IX.

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Il pomeriggio lo trascorsero in sala.
Erano tutti presenti.
Tutti tranne Jonathan (ovviamente).

La duchessa sembrava impaziente nel rivederlo, tanto che si sentì obbligata da sé stessa a chiedere notizie: «Lady Heinrich, sapete quando rientrerà il visconte? Neanche stamani abbiamo avuto modo di incontrarci», domandava speranzosa di una risposta favorevole alle sue aspettative.

Margaret scosse la testa: «Non ne ho idea, cara. Vorrei proprio sapere perché negli ultimi due anni si assenta così a lungo e frequentemente», concluse, spostando la sua attenzione verso Edward.

«Non guardare me, madre, non ne so niente. Piuttosto, perché non...», vagava con la mente fra le tante scuse da riferire, ma smise di pensarci appena vide arrivare il fratello, «Perché non chiedi a lui?».

«Chiedermi cosa?», disse il visconte mentre avanzava di qualche passo verso la madre.

Lei l'osservò da cima a fondo: «Oh! Figlio mio!», esclamava con un'espressione simile a quella della delusione, «Sei uscito di casa in queste condizioni? Hai la camicia tutta sbottonata!».

Jonathan ci mise un po' a delineare la frase nella sua testa: «Sentivo molto caldo, madre», disse con tono determinante.

«Va' a sistemarti, anche i capelli sono vistosamente privi di criteri», ordinò Margaret.

Il visconte fece come proferito dalla madre. Una volta in camera, osservò la sua immagine riflessa allo specchio. Sistemò prima i capelli e dopo la camicia, abbottonandola, rifinendola con le mani eliminandone le scabrosità e ricollocandola nei pantaloni.

«Vi preferivo disordinato», il richiamo inaspettato di Esmeralda lo fece sussultare, «Chiedo scusa, vi ho spaventato?».

«Tranquilla», accennò un sorriso per rassicurarla.

Gli andò più vicino: «La vostra immagine tende sempre ad essere così perfetta che ormai non dà più quel senso, è diventata uniforme, assente di varietà.»

Mantenne ancora quell'accenno di sorriso: «Cosa volete intendere?».

«Che avete un'aria maggiormente priva di qualsiasi difetto quando siete genuino.»

Il suo volto diventò nuovamente serio: «Duchessa, se credete di suscitare qualche impressione da parte mia, riferendo tali affermazioni, siete sulla strada sbagliata.»

Si mise a riflettere, arrivò a pensare che il modo di comportarsi del visconte fosse come una discesa che, allo stesso tempo, tendeva ad andare in salita: «Perché siete così... voi?», sottolineò l'ultima parola.

«Non tutti gli uomini sono come Lord Edevane, mi dispiace», disse sarcastico.

I tratti del suo viso, da dolci, divennero più scavati: «Quanta permalosità! Serbate ancora rancore per lui?»

«E voi provate ancora qualcosa per lui?», raggirò la domanda.

«Penso di non avervi mai riferito i sentimenti che provo nei suoi confronti.»

«Lo avete appena fatto».

Esmeralda alzò la voce: «Ma non ho detto quali!».

«Allora, ditemi, quali?». Lei si ostinò a non rispondere. «Siete innamorata di lui? È per questo che mi avete evitato per due giorni interi? Soltanto per non aver ricevuto un suo saluto?».

La sua voce apparì più sottile, «Io non...», il suono si percepiva a stento.

Questa volta fu lui ad alzare il tono: «"Io non" cosa, Miss. Duval? Quale altra conclusione potrebbe esserci? Credete che non abbia provato nulla quando vi ho visti baciare? E so che anche voi avete provato qualcosa, sicuramente contraria al disgusto. Mi sbaglio?». Le domande poste dal visconte parvero per lei come coltellate da schivare, poiché la duchessa indietreggiava a tempo. Lui proseguì: «Se vi avesse...», si fermò per sospirare, «Se vi avesse chiesto di partire con lui, avreste accettato?», Esmeralda si limitava a guardarlo, «Rispondete... cortesemente».

«Se tale decisione avesse comportato alla felicità, sì, avrei accettato», puntualizzò schiettamente.

Jonathan era consapevole che la duchessa non avrebbe risposto il contrario, ma rimase comunque impietrito: «Bene.», concluse in maniera fredda.

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