- CAPITOLO 8 - Sacrificabile

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Ci sono delle parole chiave che si ripresentano nel corso della vita di Zena e una di queste è proprio "Sacrificabile". La prima volta che si è sentita così aveva pochi anni ed era a casa dei nonni. Il nonno si lamentava del fatto che stesse ogni giorno a casa loro e la nonna gli urlava: "lo capisci che è la tua unica nipote?!" Ascoltava la conversazione dietro quella porta scorrevole, un po' antiquata, a zig-zag, di quelle che solo a sfiorarla il cigolio è assicurato. Il legno scadente, un po' sbiadito faceva spazio ad una piccola vetrata satinata dove Zena, tra un grido e l'altro, spiava l'immagine sfocata dei volti imbronciati. Quella fu, tra i ricordi che abbiamo, forse la prima volta che la collera invase il corpo per restare incastrata lì. Col labbro ricurvo e le braccia incrociate ritornò sul divano della zia a guardare l'acquario e si lasciava ipnotizzare. Pesci blu, rossi, gialli, pesci col pancione, sassolini e uova nascoste; l'acqua, l'abisso, l'ignoto, le lacrime. Mille pensieri in cinque anni di testa non ci stanno e di nuovo corrucciata frugava tra i mobili della stanza per distrarsi dall'unica domanda che l'assaliva veramente: "Perché non mi vuole qui?"

Dietro un pensiero così profondo sembrerebbe quasi che a parlare ci sia Emotiva e invece c'ero io, a metterle addosso la responsabilità di qualcuno che non la voleva lì, che poteva andare da altre zie; era sacrificabile, non essenziale, a tratti anche d'intralcio. Quel genere di domanda non era provocata da me ma dall'ingenuità fanciullesca, dalla mente pura di una bambina un po' disorientata, sempre a casa di persone anziane dove gli unici stimoli erano giocare a scopa o a dei vecchi giochi impolverati degli anni '70. Zena non aveva i mezzi per essere maliziosa, vanitosa, cattiva, era stata così fiduciosa del mondo fin dalla tenera età che la colpa di ogni male non poteva che essere sua.

Vi annoierei se vi raccontassi di tutte le volte che le ho detto fosse sacrificabile. Alle elementari, alle medie, al liceo, all'università. Per ogni tappa scolastica Zena ha avuto due o più comitive diverse e ogni volta finiva per restarne esclusa. Non importava se avesse riunito lei tutte le persone del gruppo, se avesse aiutato tutti nei loro momenti difficili, se avesse lasciato perdere per tutte le battute un po' cattive e le pretese, lei era sacrificabile; quella con cui nessuno si schiera, nessuno prende le sue parti, niente, zero, sola.

Darle la colpa di ogni esperienza andata male, però, non sempre le bastava. E' per questo che ho fatto subentrare la collera. Sapete qual è la differenza tra collera e dispiacere? L'ira. Medea uccise i suoi stessi figli per il tradimento di Giasone, "L'ira Funesta del Pelìde Achille" diceva Omero. Il dispiacere è momentaneo, passeggero, è rammarico; la collera è insidiosa, cruda, brutale, oscura e, dopo una vita passata a subire passivamente la cattiveria altrui, Zena aveva bisogno di capirsi, di riscattarsi, doveva poter avere, bramare la vendetta. Non siamo in un thriller: non ci sono omicidi né storielle di donne che si tirano i capelli, Razionalità non ci hai mai permesso di attuare i nostri piani maleficamente elaborati aggiungendo al buco nero una bella dose di repressione. Lo psicologo ci chiede sempre da dove venga tutta questa rabbia e non ricevendo una risposta chiara vorrebbe estirparla da Zena con i suoi toni dolci e gli esercizi d'amore verso se stessa. Ha sempre indovinato ogni dettaglio mio, di Emotiva e Razionalità ma con la rabbia ha sbagliato di grosso: l'ira non è per il poco amore ma anzi per la mia troppa stima verso un'anima così fragile ed indifesa, un'anima sofferente pugnalata ripetutamente alle spalle e anche in petto che non è mai riuscita a gridare e a sputare la verità con nessuno diverso dai suoi genitori. Apparentemente estroversa ma profondamente timida in tutto ciò che le fa male l'ho dovuta proteggere dal male del mondo che dal primo giorno le si è rivoltato contro.

Storie di un' Emotiva TragicaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora