Chapter eleven

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Jason

«Wow, Miller...»

Infilo gli slip bianchi fino alla vita per poi sfilare dal pacchetto una Marlboro e portarmela alle labbra. La accendo, lanciando subito dopo l'accendino sulla scrivania, ancora tremendamente nervoso per ciò che è successo ieri sera con Lotts.

Non riesco ancora a credere a quello che ha fatto. Devo ammettere che mi ha sorpreso perché non mi sarei mai aspettato che potesse uscire questo suo lato perverso e provocatorio. E se da un lato mi eccita da morire il pensiero che sia diventata più spudorata e più accattivante, dall'altro le sue parole non fanno altro che ripetersi come un mantra. Si susseguono come un cazzo di loop nella mia testa. Ciò che ha detto mi ha letteralmente fatto ribollire il sangue nelle vene: ha iniziato a scopare assiduamente con altri ragazzi. E, cazzo, ogni volta che ci penso una rabbia incontrollata fuoriesce da ogni singola parte del mio corpo. Mi verrebbe voglia di spaccare qualsiasi cosa, mandare tutto a puttane e riaverla. Vorrei farle capire che può vedere e accogliere tutti i cazzi possibili e immaginabili, ma alla fine è a conoscenza anche lei del fatto che l'unico che la fa bagnare come mai prima di quel momento e le fa assaggiare diverse fette di paradiso rimango solo e unicamente... io.

Tuttavia, ciò non toglie il fatto che la consapevolezza che altri ragazzi posino le loro luride mani sulle sue curve pronunciate, sui suoi seni tondi e sul suo bel culetto, mi manda in bestia. Non riesco neanche minimamente a realizzare l'idea che possano vederla nuda, priva di ogni difesa e... accessibile.

Perché la verità è che considero la piccola ancora come fottutamente mia. E, nonostante io sappia di essere il primo ipocrita poiché l'ho lasciata come un bastardo, non riesco a fare a meno di pensare a lei. È un tarlo fisso nella mia cazzo di mente. Ogni volta che mi addormento immagino le sue mani addosso, le sue labbra quando Ally o chissà chi mi bacia, il suo corpicino minuto ondeggiare sul mio quando mi sveglio. Penso sempre a lei e questo inizia a farmi uscire fuori di testa poiché sono consapevole del fatto che tra noi è finita.

La desidero con tutto me stesso, è vero, ma sono ancora fermamente convinto del fatto che meriti di meglio. Non ho ancora superato il mio periodo buio. Lo sto attraversando e sto cercando di combatterlo con le unghie e con i denti, ma non ci riesco.

I sensi di colpa sono ancora vivi dentro di me. Mi perseguitano, dandomi la caccia e facendomi sentire ogni maledetto giorno che passa un assassino.

Non ho ancora superato la morte di mia madre, non riesco neanche a parlarne con nessuno poiché sarebbe come rivivere quel momento. Quando mi addormento la mia mente viaggia altrove fino ad arrivare a quel giorno: rivedo lei stesa tra la macchina e l'asfalto; la sua pelle giallastra; le labbra violacee. E poi sento le urla di mia sorella: la accolgo tra le mie braccia, disperata e dolorante, cerco di consolarla e di asciugarle le lacrime, ma queste aumentano di secondo in secondo. Si susseguono senza fermarsi, lei inizia a strillare, gettare calci sull'asfalto. Ed è proprio in quel momento che arriva la parte peggiore: comincia a incolparmi. Mi punta un indice contro e mi spintona, facendomi arrivare fino al cadavere di nostra madre. Improvvisamente lei sembra svegliarsi, ma i lividi sul suo corpo rimangono, così come le palpebre sgranate e le labbra screpolate. Iniziano entrambe ad additarmi come colpevole e responsabile della sua morte. Io, però, non dico nulla. Sto in silenzio, con il capo chino, la mascella serrata e i pugni stretti. Trattengo le lacrime e cerco con tutte le mie forze di non crollare.

Mi sveglio solo dopo aver vissuto questa tortura, rendendomi conto di aver fatto uno stramaledetto incubo.

Ed è proprio per questo motivo che mi rifugio nell'alcool. Inizio a bere qualsiasi cosa io mi trovi davanti. Scolo intere bottiglie di vodka, birra, Jack Daniel's e, finalmente, mi sento meglio. Mi stordiscono e questo è capace di farmi disconnettere la mente da qualsiasi altra cazzata. A ciò, poi, si aggiungono le ragazze. Le porto a letto per passatempo più volte al giorno, è vero, ma anche perché tento in tutti i modi di tenere la mente impegnata. Riesco a non pensare e ciò mi aiuta a non autocolpevolizzarmi.

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