- CAPITOLO 9 - La maestra

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Ogni persona che sia stata alunna ha avuto un mentore tra i banchi di scuola, un insegnate che ci tenesse così tanto da instaurare un rapporto d'affetto e stima reciproca. Solitamente questo accade alle medie, al liceo o all'università, insomma, nelle età in cui si ha più o meno già ben definita l'idea del mondo e della cultura; a Zena invece è successo alle elementari. Per ovvi motivi chiameremo questa insegnante "La maestra". La maestra è sempre stata una persona solare ed estroversa ma quando si trattava della grammatica italiana guai a chi fiatava in classe! Zena la guardava con ammirazione scrivere i verbi alla lavagna, nonostante ad ogni nuovo argomento la paura di non apprenderlo la spaventasse quel modo chiaro e schematico di vedere la sua materia preferita la rassicurava. Il tempo si fermava nelle ore di italiano, il senso di appagamento contrastava tutte le paginette di lettere in corsivo, lo stampino d'un grappolo d'uva occupava le paginette delle "u", l'inchiostro viola intenso macchiava anche quelle vuote; Zena era felice. Quando iniziammo a studiare e a scrivere le fiabe e i temi La maestra trovò qualcosa in lei: una dote. All'epoca Zena non poteva sapere quanto quella fiducia avrebbe potuto cambiarle la vita ma sentiva viva e forte la gioia di chi ci avrebbe scommesso tutto che sarebbe diventata qualcuno. Dall'altra parte c'ero già io, piccola ed inesperta, a darle la pressione di dover essere sempre la migliore, la pressione di non dover deludere le aspettative e così al primo "Bene" invece di "Eccellente" le insinuai il senso di fallimento, la feci piangere fino a chiamare la mamma. Anche quel giorno La maestra non tolse il sorriso e ridendo spiegò a nostra madre che non era successo niente, che c'era qualche errorino qui e lì ma niente di preoccupante, "non piangere, Zena" le disse accarezzandole la schiena e i singhiozzi tacquero ed io con essi. Forse con una persona come lei accanto per tutta la vita Zena sarebbe riuscita ad eliminarmi ma per fortuna io sono qui viva e vegeta. 

Per quanto mi duoli dirlo La maestra è stata un bene per Zena, ora più di prima, la luce che risente in sé, ad anni di distanza, rompe un po' quella voragine ramificata; sapere che qualcuno nel mondo, nella sua stessa città, la stimi indipendentemente da ciò che studia, da ciò che è e che fa le da speranza, per quanto indefinita ed illusoria.  Probabilmente senza di lei non saremmo qui a scrivere, non avremmo scelto il classico, non ci saremmo appassionate alla lettura e alla letteratura e forse però non saremmo state così pensatrici come siamo. Avere la passione per la scrittura implica avere una consapevolezza dell'esterno che consuma, non si accettano i punti interrogativi senza una risposta e dove la mente umana non può arrivare cominciano le ansie dell'ignoto. Forse La maestra notò proprio questo in noi alla prima parola letta e al primo compito in classe: l'ossessiva curiosità ai dettagli, all'impercettibile, alla sensazione oltre che all'oggettivo. Durante un compito, una volta, sussurrò a Zena che gli aggettivi sono essenziali in un racconto. Solo ora comprendo come mai avesse scelto di dirlo a bassa voce e solo a noi; non era una correzione, era un consiglio, lei aveva già capito che quella naturalezza che Zena aveva nello scrivere non andava costruita ma solo indirizzata.  Quel consiglio non gliel'ha più dato nessuno, a volte è stato anche criticato dall'insegnante del liceo ma tutte noi sapevamo che quello era il nostro stile, il nostro modo di comunicare, esattamente come volevamo, le emozioni. La maestra ci ha inconsapevolmente concesso la libertà di essere, tutte insieme, da Zena a me, ad Emotiva e Razionalità senza veli né freni e questo, anche tra i banchi di scuola dove la libertà di pensiero dovrebbe essere un diritto cruciale, stava stretto a molti. 

Per cinque anni di Liceo ho fatto sentire Zena una fallita nell'unica cosa che le dava gioia, tutti i suoi compagni prendevano voti alti e lei non superava il 7 ma oggi, anche io, da Emotiva Tragica quale sono, voglio darle in merito della sua bravura perché lì fuori, nel mondo, oltre alle professoresse tristi e frustrate ci sono anche persone come La Maestra che hanno creduto nella semplicità dell'emozione e nella complessità dei dettagli. In fondo cos'è il mare senza i granelli di sabbia o le foglie senza gli insetti? L'essenza dell'esistere non sta proprio nell'impercettibile?

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