Il mattino seguente, fu la prima volta, dopo tre mesi, che Jonathan vide la duchessa dormire. Sembrava non avesse mai visto una donna prima d'ora, ai suoi occhi parve quasi come la donna angelo descritta dagli stilnovisti. Abbandonò la stanza, chiudendosi, poi, la porta alle spalle, lentamente, cercando di non fare rumore per non svegliare Esmeralda.
La seconda persona che vide, ma la prima che sentì parlare, in quella giornata, fu Edward, che incontrò per il corridoio: «Fratello, cos'è quel sorriso?», disse malizioso, quest'ultimo.
«È talmente bella», ammise, come se avesse ancora quell'immagine davanti.
«"A me non piace la duchessa"», lo imitò Edward, con parole argute.
«Infatti, è così, non mentivo».
«Non ti verrò contro facendoti la morale, questo solamente perché sono stanco, per colpa tua non ho chiuso occhio. Forse non ne sei al corrente, ma, di solito, un uomo e una donna nello stesso letto, fanno ben altro... di certo non si mettono a ridere a fine che possano sentirli solamente i cani», ribattè il secondogenito.
«Ti lamenti per dei miseri dieci minuti?».
«"Dieci minuti"? Hai perso la cognizione del tempo, fratello? Dall'una alle quattro di notte, non mi sembrano dieci minuti».
L'altro cambiò discorso: «Ci vediamo pomeriggio», disse abbottonandosi la camicia che fino a quel momento lasciò aperta.
«Dove vai?», chiese Edward.
«Lo sai», comunicò, affrettandosi a scendere le scale e, nel frattempo, infilandosi la giacca.
«Ti ricordo che, fino a qualche secondo fa, mi stavi parlando di quanto bella fosse tua moglie!», urlò per farsi sentire.
In risposta, ci fu il rimbombo del portone di sotto, poiché ormai chiuso.
Ad uscire dalla stanza, circa un minuto dopo, fu Esmeralda: «Buongiorno, sapete dov'è il visconte?», domandò, probabilmente perché, al suo risveglio, non lo vide accanto a lei.
«È appena uscito di casa», replicò Edward, nella speranza che la duchessa non si informasse su altro.
«Per fare che cosa?».
Lui pensò ad una scusa valida, in modo da coprire il fratello: «Vorrei scrivere una poesia e... ho bisogno di... una nuova penna, dato che l'altra ha smesso di funzionare. Si è offerto volontario per andare a prenderla».
Lady Duval sembrò crederci, così, tornò nella stanza a finire di sistemarsi.
Il pomeriggio, appena Jonathan rientrò, si diresse in camera, al piano di sopra, dove lo attendeva Esmeralda.
Gli occhi di lei si illuminarono alla vista del ragazzo: «Visconte...».
«Viscontessa», le sorrise.
«Ho sentito...», non terminò la frase, poiché provava timore nel pronunciare le parole restanti.
Lui colse l'intenzione della duchessa, ergo l'anticipò, mettendola a suo agio: «Anch'io ho sentito la vostra mancanza», le si avvicinò di più.
Esmeralda, che prima era seduta alla scrivania difronte lo specchio, si alzò in piedi, ritrovandosi faccia a faccia con Jonathan: «Mi sarebbe piaciuto passare la giornata insieme a voi», affermò.
Il visconte poggiò le mani sui fianchi della duchessa, portandola ancora più vicino a sé: «Vi prometto che domani non ci sarà un secondo in cui vi mancherò», pronunciò accostando la bocca all'orecchio di lei. Esmeralda rabbrividì.
Di colpo si aprì la porta: «Jonathan, io esco, farò tardi», lo avvisò Mary.
Lui si separò di scatto da Lady Duval, andando verso la sorella: «Con chi esci?», chiese.
«Con Richard Rigby».
«Finalmente ti sei decisa a lasciare quel venditore di libri usati».
«Esatto, ho capito che Paul non era quello giusto per me, troppo rivoluzionario».
«Fa' attenzione», la raccomandò.
Lei annuì, poi corse via.
Era sera, qualcuno bussò al portone. Jonathan si trovò lì vicino, quindi, senza pensarci due volte, andò ad aprire: «Lord Rigby, cosa ci fate qui?».
«Sono qui per fare una sorpresa a vostra sorella», rispose, tenendo un mazzo di fiori in mano.
«Mary mi aveva comunicato del vostro invito per lei ad uscire, è andata via un paio d'ore fa».
Richard scosse la testa: «Impossibile, Lord Heinrich, non sento vostra sorella da quando mi definì un "essere ancora sconosciuto alla scienza".
Il visconte, al quale il sangue stava ormai ribollendo nelle vene, chiuse la porta in faccia a Rigby, andando, poi, a riferire l'accaduto ad Edward.
L'altro pensò alla conclusione: «Sarà sicuramente con Paul», ne era certo, e anche furioso.
Divenne mezzanotte e mezza. Quando Mary tornò a casa, vide i fratelli competere in una partita a scacchi: «Ancora svegli?», proferì.
«Dove sei stata?», iniziò, Edward, col dire.
«O meglio: con chi?», lo corresse Jonathan.
«Ve l'ho detto, fratelli, con Richard Rigby», confermò lei.
Il visconte le si avvicinò: «Non mentire, Richard non era con te».
Edward imitò la stessa azione del più grande: «Lord Rigby è il nipote della regina, appartiene alla famiglia più ricca d'Inghilterra», le ricordò.
«Ma è brutto, non mi piace», ammise schiettamente Mary.
«Brutto o meno, è con lui che ti sposerai, un giorno», parlò chiaro Jonathan.
«Fossi in te, non andrei nuovamente da quel Paul», concluse Edward.
Ma, come tutti sappiamo, Mary era anticonformista.
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The never exact
Romance"Tutto è lecito in guerra e in amore ma alcune battaglie non lasciano vincitori, solo una scia di cuori spezzati che ci fa chiedere se il prezzo che paghiamo valga davvero la pena di combattere."