-Vestiti.

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Ehy you, come over and let me embrace you
I know that I'm causing you but pain too
Remember if you need to cry
I'm here to wipe your eyes
Sometimes before you fall asleep
I run my thumb across your cheek
Cry, 'cause I'here to wipe your eyes
I know I made you feel this pain
You gotta breathe we'll be okay
Cry, 'cause I'm here to wipe your eyes.
-Wipe your eyes (Maroon 5)-

Luke ghignó. Dietro di lui una delle cameriere guardava la scena ubriaca.
-Vivian vai un attimo fuori?- chiese Luke continuando a guardare Diana, che ora si stava avvolgendo con l'asciugamano.
Per fortuna c'è la porta nera chiusa a chiave, pensó Diana.
-Mi chiama Micaela..- disse la ragazza prima di andarsene.
-Fiorellino.- lo salutó Diana.
-Queen.- rispose lui.
Con una mossa veloce Luke si approprió dei vestiti di Diana, ancora appesi sulla 'porta' nera.
Diana ebbe paura. Si sentì lo stomaco vuoto, ma allo stesso tempo con una tempesta dentro.
-Luke..- lo avvisó seria.
-Diana, si vede da un kilometro di distanza che hai paura.- la osservó qualche secondo con fare curioso. -La domanda è: hai paura di me o di quello che posso fare?-
-Quello che.. Che mi puoi fare.- battè i denti. Luke alzó un sopracciglio e si morse il labbro inferiore.
-Hai il trucco tutto colato.- Diana si passó lo mani sotto gli occhi. Il rossetto nero peró sapeva che avrebbe resistito a lungo.
-Ecco, va meglio.-
-Luke. Che vuoi?!- sbottó Diana. Aveva freddo e paura, e tutto per colpa di Luke.
-Bacio.- Diana impallidì.
-Te lo scordi.-
-Allora arrangiati. Questi li avrai domani.- rispose duro Luke prima di uscire.
Gli occhi di Diana si fecero lucidi. Cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo?
Se questo fosse successo alcuni anni prima, Diana lo avrebbe inseguito per poi costringerlo a ristituirle le cose. Ma ora, lei, non aveva voglia di inseguire nessuno. E oltrettutto non poteva uscire tranquillamente nuda a rincorrere un coglione.
Ancora tremante dal freddo si mise la corta camicetta nera e quella gonna troppo corta. Prese la borsetta ed uscì. Il giorno dopo sarebbe stato sabato e a scuola, per fortuna, non doveva andarci.
Uscì dal pub ancora con qualche persona al suo interno e si avvió per le strade vuote. La debole luce dei lampioni rendeva tutto molto spettrale e Diana si costrinse a camminare piú in fretta.
Camminava da dieci minuti, quando le arrivó una chiamata da Ashton.
-Dove sei?- disse Ashton dall' altra parte.
-Sono qui.- scherzó lei.
Non sentì la risposta di Ashton perchè una mano le strappó via il telefono.
Un ragazzo, forse di due o tre anni in piú di lei, la guardava ubriaco.
-Hey- la salutó.

Le mancava poco. Doveva girare solo alla prossima via e sarebbe stata a casa. Sapeva che qual ragazzo non la stava inseguendo, era troppo ubriaco per correre.
Era riuscita in qualche modo a fargli perdere i sensi dopo avegli dato una ginocchiata e poi un colpo sulla nuca. Le lacrime le scendevano veloci dagli occhi, e le sue braccia la coprivano. La camicetta era ancora tra le mani di quel pazzo e lei stava correndo tra le vie solo con una gonnellina e l'intimo. Arrivata a casa colpì ripetutamete la porta, urlando il nome del padre.
-Chi è?- rispose il padre aprendo la porta assonnato. Gli occhi gli si spalancarono alla vista della figlia.
Diana era scossa dai singhiozzi che non cessavano.
-Papá..- sussurró piagnucolando. Il padre la strinse forte attirandola dentro casa e chiudendo la porta d'ingresso.
-Diana! Diana sei a casa!- le sussurró il padre. Vedendo che non si calmava neanche un po', la portó in bagno dove perparó un bagno caldo. Diana stava ancora piangendo, ma si era calmata un pochino.
Si sentì sbattere alla porta.
-SIGNOR KING! APRA LA PREGO! CREDO SIA SUCCESSO QUALCOSA! SIGNOR KING!- la voce di Ashton fece tremare Diana.
-Ash..-
-Diana, vado ad aprire ad Ashton, lo porto qui okay?- chiese il signor King guardandola negli occhi. La figlia annuì.

