo cresciuti io, Jack e Mary.

Tagliati fuori dalla società soltanto per quello che siamo, refrattari alle regole, ribelli, pirati.

Una volta ho chiesto a John se non sentisse la mancanza di un posto da chiamare casa, la sua risposta mi ha sorpreso: perchè?

E' stato allora che ho capito che è il degno figlio dei suoi genitori, non mi sorprenderei se un giorno decidesse di andare per mare.

Non avrei mai pensato di arrivare a superare i trent'anni, è un traguardo al quale non avrei mai pensato di arrivarci.

Come non avrei mai pensato di ritirarmi dalla vita di mare per crescere il figlio di Jack e Mary.

La vita è proprio strana.

-Zia Anne?- la voce di John, mi riporta con i piedi per terra.

John è alto per la sua età, i capelli corvini corti che sembrano avere vita propria, il sorriso che non abbandona mai il suo viso.

È sempre così allegro, così solare, che se non sapessi la verità mi verrebbe da chiedermi di chi sia davvero figlio.

Forse sarà che sono stata presa da un momento di nostalgia, ho portato John nella casa dove io e Jack siamo stati felici, anche se per poco tempo.

Sono tre anni che ci siamo stabiliti in questo luogo, un posto tranquillo in cui poter stare senza dover dormire con una lama sotto il cuscino ed un occhio aperto.

-Cosa c'è? Di nuovo quel ragazzino? Un pugno dritto sul naso, te l'ho detto, finirà di fare il bullo con te... o devo intervenire io come l'ultima volta?-

John scuote il capo con forza, è consapevole che non è mai un bene se intervengo io, come l'ultima volta che ho quasi sgozzato un ragazzino che lo stava maltrattando davanti a me.

John ammette che da quando lo ha morso ad una mano, non gli dà più fastidio, anzi il ragazzino è rimasto così impressionato e intimidito, che gli ha chiesto di diventare amici.

Tale madre, tale figlio.

-Zia Anne... voglio conoscere la storia- inizialmente, non capisco di cosa stia parlando.

Poi vedo John che mi guarda con gli occhioni da cuccioli, se non fosse lui gli avrei già ficcato un coltello in un occhio.

Mi scappa un sospiro, glielo avevo promesso, anche se speravo che non se lo ricordasse, gli avevo detto che una volta raggiunto i tredici anni gli avrei raccontato la storia, mia, Jack e di Mary.

Se gli dico "quando sarai più grande" è probabile che il morso me lo becco io, ho le mani legate.

Sono quasi tentata di porgergli il Diario per farlo leggere a John, però ci sono scritte delle cose che è meglio che non sappia.

Tipo io che mi sbatto entrambi i suoi genitori, non è qualcosa da dire così candidamente, anche se è il figlio di Mary.

Chiunque dica che il tempo aiuta a lenire le ferite, non è mai stato sul serio innamorato, un amore che ti distrugge il cuore che nemmeno in cento anni riusciresti a dimenticare.

Il mio sguardo si posa sulla Carabina di Jack, l'ho appesa al muro, vicino alla lettera spedita da Mary che ho fatto incorniciare.

Sono le uniche cose che ho su di loro, ringrazio mentalmente Agnes che ha preso il libro, i soldati sono venuti a controllare casa nostra dopo la nostra cattura, per chissà quale motivo, Agnes curiosa come una scimmia lì aveva preceduti.

Ha detto che non lo ha letto, ma aveva uno sguardo diverso dall'ultima volta, uno che ho visto fin troppo spesso in vita mia: un misto di timore, orgoglio e referenza.

Ogni volta che ci poso lo sguardo sopra, alla Carabina e alla lettera,  vengo sopraffatta dalla malinconia.

Faccio un gesto con la mano verso John, il quale si avvicina e si siede a gambe incrociate, i suoi occhi sono puntati su di me.

-Sai tuo padre era conosciuto come Calico Jack o Jack Rackham, però non tutti sanno che il suo vero nome fosse John...-

Gli occhi di John si illuminano quando inizio a raccontare, quegli occhi così simili a quelli del padre, che guardarli fa sempre male.

A volte penso che tutto questo sia il mio inferno personale, essere qui e ora, ma va bene così.

Ho avuto la vita che mi sono scelta, non quella che hanno scelto gli altri  per me, non la cambierei per nulla al mondo.

Non cambierei nulla di tutto quello che ho fatto e vissuto, tutto il dolore, tutto il sangue versato, sono grata di tutto ciò.

Sono grata di essere nata come Anne Cormac, il suo essere intraprendente mi ha spronato.

Sono grata di essere cresciuta Anne Cognac, il suo dolore mi ha temprato.

Sono grata di essere diventata Anne Bonny, il suo spirito libero mi ha spinto ad essere ciò che sono ora.

Semplicemente me stessa.

Semplicemente Anne.

Memorie di una PiratessaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora