-CAPITOLO 18- Papà e dualismi

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Noiosissima e ripetitiva Zena, un tutto dir niente e zero valori. L'amore, la semplicità, le solite scuse banali per non accettare che ha il desiderio di ritornare una piccola ochetta presuntuosa. Lo sa bene, ci hanno pure chiamato vanitose, grassocce come siamo dubito per fare un complimento. Non ci importa del corpo e della dieta, non ci importa abbastanza dello studio, gli amici sono solo una distrazione e, certamente, lasciamo pure che la nostra vita vada a rotoli per un uomo che neanche ci pensa e a stento si ricorda che esistiamo. Che gran romantica testa di cazzo Zena, eh? Ma davvero pensa che insistere con qualcuno che l'ha evitata per mesi la porterà a starci insieme? Stento a credere che dopo l'esperienza così lunga col suo primo ex, la cui storia è finita con lui felicemente fidanzato con un'altra da anni, voglia ricominciare di nuovo questo calvario di rifiuti. Col famoso ex, che Emotiva, Razionalità e Zena portano sul piatto d'oro, ha vissuto anni infernali di bullismo e traumi ma vivendoli come la prova evidente del loro amore. Le dedicava canzoni come "tutto ciò che mi uccide mi fa sentire vivo" e lei ne restava estasiata manco stesse citando Montale che, per la cronaca, Drusilla l'amava tanto. Il punto è che si vede quando qualcuno ti vuole, a prescindere dal rapporto. No, non lascerò subentrare la voce del mio psicologo: "la vita non è o bianco o nero." perché io sono Emotiva Tragica e il mio ruolo sarà sempre esasperare (di nero). Per me Zena ricade così in depressione, non per colpa mia e nemmeno del vuoto in petto ma perché è bacata nelle esperienze di vita e a peggiorare la situazione c'è lo psicologo cazzone che vuole per forza vedere il buono in tutti; non puoi dire ad una ragazza sensibile che chi ti evita senza chiarire è perché è sensibile!  Odio la sua ossessione per l'amore; da piccola non ha visto poi troppe volte i cartoni delle principesse, era più tipa da Warner Bros, DreamWorks e Studio Ghibili. Guardava La città incantata a ripetizione a casa della nonna e si lasciava affascinare dalla potenza di una donnina alla disperata ricerca dei suoi genitori-maiali. Insomma, nonostante i tentativi dei nostri genitori di tenerci lontane dal mondo delle favole, Zena è comunque caduta nella trappola del superficiale concetto di "vero amore". Forse però, andando più a fondo,  sembrerebbe che sia proprio per loro se oggi siamo così; anzi, per papà. Questo bramoso desiderio di un amore che completi i suoi vuoti ci ha sempre insospettito, soprattutto negli ultimi mesi di terapia. Non ha mai voluto parlare di papà perché il solo pensiero di scrivere di lui scatena Emotiva alla massima potenza. Sento spingere Zena dentro me per lasciarle il posto e nonostante non meriti d'essere ascoltata è giusto che ne parli lei.

Quello con mio padre, da piccola, era un rapporto d'amore profondo e complicità. Mentre mamma era totalmente presa dal mio stato di salute, dal coccolarmi col cibo e le cure, papà si occupava dei giochi e del divertimento. Noi che giochiamo alle Barbie e ai Lego è l'unica cosa che riesco a ricordare di quei momenti: lo costringevo a cambiare voci e personaggi, gli suggerivo le battute, gli facevo costruire mostri con le costruzioni, lo torturavo con le mie fantasiose idee infantili e lui si immergeva totalmente in tutto ciò che amavo per quanto m'amava. Fino a qualche anno fa, se mi avessero chiesto il nome di colui che per primo mi ha spezzato il cuore avrei risposto il mio ex ma oggi mi rendo conto che, in realtà, la prima persona ad avermi resa diffidente verso il prossimo, iper-vigile, repressa è mio padre. Abbiamo iniziato a scontrarci non appena ho iniziato a rendermi conto di quanta rabbia si portasse dentro, quando i litigi con mamma iniziavano ad aumentare e lo vedevo urlare fino a diventare rosso. Un po' alla volta mi ci sono ritrovata in mezzo anch'io prendendomi parte di quella rabbia con le sue offese: "Stronza", "cretina", "deficiente". Nonostante sapessi perfettamente che non si sarebbe mai permesso di sfiorarmi neanche con un dito temevo la sua rabbia più di ogni altra cosa, ancora oggi non riesco a guardarlo negli occhi quando mi urla contro ma quelle maledette parole continuano a squarciarmi il petto come una lama. Ho sempre pensato che alle parole pungenti e svalutanti avrei preferito delle botte silenziose, avrei preferito degli schiaffi in faccia, forti, da livido piuttosto che vedere lo sdegno nei suoi occhi ogni volta che la pensiamo diversamente. Avrei preferito il dolore fisico anziché il suo amore a intermittenza, anziché crescere con l'idea che una persona senza cultura e senza passioni non possa ricevere amore. Per parlargli senza scontrarci ho dovuto smettere di farmi piacere certa musica o una determinata tipologia di libri, ho dovuto zittirmi per ridurre i litigi, non scherzare perché abbiamo umorismi diversi, non commentare le sue scelte, non contraddirlo mai. L'unica cosa sui cui posso ancora scegliere è quando non prendermi il suo affetto e, per quante volte mi ha delusa, ho scelto di non prenderlo mai più. Provo disagio tra le sue braccia perché temo con ogni fibra del mio corpo che se mi lasciassi andare mi ferirebbe più di quanto fa ogni giorno. È più facile la rabbia alla consapevolezza che certe persone possono amarsi solo standosi lontani perché incompatibili. La terapia, ovviamente, sta smontando questa grande impalcatura che mi sono costruita ma ormai sono così bloccata nel passato e i suoi timori che nella mia vita amorosa cerco di "aggiustare" uomini simili a mio padre nel tentativo di riempire quel vuoto che ha lasciato lui. Dietro l'odio verso me stessa, l'insicurezza e l'incertezza d'essere c'è un'adolescente che aveva bisogno di sentirsi accettata e voluta nonostante i difetti enfatizzati dalla pubertà. Forse è per questo che alla fine nessuno finisce mai per amarci, a forza di dimostrare d'avere valore finiamo per perderci, nascondiamo la nostra vera essenza. Chi è però, tra le personalità, che decide di  farlo? E se ci fosse qualcun altro in me?

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