Capter 1

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devo seriamente andare a lavare i piatti sciao

Guardò le stelle e sorrise leggermente poggiata al balcone della sua stanza.
«É magrolino, scuro e pazzo. Ha dei riccioli ribelli meravigliosi. Un sorriso luminoso. Non é granché ma io lo amo. Si chiama Leo. Stelle, proteggetelo. Lo amo» sussurrò Calipso al cielo, ripensando a tutte le cose che le avevano raccontato la sera prima quando avevano rubato il cibo dalla mensa.
Qualcuno l'abbracciò da dietro per consolarla. Calipso si lasciò sfuggire una lacrima.
«Sta bene» sussurrò Jason. «Sta bene».
«Zöe lo proteggerà. Mia sorella lo proteggerà» affermò decisa. Jason si sistemò sul balcone accanto a lei.

Aveva una cicatrice sul labbro che la ragazza aveva scoperto essere causata da un tentativo di mangiare una spillatrice quando era piccolo. Alla luce della luna quella cicatrice risaltava tantissimo.
Calipso lo osservò: era cambiato tanto in due anni. Era molto più aperto, molto più felice. Aveva affrontato il suo passato. Il contatto fisico ormai non gli dava granché fastidio. Sembrava stanco però, stanco di ficcarsi sempre in quelle situazioni.

Ares. Tutti come gli dei si dovevano chiamare...
Erano nell'hotel da un mese ormai, dovevano semplicemente scoprire dove fossero i complici di Ares e scoprire dove si trovava la formula per l'arma capace di manipolare la mente. Eh già... Un'arma capace di controllare il cervello delle persone. Fantastico.

Jason scosse la testa «Mi dispiace per Leo. É colpa mia: il colpo era mio». Calipso non rispose. Per un po' aveva dato seriamente la colpa a Jason, ma poi aveva capito: Leo aveva fatto la sua scelta.
Gli poggiò una mano sulla sua e la strinse per tranquillizzarlo. Leo aveva scelto di testa sua, già lo sapeva: pochi giorni dopo la sua morte e il reclutamento di Calipso, Nico le aveva dato una lettera che era un po' come gli "ultimi video" solo in vecchio stile.

«Ehi piccioncini, dobbiamo andare. Cal sbrigati a vestirti» li richiamò Will finendo di mettersi il suo smoking. Avrebbero dovuto fare da camerieri a un ricevimento e da quel che sapevano Ares sarebbe stato lì. Jason, Frank e Nico sarebbero andati nella sua camera a indagare mentre Calipso, Will e Percy avrebbero fatto la parte dell'innocente e innocuo personale dell'albergo cercando di trattenere Ares il più possibile alla festa.

Una cosa che fanno i normali ragazzi di ventiquattro (Calipso), ventinove (Jason e Frank), ventisette (Percy) e ventisei (Will e Nico) anni. Insomma la pura e semplice normalità.

Calipso ridacchiò guardando Jason.
«Tute nere, cappelli neri e mosse da ninja?» chiese con uno sbuffo divertito Jason.
«Be', si» ridacchiò Calipso.
«Siamo persone normali finché non andiamo in missione, sono i film che ci dipingono in questo modo!» esclamò Frank.
Il biondo si guardò poi la guardò male ricordando anche lui quella scena.

«Sono vestito di nero e ho il cappello nero perché lasceremo spenta la luce. Non ha senso vestirsi di nero quando poi hai una zazzera di capelli biondi!» esclamò. Will ridacchiò «Le mosse da ninja le farete però».
«Be' lo sai anche tu che ha piazzato vari laser: dobbiamo farle per forza» si giustificò il più grande.
Calipso sorrise «Avevo ragione io». Jason alzò gli occhi al cielo senza rispondere.

I due scesero al ristorante per dare una mano ai loro colleghi e a Percy, mentre Jason aspettava nella loro stanza i suoi due compagni. Quando Frank e Nico spalancarono la porta, lui recuperò i guanti e uscì.

«Prendi questo e gira un po'» Austin gli diede un vassoio pieno di bicchieri di champagne. Will sospirò, prese il vassoio e cominciò a camminare tra i ricconi della sala. Quando prendevano il bicchiere puntualmente lo sbilanciavano e doveva fare mosse strane per non far cadere tutto. Più volte si ritrovò a dover sistemare lui stesso i bicchieri sotto le occhiate divertite di Percy e Calipso.

«Una forcina? Sul serio?» Nico alzò il sopracciglio quando Frank mostrò agli amici la forcina. Il canadese gli sorrise e si mise ad armeggiare con la serratura. Un minuto e trentasette secondi dopo la porta era aperta. «Esatto, di Angelo. Una forcina». Nico sbuffò divertito ed entrò nella stanza.

Il tempo di fare un passo che dovette saltare un laser. Si mise a terra a quattro zampe e lentamente ne superò un altro. Il pulsante provvisorio era infondo alla stanza. Nico scavalcò lentamente un laser un po' più basso, poi piegò la schiena in avanti per superarne un altro. Si mise lentamente a quattro zampe poi si rimise in piedi tenendo il busto leggermente indietro. Frank era poco dietro di lui, Jason si era fatto abbastanza avanti da poter chiudere la porta a chiave.
Nico guardò Frank poi fece una verticale. Il cino-canadese prese un bel respiro e gli afferrò le caviglie per abbassarle lentamente mentre Nico strisciava in avanti sotto un'altro laser. Quando il più giovane si fu rimesso in piedi, fece una capriola al contrario e raggiunse il muro della stanza.

Premette il pulsante installato il mese prima sotto la scrivania e i laser scomparvero. Accesero le loro torce e osservarono la stanza: una scrivania davanti al letto e una porta che dava sul piccolo bagno.

Frank si mise a frugare delicatamente tra tutti i cassetti della scrivania pieni zeppi di fogli. Jason accese il computer. Nico cercava sotto il materasso.
«Ragazzi» sussurrò Jason con il volto illuminato dallo schermo nell'oscurità più totale. I due compagni gli furono affianco.

Sul computer non c'era niente di utile, ma l'unica cosa sospetta sembrava una cartella chiamata "Olimpo". Considerando il nome d'arte del loro soggetto, pensarono che fosse importante. Immediatamente il biondo la copiò sulla chiavetta.
Dovettero riattivare i laser prima di uscire quindi Jason fece le famose mosse da ninja di cui parlava Calipso.

Una volta fuori dalla stanza fecero la gara a chi arrivava prima alla stanza di Frank e Nico come dei bambini di cinque anni.

«Nascosto?!» esclamò. Chirone sospirò «Mi dispiace Leo, ma é per il tuo bene. Potrebbero non prendere bene il tuo ritorno o comunque distrarsi dalla missione. Quando tutto sarà finito potrai tornare, promesso».
Leo strinse i pugni dalla rabbia «Perciò mi hai salvato per farmi andare in missione con loro ma senza di loro».
«Devi aiutarli a indagare. La cartella “Olimpo” é piena di file che probabilmente non riusciranno a comprendere senza le informazioni che hai tu».
Leo assottigliò gli occhi «Tu lo sapevi. Sapevi, quando sono andato da Giove, che saremmo arrivati a questo punto».
L'uomo sulla sedia a rotelle sorrise «Ti conosco da quando avevi quindici anni, Leo. Ti conosco molto bene».

Il sudamericano lo guardò sospettoso, sbuffò poi prese il fascicolo sugli "dei dell'Olimpo" dalla scrivania di Chirone e tornò nella sua stanza all'hotel.

Against OlympusDove le storie prendono vita. Scoprilo ora