Capter 17

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costretta da forze maggiori...

«Io li uccido» Frank prese un respiro profondo stringendo le dita al bancone della reception. Jason si mise distrattamente le mani sulla nuca imprecando a bassa voce contro i suoi amici.
Frank doveva recuperare i bagagli dei nuovi arrivati e Jason accoglierli per poi consegnargli la chiave. Gli altri due erano stati mandati in giro per l'hotel a lavare. Percy e Will dovevano andare alla reception nel pomeriggio per finire il turno a ora di cena.

«Magari faranno qualcosa di utile» provò a sperare Frank. Il biondo lo guardò preoccupato «Stanno smaltendo una sbornia e Will é una specie di ricercato. Non sono molto ottimista sulla cosa» disse a bassa voce per non farsi sentire da Austin.

Il moro si morse il labbro «Forse dobbiamo avere più fiducia».
«L'importante é che Hazel e Talia non lo scoprano» sospirò Jason.
«Talia non sarà un problema per Will, ma Hazel ammazzerebbe entrambi» commentò l'altro. «Un po' come Reyna ammazzerebbe me».
Jason abbozzò un sorriso «Mi fa ancora strano pensare a mia sorella capo della CIA».
«Pensa come suona strano a me: Reyna era già una specie di capo per me perché si comportava da sorella maggiore. Adesso é pure il capo del CSIS» sbuffò il canadese.

«Che cosa stiamo facendo?» sussurrò Percy. «Perché?».
«Siamo pazzi, Percy. Dovresti saperlo» gli rispose Will. Tutti i ricconi salirono in ascensore subito dopo aver detto qualcosa al receptionist, ma all'esterno non c'era scritto a che piano stessero andando. Will si diresse verso l'addetto alle reception «Salve, potrebbe dirmi dove sono andati tutti quei signori? Sa, quello biondo con gli occhi azzurri sulla cinquantina é mio padre e mi ha detto di raggiungerlo perché voleva presentarmi i suoi colleghi di lavoro». Percy al suo fianco annuì.

L'uomo li fissò per un po' poi chiese: «Tuo padre é Apollo?».
«Io lo chiamo col suo nome, però si» Will sorrise. Titubante, il tizio rispose alla sua domanda: «Seicentesimo piano, quello del sotterraneo».
Il biondo annuí «Okay, prendiamo un po' da bere e più tardi li raggiungiamo. Grazie mille».

Uscirono dal grattacielo e subito cercarono un taxi. «Bella l'idea di dire che Apollo é tuo padre» commentò Percy. «In fondo vi somigliate un pochino».
«Trovi?» Will evitava il suo sguardo cercando di fare fermare un taxi giallo che stava andando da quella parte.
«Si. E sei anche bravo a mentire: sembrava quasi che pensassi che fosse veramente tuo padre» il moro rise.
Will aprì la portiera dei posti posteriori dell'auto gialla. Evitò il suo sguardo «Si... Dopo tanti anni passati a essere una spia ti abitui a mentire».

«NESSUN BIGLIETTO! NESSUN MESSAGGIO! NESSUN SEGNO DI VITA!» la voce di Jason e Calipso risuonò per tutto il piano. Nico e Frank assistevano divertiti: il biondo e la ragazza erano sempre stati un po' i genitori della situazione.

Quasi dieci minuti di sfuriata anche da parte degli altri due ragazzi dopo, scesero tutti nel cortile come se niente fosse successo. I due agenti segreti si stavano riprendendo già dalla sbronza per la fortuna di tutti.
«Seicentesimo piano?» chiese Jason seduto sul muretto che separava l'albergo dalla strada. Will, seduto sul tettuccio della sua macchina accanto a Nico, annuì. Percy era seduto sulla medesima macchina però al posto del conducente mentre Calipso al posto posteriore. Frank sul muretto accanto a Jason.

