-CAPITOLO 27- Un nuovo inizio

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È passato tanto tempo dall'ultimo racconto, dopo quella seduta non ci sono più andata dallo psicologo, neanche ho chiesto un incontro per salutarlo. Dopo quella seduta riferii ai miei della strana proposta e in casa fu subito dramma: "ti hanno fatto il lavaggio del cervello! Ti hanno convinto che hai bisogno degli psicofarmaci, quei bastardi." Riferii che mi sarei presa una pausa dalla terapia quello stesso giorno, ero così esausta delle grida in casa e delle idee complottiste dei miei genitori che preferivo non capirmi più. Così è stato: dello psicologo mi erano rimaste vaghe nozioni di consapevolezza, lo sforzo di riuscire ad accettarsi, una tendenza ad un'elevata tolleranza e moderazione ma nient'altro. La mia voragine era sempre lì e non appena non ebbi più neanche lo sfogo settimanale, divenne tutto di nuovo un limbo di oscurità. Sono ricominciati gli attacchi di panico, stavolta anche asmatici; gli sfoghi in faccia, l'irascibilità. A questi, nuove paure sono spuntate forti come non mai: ho iniziato ad avere paura del cancro, ho iniziato a pensare ossessivamente alle malattie e ad ogni mal di gola o raffreddore temevo fosse qualcosa di più grave. Ho smesso di avere rapporti intimi per paura delle malattie sessualmente trasmissibili, ho smesso d'amare per paura di essere ancora ferita, ho smesso di provare affetto perché mi sembravano tutti troppo qualunquisti. Le cose belle sono di nuovo diventate possibili fregature. Stavo cadendo a pezzi ancora una volta, Voce crudeltà ed Emotiva tragica avevano il pieno controllo su di me. Mia madre, vedendomi in questo stato, anche se con i suoi soliti modi bruschi, mi ha praticamente trascinata da una nuova psicologa. Come compromesso le ho detto che alla prima seduta avrebbe parlato lei per me, che avrebbe dovuto riferirle di tutte le volte che mi aveva sgridato perché stavo male. Così è stato, ho parlato poco e nulla a quella prima seduta ma la psicologa aveva riempito due fogli del suo taccuino. "Il prezziario è di settanta euro a seduta e con Zena inizierei un percorso di un incontro a settimana di circa 60 minuti." Ha detto la psicologa a fine seduta. Nella mia testa non faceva altro che rimbombarmi quel prezzo, mi tormentava ossessivamente il pensiero di ogni litigio che sarebbe accaduto per quella seduta settimanale nei momenti di crisi, nei giorni in cui mi servivano soldi per uscire perché non avevo più risparmi. Un'ansia così pressante da tenermi ancora ora sveglia la notte, un'ansia che nonostante il mio obiettivo di laurearmi presto mi fa mandare curriculum in tutt'Italia per posti di lavoro mediocri ed insoddisfacenti. Questa psicologa ha un approccio completamente diverso dall'altro...è così chiara. Non smetterò mai di dire che il primo psicologo mi ha salvato dal pensiero più oscuro che esista ma è oggettivo che non mi abbia mai spiegato perché avessi tutto questo marcio dentro. L'attuale psicologa, che chiameremo Psicologa, mi sta spiegando un po' la teoria del bambino interiore: le ho parlato di Emotiva, Emotiva Tragica e Razionalità ed è riuscita a farmi associare ad ognuna di esse dei comportamenti che i miei genitori hanno sempre avuto con me durante i litigi. Mi ha fatto notare, ad esempio, che l'esasperazione di Emotiva Tragica non è poi così diversa dalle crisi di mia madre nei periodi di forte stress, che la sua tendenza a giudicarmi aspramente non è poi così lontana dai giudizi non richiesti di mio padre nella tenera età; che Razionalità è la difesa migliore che ci sia davanti a due educatori che, molto sinteticamente, non hanno la minima idea di come si regolino le emozioni. Insomma, seppur sollevata dalla conferma che molti miei disagi provengano dalla disfunzionalità dei miei genitori, questa ha fatto anche risorgere una gran rabbia verso di loro. Ogni volta che Psicologa mi dice che devo creare il mio adulto interiore per calmare tutte le bambine piangenti dentro me, una fiamma d'ira m'assale. Perché dopo anni di solitudine e di lotta devo essere ancora e solo io la salvatrice di me stessa? Perché, nonostante di conforto emotivo io non ne abbia visto mai neanche l'ombra, devo essere e diventare l'adulta delle piccole me? Perché, maledizione, i miei non possono cambiare e darmi quello che m'è mancato? Come si diventa adulti quando a crescerti è una madre che da adolescente ti confida i suoi problemi di coppia? Come si diventa adulti se a crescerti è un padre instabile nei rapporti? Come si fa a creare un adulto interiore se adulta lo sono già stata, necessariamente, fuori? Quando mamma aveva bisogno di me e io 'dovevo' capirla e compatirla negli anni in cui papà lavorava fuori? Come fa la me adulta a prendersi cura di me quando, da sempre, sono stata io l'ancora degli altri? Come il mio attuale cane che amo con tutta me stessa ma che so, ora, di aver preso perché non accettavo la morte del mio primo cane. Il mio attuale cane probabilmente è problematico per colpa mia, ho visto in lui la mia soluzione al buio che mi portavo dentro, gli ho lasciato addosso il peso di quel dolore. Dunque, può un figlio essere il tappo sbagliato a un vuoto che si cerca di colmare? Non faccio altro che chiedermi se sono stata solo un lungo capriccio per mia madre, se presa dall'idea di superare il lutto di sua madre con una gravidanza, si sia dimenticata che la condizione di genitore è permanente. Lo so, è un pensiero cattivo considerando tutto ciò che ha fatto per avermi, ma vedere in me i suoi sbagli è così frustrante. Mi sembra di riaffrontare ogni fase d'accapo ma con un po' di sicurezza in più, senza il dubbio che io possa troppo enfatizzare ciò che mi è accaduto nella vita. Non so se sia un bene ma una cosa è certa: è di nuovo la fase in cui sto una merda. 

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 28 ⏰

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