I.

609 62 348
                                    

Carissimi lettori e lettrici, avete presente quando vi sposate per situazioni economiche e, quindi, senza che né l'uno e né l'altra provino qualcosa, se non odio? Le famiglie Heinrich e Duval risponderanno sicuramente di sì.

Settembre, 1806.

«Povera, le è toccato sposare un libertino», in quella sala piena di ospiti, chi danzava e chi beveva, si sentivano già disprezzamenti da parte di alcune donne.

«Chissà quanto dureranno insieme», si chiedeva quella a fianco.

«Sicuramente fino alla morte. Vi pare che le famiglie approvino che i due si oppongano al matrimonio? Sarebbe uno scandalo e avrà un forte impatto sulla loro situazione economica», rispose la terza.

Allo sposo si avvicinò la madre: «Jonathan, non trascurare Esmeralda, va' da lei.»

«Per quanto ancora dovrà durare questa pantomima, madre? Hai ottenuto ciò che volevi: il matrimonio. Non ne sei giuliva?».

«Dovresti essermene grato. Quando mi sposai con tuo padre, le nostre famiglie ne erano contrariate, ma tu non hai avuto questa scalogna.»

«Con me è diverso, qui sono io ad esserne adombrato, amavi mio padre», lei stette immota ad ascoltare. «Io, invece, la parola "amore" non so neanche cosa significhi», continuò Jonathan.

Il dialogo fu interrotto dalla madre della sposa: «Lady Margaret, eccovi! Non riuscivo a trovarvi», disse, iniziando a colloquiare e, per ogni parola da lei pronunciata, la voce risultava sempre più lontana poiché Jonathan si avviò fuori.

Esmeralda lo raggiunse.

«Non ho fatto a meno di notare che siete abbastanza diverso dai vostri fratelli», aprì lei il dialogo.

Jonathan non voleva parlare con lei, con nessuno, voleva stare da solo. Ma, non appena si girò verso Esmeralda, vide i suoi occhi speranzosi di una risposta. Prima sospirò. «Sono il primogenito, non posso mangiare senza posate come fa Edward, o saltare sui tavoli come Mary, o ballare in maniera casuale, senza conoscerne i passi, come Thomas. Come potrebbero definirmi gli altri, altrimenti?».

«Gli altri vi definiscono un libertino, non vi dà sdegno?».

«Sarete voi a darmi sdegno se continuerete a farmi queste domande tediose», rispose freddamente.

«Sono vostra moglie, adesso, come potremmo convivere solamente di odio?».

«Non siete obbligata a parlarmi».

«Se in futuro avremmo dei figli...», ma Jonathan la interruppe: «Il nostro matrimonio è anche per questo, per evitare di spargere il potere nelle mani di una famiglia qualunque. Convivere di pace e amore è l'ultima cosa a cui dovremmo pensare.»

L'arrivo di Mary fece cessare il silenzio che si era creato fra i due da ormai parecchi secondi: «Gli ospiti stanno chiedendo di voi.»

Così, Jonathan fece cenno ad Esmeralda di rientrare.

«Ho detto "di voi", non soltanto di Esmeralda, mamma è su tutte le furie, Jonathan», lo rimproverò la sorella.

«Quando finirà questo strazio?», domandò lui retoricamente.

«Non chiederlo a me, quest'abito mi sta uccidendo.» Mary gli sorrise, Jonathan ricambiò. Insieme raggiunsero Esmeralda in sala.

«Ecco gli sposi!», esclamò Margaret, cambiando sguardo da un'espressione preoccupata ad un sorriso sincero.

«Non li abbiamo ancora visti ballare», urlò un uomo in fondo alla folla. A Jonathan servì un po' di tempo per collegare che la voce di quell'uomo apparteneva a suo fratello Edward.
Gli ospiti iniziarono a concordare con lui.
Tornati a casa, il più grande avrebbe voluto staccare la testa dal corpo del fratello e usarla come pallina per giocare a Croquet. Ma fu soltanto una sensazione momentanea, fortunatamente.

A questo punto, si sentì costretto a chiederle: «Duchessa, mi concedete un ballo?».

Lei accettò porgendogli la sua mano, che da lui fu presa per poi portare la duchessa al centro della sala.

Non appena le danze iniziarono, senza farsene accorgere da qualcuno, Esmeralda, con il tacco della sua scarpa, colpì la punta del piede del visconte: «Perdonatemi», gli sussurrò.

«Lo avete fatto di proposito», disse con un tono di voce "squillantemente furioso".

«Non voglio ballare con voi», si giustificò la duchessa.

«Io, invece, amo ballare con voi, non attendevo altro», era chiaramente sarcastico.

Gli occhi degli altri erano tutti puntati su loro due.

«Avanti, ballate!», incitò Margaret gli ospiti, che così fecero.

«Esmeralda, vuoi dirmi cos'è successo?», chiese Lady Duval. La duchessa, in quel momento, tacque. Jonathan si sentì fuori luogo fra le donne della famiglia Duval, così lasciò la sala, seguito dal fratello.

«Sta andando tutto secondo i piani, fratello», scherzò Edward.

«È colpa tua.»

«Mi stavo annoiando, volevo arrivare direttamente alla ciliegina sulla torta, è stato divertente.»

«Io non l'ho trovato divertente.»

«Perché non sei me. Ad ogni modo, tu e la duchessa dovrete dormire nello stesso letto stanotte e come tradizione dovreste...»

«Non preoccuparti, fratello, ho tutto sotto controllo.»

«Lo spero per te, Jonathan.»

The never exactDove le storie prendono vita. Scoprilo ora