«L'Empire non ha tutti questi piani» disse ovvia Calipso.
Percy annuí «Infatti, ma il tizio ha detto: "quello del sotterraneo". Quindi credo il seicentesimo piano sottoterra».
«Si, ma non possono mai esserci seicento piani sottoterra» fece notare Nico. «E anche se ci fossero, l'Empire é un grattacielo praticamente simbolo della città: non sarebbe un segreto».
«Magari é riferito alla mitologia greca: tutti si chiamano come gli dei dell'Olimpo quindi non credo sia un'opzione da escludere» propose Calipso. «In dei libri il seicentesimo piano dell'Empire é praticamente l'Olimpo».
Frank scrollò le spalle «Magari é un semplice modo di dire. Il seicentesimo non esiste, giusto? E se fosse un modo per dire "il piano inesistente"? Magari é un semplice sotterraneo che gli "dei dell'Olimpo" chiamano seicentesimo».

«Quindi che si fa?» chiese Will.
«Organizziamo un piano d'attacco» disse Jason. «E stavolta ce la dobbiamo cavare da soli: non possiamo chiedere l'aiuto delle nostre agenzie segrete».
«Perché no?» domandò Calipso.
Frank rispose senza guardarla «L'abbiamo già chiesto una volta e se lo dovessimo chiedere di nuovo sarebbe molto umiliante. E poi rischieremmo anche di far saltare tutto: più siamo, più c'è il rischio di essere scoperti».
«Okay, vada per il piano d'attacco» commentò Calipso.

«Io ho un'idea» disse Nico.
«Senza commettere omicidi volontari» Will lo guardò con un sopracciglio alzato. Nico arricciò le labbra «No, non ho più un'idea».
«Io ce l'ho un piano» annunciò Percy in tono serio scendendo dall'auto. «Attacco».

Quando se ne fu andato, gli agenti rimasti continuavano a guardarsi perplessi. «Era solo una citazione, vero?» sperò Nico.
«L'ultima, nonché prima, volta che Percy ha parlato con quel tono fu quando ha convinto Jason a fidarsi di Leo» raccontò Frank.
«Costretto» lo corresse Jason.
«Non ti fidavi di Leo? Leo che ha dato la sua vita per te?» Calipso balzò in piedi, rossa per la rabbia.

Jason rimase calmo «Tu non conosci la storia, Calipso. Non ho intenzione di litigare quando ho perfettamente ragione. E soprattutto non ho intenzione di raccontarti quella storia perché cambieresti idea su Leo ed é l'ultima cosa che voglio. Voglio che lo ricordi come un eroe, quale era. Non voglio che tu conosca il suo passato».
«E tiri fuori lo stesso discorso» sbottò infastidita. «Era il mio ragazzo, Jason! Ho il diritto di sapere!».
«E io, protagonista della storia che vuoi tanto conoscere, ho il diritto di non raccontarti niente» il tono del ragazzo era fermo, sicuro.

Non avrebbe macchiato la memoria di Leo in quel modo, anche perché un giorno Calipso l'avrebbe rivisto e voleva che fosse felice mentre lo guardava, senza pensare a un ragazzo che torturava suo fratello. Leo era cambiato.

Nico cercò la mano di Will e il biondo gliela strinse.
«Forza» Frank spezzò il silenzio «É ora di pranzo».

«Sei sicuro?» gli disse la voce al cellulare.
«Si, Grover. Lei sa qualcosa. E mi aiuterà. Ne sono certo» disse Percy con sicurezza.
Grover sospirò «É meglio per te che non ti sbagli. Sono a Brooklyn, non mi ci vorrà molto per arrivare a Long Island. Tu fatti trovare la fuori».
«Non portare nessuno» gli ordinò.
«É ovvio che non porto nessuno, Percy! Diamine, un po' di fiducia! Ci vediamo dopo» Grover attaccò.

Percy prese un profondo respiro.
Immaginava già il sorriso soddisfatto di Annabeth Chase quando sarebbe andato da lei.

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