XI.

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La famiglia Heinrich aveva ricevuto l'invito per una festa. Un invito da parte della famiglia Forrest, la cui ultimogenita, Rose, era la migliore amica di Mary. La festa era per la sorella di Rose - più grande di lei di qualche anno - il cui nome era Jude, cercava marito. Se non fosse per l'eredità della famiglia, probabilmente Jude avrebbe avuto attorno a sé solamente un quarto dei corteggiatori presenti fra gli invitati, quella sera. Un segreto che Mary aveva sempre mantenuto? A Rose piaceva uno dei fratelli maggiori della sua migliore amica.

Forse per noia, forse per la gente lì presente, forse per la musica, che poco rispecchiava i gusti di alcuni ospiti, Edward era fuori - nonostante quella sera facesse abbastanza freddo - e, questa volta, le stelle che osservava erano vere.

La sua solitudine non durò molto, poiché il visconte, forse per gli stessi motivi del fratello, lo raggiunse, sedendosi vicino a lui, su una panchina posizionata al centro della grande villa dei Forrest: «Fratello...», si bloccò, pensando a trovare un argomento di cui parlare, quasi come se fossero perfetti sconosciuti, «È un po' tediosa questa serata, non trovi?».

Edward concordò: «Anche se non ho fatto a meno di notare quanto tutti gli altri si stiano divertendo.»

L'altro prese dalla giacca un sigaro: «Ne vuoi uno?», chiese al fratello, che scrollò il capo: «Ho smesso», disse.

«Vorrei avere il tuo coraggio».

«A proposito di coraggio, ammetterai mai che ti piace Lady Duval?», inarcò un sopracciglio.

«A me non piace la duchessa».

«Jonathan, sono un artista, ne ho dipinti ad nauseam di sguardi innamorati. E sono un poeta, ho descritto tante di quelle emozioni. In questo periodo sei la musa ispiratrice di molte delle mie poesie d'amore».

«“Musa ispiratrice”?», rise, «Ne sono onorato, però, credimi, ti sbagli. Vorrei amarla, ma mi riesce impossibile».

«Non è impossibile, semplicemente ti riesce difficile ammetterlo perfino a te stesso, dato che lei ama un altro.»

Jonathan lo guardò interrogativamente: «Come sai che...».

«Sono dettagli che non ti riguardano», si irrigidì.

Lui gli sorrise: «Dovresti smetterla di origliare da dietro la porta».

«E tu di mentire a te stesso. Perché non provi a dedicarle una poesia? Potrebbe farsi un'altra idea di te», suggerì.

«Non so essere abbastanza ingannevole per scriverle».

«"Ingannevole"? La poesia è tutt'altro, fratello. È l'arte di rivelare la preziosa verità con le parole.»

«Certo, come no...», ironizzò, ma notò che Edward sembrava tutt'altro che divertito, «Sei serio?», gli si rivolse cambiando in un'espressione assorta.

In risposta, Edward annuì.

«Mio Dio...», si rese conto della propria incapacità nel riuscire a comprendere appieno le parole proferite dal fratello, «Buonanotte», concluse, facendo per andarsene.

«Cos'è veramente ammirare una donna? Guardarla e provare ispirazione?», queste prime frasi fermarono Jonathan, che rimase in posizione eretta, difronte al fratello, ad ascoltarlo, «Deliziarti della sua bellezza tanto che tutte le tue difese si sgretolano, che ti assumeresti volentieri qualsiasi dolore, qualsiasi peso per lei. Onorare il suo essere con le tue azioni e parole», terminò. «Questo è ciò che descrive il vero poeta», spiegò al primogenito.

Il visconte ne rimase incantato: «Dovresti dedicartici più spesso», affermò, «Scrivimelo», aggiunse, infine.

Possiamo assistere ad un cambio di scena: al piano di sotto, nella sala, una sul divano difronte al camino acceso, l'altro in piedi dinanzi a lei.

«Allora? Cosa dovete dirmi di così importante?», Esmeralda sembrava poco desiderosa nell'ascoltarlo, ma a Jonathan bastò una frase per avere la sua attenzione: «Vi ho scritto una poesia», disse.

La duchessa rimase sorpresa: «Oh... sentiamo!».

«Cos'è davvero ammirare una donna? Guardarla e provare ispirazione? Deliziarti della sua bellezza tanto che tutte le... le tue difese si sgretolano, che ti assumeresti volentieri qualsiasi dolore, qualsiasi peso per lei. Onora... onorare...», scosse la testa, subito dopo stropicciò il foglio, gettandolo nel camino, «Non posso, chiedo scusa. Non posso fingere che siano parole mie, sono di un'altra persona», sospirò, «In verità io non sono un uomo di poesie. Le parole lusinghiere sono bellissime, dolci, ma sono anche vuote... se non le accompagnano le azioni. Miss. Duval, potrei tentare di passare per chi non sono, per un uomo che condivide i vostri interessi, ma mentirei. Non sarò capace di... di mettere in mostra la passione che meritate davvero, ma vi assicuro che quando si tratta di responsabilità non mi troverete mai in difetto, e spero che questo abbia più valore di tante belle parole in versi».

Lei comprese, gli sorrise: «Ed è sicuramente così, visconte. Perché lo avete fatto?».

«Mi sarebbe piaciuto se voi aveste cambiato idea sull'immagine che avete di me», le confessò.

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