II.

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La notte tanto attesa, arrivò.
Margaret, stanca per la celebrazione delle nozze, lasciò che i due andassero da soli al piano di sopra.
Esmeralda entrò timidamente nella camera da letto del visconte.
A spezzare il silenzio fu Jonathan: «Siete liliale?».

«Come?», alla duchessa sfuggirono le parole di Jonathan, poiché pensierosa.

«Siete... vergine?», chiese abbassando lo sguardo.

«Vi intimidite per una simile domanda? Certi tabù andrebbero abbattuti. Ad ogni modo, sì, sono vergine.»

«Non perché questo interessi a me, è che la tradizione richiede...», alzò lo sguardo che da quel momento a qui tenne basso.

«Lo so, conosco la tradizione», rispose frettolosamente Esmeralda.

«Il letto è quello», lo indicò distogliendo lo sguardo da lei.

«Molto spazioso», ribattè per alleggerire la situazione.

«Sì, ma per una persona sola. Voi non dormirete con me.»

«E come faremo a...»

«Non lo faremo.»

«Cosa state dicendo?».

Jonathan prese un coltello che stava sullo scrittoio, con esso tagliò il palmo della sua mano, spargendo il sangue sul lenzuolo bianco: «Ora penseranno che l'abbiamo fatto. Buonanotte, Lady Duval.»
Esmeralda si sentì sollevata dal fatto di non dover avere un brutto ricordo dei suoi appena diciott'anni.
Il visconte si era già tolto la camicia e coricato sul letto.
A questo punto, il pensiero di Esmeralda fu uno: «Dove dormirò?».

«Dovreste provare quanto confortevole è il pavimento.»

La duchessa rimase scossa dalla risposta di Jonathan, ma volle comunque tenergli testa: «Vi auguro una buonanotte, My Lord.»

Il mattino seguente, al risveglio di Jonathan, Esmeralda non fu in camera. Dunque, dopo essersi vestito, andò al piano di sotto.
«Madre, dov'è Lady Duval?», chiese.

«Si è svegliata di buon mattino, è andata a fare un giro a cavallo.»

«Meglio così», si affrettò a rispondere.

«Oh, figlio mio, stamani abbiamo visto le lenzuola... sono così contenta per te», esultò e, successivamente, con occhi lucidi e pieni d'orgoglio per il visconte, passò sul volto del figlio la palma della sua mano. Jonathan rimase impietrito e si limitò ad accennarle un leggero sorriso.

«Ti comporti come se fosse stata la sua prima volta, madre», interruppe Edward.

«Ma questa volta è stato con sua moglie».

«Sì, certo... Jonathan, devo parlarti in privato, è una cosa riguardante... il tempo, ti annoieresti da morire, madre».

I due fratelli lasciarono l'immensa stanza per poi recarsi in corridoio.

«Questa notte... accidentalmente, ho origliato ciò di cui tu e la duchessa stavate parlando. Fa' vedere la mano.»

Jonathan gli mostrò la mano sinistra.

«Oh, credevo avessi un ta... mostrami anche l'altra», e questa volta il taglio c'era.

«Non parlarne con nessuno», lo mise in guardia Jonathan.

«Puoi contare su di me, fratello.»

«Lo spero.»

D'improvviso, ad aprire la porta fu Esmeralda che, agli occhi dei ragazzi, parve buffa per via dell'abito infangato e dei capelli arruffati.

«Siete andata a cavallo o avete vinto il premio come miglior norcino?», commentò Jonathan.

Edward tentò di nascondere una risata, ma non riuscì ad evitarla.

«Davvero molto simpatico, Lord Heinrich. Sono caduta da cavallo», si limitò a rispondere. «Con permesso», continuò, lasciando i fratelli da soli e andò al piano di sopra per un bagno.

«Se ogni mattina dovrà essere così, mi dispiace per te, fratello», disse poggiando la sua mano sulla spalla di Jonathan, come di conforto.

«Dispiace anche a me», concordò il visconte.

The never exactDove le storie prendono vita. Scoprilo ora