XIV.

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Jonathan sapeva di non corrispondere all'immagine che si aveva di un uomo deciso ad accasarsi. Aveva passato l'ultimo decennio come il peggiore dei libertini, traendo piacere dove lo aveva trovato. Per quello che ne sapeva, la vita era breve e valeva ben la pena spassarsela. Aveva comunque un certo codice d'onore e non aveva mai amoreggiato con giovani di buona famiglia. Qualunque donna potesse vantare il diritto di farsi sposare era stata tabù. Con una sorella più giovane, aveva un grande rispetto per le ragazze di alto lignaggio. Pensando alla sorella, Jonathan doveva ammettere di sudare freddo al solo pensiero che avrebbe potuto avere a che fare con un uomo come lui. Per quanto riguardava, però, altre donne - vedove o attrici - aveva goduto appieno della loro compagnia. Dal giorno in cui aveva lasciato Oxford e si era diretto a Londra, non era mai stato senza un'amante e, a volte, addirittura due. Aveva preso parte a ogni corsa di cavalli organizzata dall'alta società, aveva praticato la boxe, e aveva vinto più partite a carte di quanto ne potesse contare. Aveva passato il decennio dei vent'anni nel caparbio inseguimento del piacere, temperato solo dal senso di responsabilità nei confronti della famiglia.

«Miss. Duval, ieri vi avevo promesso che avremmo trascorso insieme questa giornata», proferì il visconte.

Esmeralda credeva che la frase continuasse, pensò che Jonathan avesse avuto qualche contrattempo, o che si fosse dimenticato di aver preso un impegno, perciò lo incitò a terminare con le altre parole: «Ma?», disse con tono interrogativo, accentuando maggiormente la "a" finale.

«"Ma"?», pronunciò confuso, «Vi va di uscire?», aggiunse.

Lei annuì, facendo quasi per abbracciare il visconte. "Quasi" perché poi si fermò, rimproverandosi mentalmente. Nascose ciò che stava per accadere, mostrandosi disinvolta: «Andiamo?», chiese neutrale, indicando il portone.

«Siete pronta?», domandò lui, osservandola.

La duchessa rispose ingenuamente: «Perché? Ho qualcosa che non va?».

«No, credevo che doveste...», cercava un termine da aggiungere alla frase, ma non riuscì a trovare nulla, «Andiamo», si affrettò col dire.

Nella giornata precedente aveva piovuto, ma, fortunatamente, in quella successiva non c'erano tracce di nuvole grigie. L'erba del prato era ancora umida, ma il vestito scivolava perfettamente su di essa, appena Esmeralda camminava. Passò, ormai, un'ora da quand'erano fuori casa.

«Quanti figli vorreste?», iniziò Jonathan l'ennesimo discorso.

«State pensando ad avere un figlio?», domandò curiosa.

«È una domanda generale», la informò.

«Be'...», pensò lei, «Forse tre. Voi quanti ne vorreste... in generale?», lo imitò.

La morte di Vincent Heinrich era stata improvvisa e inaspettata, l'uomo non aveva avuto l'occasione di lasciare le ultime volontà al figlio maggiore, prima di congedarsi. Jonathan era, però, certo che se lo avesse fatto, gli avrebbe chiesto di occuparsi dei fratelli e della madre con la sua stessa attenzione e diligenza. Jonathan aveva, quindi, mandato i fratelli a Oxford; si era recato ad un infinito numero di saggi di pianoforte dati dalla sorella (impresa non da poco, visto che quest'ultima era un disastro musicale); e si era occupato, attentamente, delle finanze della famiglia. Aveva ritenuto proprio dovere fare in modo che ci fosse denaro sufficiente ad assicurare il futuro di tutti. C'erano anche dei vantaggi ad essere considerato uno dei peggiori libertini d'Inghilterra, per esempio: era universalmente temuto, e quello era sempre un bene. Pensava che un suo ipotetico figlio non avrebbe avuto bisogno di un padre per sentirsi amato, se poi ne avesse generati altri, probabilmente non si sarebbero nemmeno ricordati di lui dopo la sua morte, sarebbero stati troppo piccoli. Jonathan non aveva mancato di notare che, di tutti gli Heinrich, lui, il figlio maggiore, era stato quello più colpito dalla morte del padre.

«Non ho in mente un numero preciso, è ininfluente», rispose portando le braccia dietro la schiena, col palmo racchiudente l'altra mano.

Lei si mise a riflettere: «Adesso, senza parlare in generale... avete mai pensato ad avere un figlio con me?».

Entrambi si fermarono nello stesso momento, restando l'uno di fronte all'altra.

«Volete una risposta precisa e definitiva?», chiese lui per risparmiare tempo nel ribattere.

«Senz'altro», comunicò fermamente la duchessa.

«Forse», disse.

«Forse sì?», domandò incrociando le braccia al petto.

«O forse no», concluse, tornando a camminare.

Gli bastarono pochi secondi per notare che la duchessa non lo affiancava. Si voltò e la vide ancora ferma in quel punto. Rise nell'osservare la scena: la gamba destra le era rimasta bloccata nel fango, probabilmente di sotto c'era uno stagno ricoperto.

«Piuttosto che mettervi a ridere, perché non venite ad aiutarmi?», Esmeralda lo fece tornare alla realtà.

«Sì, certo», andò da lei.

La afferrò per un braccio, portandola verso di sé, ma il tentativo fu vano, poiché si ebbe il risultato contrario. Ambedue caddero, sporcandosi i vestiti di fango. La duchessa scoppiò a ridere, il visconte osservava, per niente compiaciuto, le maniche macchiate della sua giacca.

«Non è divertente», disse serio.

«No, certo che no», continuò lei, fingendosi assorta.

Ma, dopo questo, fu impossibile mantenere un'aria seria da parte di entrambi, poiché l'uno poteva deliziarsi della figura grezza dell'altra, e viceversa.

Era un uomo oculato e piuttosto organizzato, quindi, in passato, preparò una lista mentale dei requisiti della futura sposa:

Primo: doveva essere graziosa. Non aveva bisogno di una bellezza sconvolgente, ma, se doveva andarci a letto, un po' di attrazione avrebbe reso il compito più gradevole;

Secondo: non poteva essere stupida. Quello, riflettè, sarebbe stato il requisito più difficile da soddisfare. Non era particolarmente impressionato dalla mente delle debuttanti di Londra;

Terzo, e più importante: non doveva essere una persona di cui lui potesse realmente innamorarsi. Quella era una regola da non infrangere per nessun motivo. Non era del tutto cinico, sapeva che il vero amore esisteva. L'amore era, tuttavia, una complicazione che voleva evitare. Non voleva che la sua vita fosse toccata da quella benedizione in particolare. Non dubitava che sarebbe riuscito a trovare una donna intelligente quanto attraente, di cui non si sarebbe mai innamorato. Era possibile che non avrebbe mai trovato l'amore, nemmeno se lo avesse cercato, come succedeva alla maggior parte degli uomini.

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