(Im)possible

Chapter four

Rabbia. Ecco cosa sto provando in questo momento. Rabbia per ciò che Jason ha detto, ma più che altro per come l'ha fatto. Ha sfruttato la tensione che si crea in me ogni volta che mi è vicino. Ha usato il modo in cui mi sento quando mi parla per aumentare il suo ego, per vantarsi. Voleva dimostrarmi che è lui il burattinaio e io un semplice burattino. Voleva farmi capire in tutti i modi che può farmi ricadere nuovamente ai suoi piedi. Ciò che lui non sa, però, è che io già l'ho capito. So che è capace di farmi cedere da un momento all'altro. Non nego il potere che ha su di me né lo respingo. Anzi, cerco di controllarlo, di domarlo e di impartirgli ordini a mio piacimento. Mi sto allenando a essere io a soggiogare lui e, nonostante sono consapevole che ci vorrà ancora molto tempo, sono sicura che ci riuscirò.

Mentre la mia mente si perde in questi pensieri, getto il vassoio nel contenitore apposito ed esco dalla mensa. Sono sola in questo momento, poiché Sally è andata a casa con David a mangiare, mentre Lily e Millie si stanno allenando col resto delle cheerleader. Ci sarà una partita a fine mese e vogliono che sia tutto impeccabile. Tra l'altro ho scoperto che in squadra c'è anche Isabela e questo mi fa innervosire ancora di più perché la rende ancora più affascinante agli occhi dei ragazzi. Ho saputo che è il suo secondo anno qui alla "University of Miami" e che viene dal Messico. Trascorre a Miami soltanto l'inverno, prettamente per studiare. Ho cercato di estrapolare qualche altra informazione, in particolare sul suo rapporto con Jason, ma non ho fatto in tempo poiché Lily e Millie erano in ritardo. La mia unica speranza è Sally, ma, dato che non è qui con me ora, mi accontenterò di queste poche informazioni.

Cammino spedita nel giardino del campus e mi metto seduta sull'erba, con il libro di informatica sulle gambe. Sottolineo ciò che ritengo più importante e subito dopo cerco di farmi entrare in testa l'argomento. Tuttavia, mi risulta impossibile. Leggo e rileggo uno stesso paragrafo per diversi minuti, ma i concetti non riescono a entrarmi in mente e le parole sembrano arabo.

«Ma che significa?!» Mi sento impazzire.

Ci sono troppe nozioni complicate da memorizzare e io non riesco a comprenderle minimamente.

Sbuffo più e più volte, mentre sposto i capelli dietro le spalle. In seguito inizio a mordicchiare il tappo della penna, per trovare maggiore concentrazione, ma le urla dei ragazzi vicino a me me lo impediscono.

Soltanto poco dopo sento una voce farsi più vicina e qualcuno salutarmi. «Ehi, Stone.»

Mi volto nella sua direzione e vedo, in piedi davanti a me, Adam. Ha le mani infilate nelle tasche dei jeans chiari e un sorriso entusiasto in volto.

Mi inumidisco le labbra e lo saluto con un cenno del capo.

Io e Adam non abbiamo smesso di sentirci. Ci scriviamo quotidianamente e spesso mi chiama per raccontarmi eventi imbarazzanti che accadono tra lui e il signor Miller. Molte volte mi ha anche chiesto di uscire, da quando io e Jason ci siamo lasciati, ma ogni volta ho sempre rifiutato. Non sono più uscita con nessun ragazzo perché speravo ancora in un nostro ritorno e perché non consideravo nessuno talmente attraente sia fisicamente che caratterialmente da uscirci insieme. Men che meno Adam, nonostante devo ammettere che sia un ottimo amico. Abbiamo ormai spazzato via tutto il disagio che ci perseguitava dal giorno in cui siamo andati a letto insieme e adesso stiamo legando, più di quanto immaginassi.

Ricambio il suo sorriso e lui si siede accanto a me, lanciando uno sguardo dapprima a me e in seguito al mio libro. Nota la mia faccia disperata e, proprio per questo motivo, sghignazza. «Problemi con informatica?»

Strizzo gli occhi e agito le mani in aria, completamente sconvolta dalla difficoltà di questa materia. «Non ci capisco niente! Dovrebbero essere concetti facili, ma proprio non mi entrano!» Colpisco la tempia destra con la mano per rimarcare il concetto e questo lo fa scoppiare a ridere.