VII.

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Esmeralda e Frederick si trovavano nella stanza degli ospiti. Lei sondava la libreria lì in camera, lui se ne stava seduto sulla scrivania. «È da un paio di giorni che vi vedo assorta. Va tutto bene, Lady Duval?» le chiese il duca.

La duchessa rimise a posto il libro che teneva fra le mani, ma non asportò lo sguardo da quel subisso di manoscritti: «Sì... sto bene», obiettò.

Lord Edevane assurse, avvicinandosi sempre più ad Esmeralda: «È per via del visconte? Ha, per caso, continuato ad insolentirvi quando confutavate l'altra giornata?».

«No, non ha...», le sue parole furono inibite.

Lui si approssimò ancora di più: «Avanti, potete dirmi tutto, so quanto odioso ed egocentrico possa essere quell'uomo».

«È così, ed è per questo che vi preferisco a lui, ma...» Non chiuse la frase, poiché, subito dopo, la bocca di Frederick baciò quella della duchessa, tutta tremante.

L'intenzione di scostarsi non c'era, da nessuna delle due parti, finché la veduta di Esmeralda non cadde sul limine della porta, dove vi era Jonathan: «Visconte, posso spiegarvi...», disse nell'inane tentativo di rassettare la realtà.

Aveva un'aria tranquilla, non sembrava infastidito da ciò che vide: «Posso farne a meno delle vostre spiegazioni, riesco a capire da solo, grazie lo stesso, Miss. Duval. Ad ogni modo, Lord Edevane, al piano di sotto v'aspetta un uomo, vuole parlarvi.»

La calma del visconte li lasciò disorientati.
«Andrò anch'io al piano di sotto», lacerò il silenzio la duchessa.

«Dopo di te, Esmeralda», le diede il duca del tu. Lei si indugiò a guardarlo per un istante, poi abbandonarono la stanza.

Jonathan vagò per la camera in cui alloggiava Frederick, fintantoché notò delle lettere sullo scrittoio, ne prese in mano una su cui c'era appuntato:

"Caro Walter,
non badare al differimento col quale leggerai questa lettera. In compenso, ti porto buone notizie: ne sono più che sicuro, la duchessa esercita interesse per me. Non appena cadrà totalmente ai miei piedi, la convincerò ad abbandonare la villa degli Heinrich, e anche Londra. Recitare la parte del gentiluomo mi riesce molto bene, ma sta iniziando a stancarmi. Il visconte non sarà affatto un problema, è incapace di amarla. Una volta che la duchessa metterà piede ad Avignone, la nostra famiglia sarà salva dal fallimento e l'effetto anitetico avrà quella del visconte. Finalmente uniremo le nostre ricchezze a quelle dei Duval. Dopo questo ci esenteremo di lei. La daremo per dispersa. Il tempo stringe, domani dovrò già essere in viaggio di ritorno, anzi, dovremo.
Tuo fratello,
Frederick."

Era tarda notte, Esmeralda si trovava nella sala, al piano di sotto. Di colpo sentì qualcuno entrare dalla porta d'ingresso, così, andò per controllare: «Lord Heinrich...», e chi mai poteva immaginarselo? «Dove siete stato fino a quest'ora?», sollecitò.

«Non vi devo spiegazioni. Voi perché siete ancora sveglia?»

La duchessa sogghignava: «Non vi devo spiegazioni», emulò.

Lui permase chiuso nel solito atteggiamento di freddezza: «Fate meno l'arguta. Lord Edevane non vi ha invitato nella sua stanza?».

«Ma ovviamente a fare quella simpatica sarei io», alzò gli occhi al cielo e gravò una mano sul proprio fianco.

Il visconte persisteva inalterato a quell'espressione austera: «Dico sul serio, è la sua ultima notte qui, credevo volesse stare con voi.»

Sorrise: «Siete geloso?», inarcò un sopracciglio, mantenendo la stessa posizione di prima.

«Siete mia moglie...»

Quel sorriso sparì.

Il pomeriggio susseguente, Frederick era pronto e, come lui, anche i suoi bagagli.

«Oh, Lord Edevane, è stato un onore ospitarvi qui!», pronunciò Margaret a voce alta sotto la spinta di un'impressione viva.

«Vi sono grato per tutto, Lady Heinrich», ribatteva, «Prima di andare, dovrei parlare con Lady Duval... sapete dove posso trovarla?».

«Credo che Jonathan sia andato di sopra a chiamarla, arriverà a breve», comunicò una certa fiducia.

Era sollecitato dal nervosismo dell'attesa: «Spero al più breve possibile, la carrozza è già qui fuori ad aspettarmi.»

Ma intanto, dall'interno della camera da letto del visconte, si sentiva bussare ripetutamente alla porta: «Aprite immediatamente!».

Jonathan le rispose dall'esterno: «Mi dispiace, Miss. Duval, vorrei tanto, ma accettereste la sua proposta.»

«Quale proposta dovrei accettare? Avanti, non comportatevi da bambino! Devo salutare Lord Edevane!», lamentava.

«Credetemi, lo sto facendo per una buona causa, Miss. Duval.»

Ma il tono di voce della duchessa diventava sempre più seccato: «Quanto ancora dovrà durare questa sceneggiata?».

«Più o meno un quarto d'ora, dopo sarete libera.»

«Così facendo non riuscirò a dire addio al duca!», replicò esausta.

«Appunto.»

«“Appunto”, cosa? Sono stanca dei vostri giochi, visconte!».

«Se volete definirli tali, fate pure.»

Dal piano di sotto la voce pungente della madre interruppe la discussione: «Jonathan, il duca sta andando via!».

«Sentirò molto la sua mancanza, madre. Comunica anche i saluti da parte della duchessa», disse continuando a pressare sulla porta, in modo che Esmeralda non riuscisse nell'impresa di fuggire.

«Io voglio salutarlo di persona!», ammise Lady Duval.

«Non interferite», le parlò il visconte.

Margaret mantenne la stessa tonalità di voce: «D'accordo, Jonathan, è un peccato che non veniate a stringergli la mano», concluse.

Lui proferì la prima scusa che ebbe per la mente: «Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, madre, non vorremmo rischiare di piangere.»

Come detto dal figlio, la madre portò i saluti al duca da parte dei ragazzi. Successivamente a questo, Lord Edevane andò via.

Jonathan liberò, finalmente, la duchessa, che iniziò ad urlare contro di lui: «Siete un imbecille! Un arrogante! Un maschilista! Un bisbetico! Un villano!».

«E a parte questo?».

«Anche un presuntuoso!», finì col dire, strappando un sorriso al visconte.

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