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Il mattino seguente mi svegliai con la sveglia del telefono di Obanai, così corsi a spegnarla.
Quella sveglia si chiamava: Colazione Kaburamaru.

«Cosa mangi tu per colazione?»  chiesi al serpente, a bassa voce, che si trovava ormai sulla scrivania dove c'era il telefono del proprietario di casa. «Sssss.» rispose, giustamente, il serpente.

«Cioè?» bisbigliai, subito dopo Kaburamaru mi fece un cenno con la testa di seguirlo.

«Va bene, ti seguo.»

«Ti apro la porta.» dissi allungando la mano per aprire la porta, direi al quanto divertita vedendo il serpente fermo ad aspettare. «Sssss!» mi rispose... arrabbiato? Ma che serpente è?

«Ti apro anche quella, ho capito.» dissi, aprendo anche la porta al centro del corridoio. Poi mi fece cenno, sempre con la testa, di aprire un mobile della cucina.

«Qui dentro ci dovrebbe essere il tuo cibo?» chiesi guardandolo negli occhi rossi, mi annuì col piccolo capo. Ero incredula di quanto fosse abituato ad interagire con gli esseri umani.

Aprì il mobile dove, effettivamente, c'era il cibo di Kaburamaru. Lo presi, aprendo la ciotola, lo guardai e... «Che schifo... Mamma mia, che odore. Ma tu mangi veramente sta roba?» dissi chiudendo la scatola contenente il suo cibo, al quanto disgustata.

«Ssss, ssss.» rispose dirigendosi verso il tavolo. «Vuoi mangiare lì, giusto?» gli dissi seguendolo, portandomi dietro quella roba.

«Capisci il serpentese?» disse una voce divertita all'ingresso. «Uh? Io? No no: intuito.» risposi sorridendo.

«Molto interessante, Mitsuri.» disse, raggiungendoci dallo stipite della porta.
«E non sono l'unica, Obanai.» risposi, guardandolo sorridendo ancora.

«Noi come facciamo colazione?» chiese lui.

«Penso che farò del latte caldo.» gli risposi, andando verso il frigo, dopo ovviamente aver lasciato la colazione a Kaburamaru.

«Va bene, io mi occupo di Kaburamaru.» disse prendendo una ciotola, nera con una scritta bianca in grassetto: Kaburamaru. Carina.

«Alla fine sei rimasta a dormire qui.» disse, guadando la tazza di latte caldo, preparato da me in precedenza.

«Non è un problema, anche io abito da sola.» gli risposi sorridendo, assaporando il latte in tazza, con dei biscotti.

«Uzui non deve sapere di questo, continuerà a tormentarci se lo scoprisse.» disse prima di bere il suo latte. Risi, seguita da lui. «Hai ragione.»

«Sembra che si sta per mettere a piovere.» dissi, guardando fuori dalla finestra, in piedi davanti ad essa.

«È meglio se torni a casa adesso, prima che piova.»

«Già, oggi ho degli impegni con i fratelli Kamado.» dissi guardandolo, mi stava già guardando. Mi avvicinai a lui e poggiai le mie labbra sulla sua fronte, con gli occhi chiusi. Poi mi sedetti vicino a lui e lo guardai, era arrossito... AVEVA FRAINTESO?!

«S-Sembra che la f-febbre ti sia passata, non sei c-caldo in f-fronte.» balbettai, imbarazzata per via del fraintendimento di Obanai, anche se le mie guance si erano colorate di rosso come le sue.

«S-Sta per mettersi a piovere veramente, meglio se v-vai. » disse, con un leggero balbettio, facendo un sorrisetto e distogliendo lo sguardo con ancora le guance rosse, per poi alzarsi e prendermi le mie cose, cioè il cappotto e il cellulare.

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