-É stata, credo presa, sono andato per le strade di Sydney ma non la trovo! Signor King hanno preso sua figlia.- disse senza voce per il troppo urlare Ashton. Il padre di Diana lo guardò dolcemente.
-É su, puoi sal..- Ashton non aspettó nemmno un secondo e lo superó, dirigendosi al piano superiore.
Diana vide comparire il suo amico da dietro la porta. Le braccia di Ashton la circondarono, stingendola forte. Molto forte.
Diana tenne lo sguardo perso nel vuoto. Se non fosse riuscita a liberarsi di quel ragazzo, ora, dove sarebbe? Per la strada insanguinata? Ancora sotto quel corpo? Non sapeva che risposta darsi.
Sentì il corpo di Ashon avere degli spasmi leggeri. Stava piangendo.

Calum tornava a casa con le mani affondate nei jeans. La felpa gli teneva caldo, in quella notte di novembre. Camminava a passo svelto, stanco. Sapeva che Luke non sarebbe tornato, ma poco gli importava. Succedeva spesso, quindi per lui era diventata quasi un'abitudine, che Luke mancasse dopo una festa.
Vide un uomo, un ragazzo forse, sdraiato per terra con una camicetta nera tra le mani. Sembrava una di quelle che aveva Diana al pub. Si avvicinó all' uomo per vedere se era morto o meno. E si bloccó.
Nella camicia c'era tessuto a bei caratteri un nome e l'iniziale di un cognome. Diana K.
Diede un calcio al ragazzo svenuto. Si passó una mano tra i capelli.
Vide che lo sconosciuto a terra si stava rialzando piano piano.
Lo prese per il colletto della maglietta che indossava.
-Dov'è bastardo? Diana dov'è?-
-Credo se ne sia andata- rispose quello quasi dormendo. Calum lo lasció ricadere sul terreno.
Prese il cellulare e compose quel numero che sapeva meglio del proprio.
-Pronto?-
-Luke, razza di imbecille vieni subito qui!- isse immefiatamente Calum.
-Domani Calum, ora non posso portarti le chiavi.- e chiuse la chiamata.
Calum provó a richiamarlo ma rimaneva irragiungibile.
Cazzo, pensó, stavolta non è per le chiavi di casa.
Guardó ancora una volta quello sconosciuto ai suoi piedi. Prese la camicia nera. Se era fortunato Diana era tornata a casa. Non sapeva cosa fare, lui non sapeva dove vivesse Diana, anzi, nessuno lo sapeva.
Si mise la camicia in tasca e si avvió per la strada. Lunedì avrebbe chiesto in giro informazioni. Ma stavolta, Luke, non sarebbe stato insieme a lui.
Non conosceva Diana tanto bene, insomma, lei parlava con Luke, non con lui. Nonostante non parlassero molto tra di loro Diana quella sera lo aveva 'aiutato' con Sarah. Certo, aiutato non era la parola giusta, ora Sarah, come si era presentata la mora, aveva preteso un appuntamento per non sporgere denuncia.
Per Calum tutto questo era un gioco. Sapeva che non poteva denunciarlo per averle versato un po' di Vodka in testa. Ma giocare lo divertiva. E infatti aveva fatto finta di credere a Diana, avendo voglia comunque di tornare da quel piccolo e insignificante giocattolino.

-Rivoglio i miei vestiti.- Diana sbattè l'anta dell' armadietto di Luke. Il rgazzo la guardò scuotendo la testa.
Le mani di Diana andarono al colletto del maglione che Luke indossava, stringendolo e sbattendolo agli armadietti.
-Non mi interessa nulla delle tue scuse che hai giá pronte: io rivoglio i miei vestiti.- Sibiló Diana arrabbiata.
-Ehy Luke! Te la sei giá fatta eh?- gridó una voce tra le tante del corridoio. I ragazzi della scuola si fermavano ad osservare la scena.
Luke sorrise a quella frase maliziosamente.
-Ovvio! Pure lei non riesce a resistermi.- delle risate si levarono dal corridoio.
-Vedi di inventare meno storielle imbecille.- lo stattonó Diana. Le mani di Luke le circondarono i polsi. Il ragazzo bindo era stanco di quella sceneggiata.
-Smettila. Non li ho. Non qui.- rispose staccandosi le mani di Diana.
La voce di Calum chiamó la ragazza difronte la lui.
-Che vuoi Hood?- rispose acida Diana.
-Ho qualcosa che può interessarti.-
-Un cazzo?- chiese ironica ua voce del 'pubblico'.
Diana lo guardó qualche secondo in silenzio.
-Spero sia davvero importate. E lui,- indicó Luke. -lui non viene.-
Calum annuì e Luke strinse i pugni.
Diana e Calum peró si dileguardono in fretta qualche secondo dopo. E Luke, rimasto solo, imprecó e se ne andó in cortile a fumare.

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