They say I'm more than the scars on my back
But all of my demons, keep holding me back
Right into that open door
Somewhere that I've been before
Can't seem to get no rest
Trying to escape myself
I guess I must confess
I'm comfortable in this mess
-Comfortable, Victor Ray-<<Guardate che carina!>> affermò Beatrix mostrando il cellulare ai miei amici. Jason sembrava particolarmente attento allo schermo, Ash se ne accorse e gli diede uno scappellotto sulla nuca per prenderlo in giro. Lui si girò massaggiandosi il collo imbarazzato. Ash fece spallucce di fronte all'occhiataccia di Jason. Intanto Beatrix e Sophie si erano incantate davanti ad una foto di quando ero piccola.
E questa cosa a me non andava bene, ma non preoccupatevi per me, gentili amici, non sono una persona che accetta passivamente le cose che le capitano.
<<Volete vedere quelle di Beatrix?>> le lanciai un'occhiata vendicativa, e lei rabbrividì soltanto al pensiero. Ci eravamo inviate delle foto di noi da piccole sul cellulare, e ci eravamo promesse di non mostrarle in giro per nessun motivo. Perché credetemi, erano veramente oscene. Tuttavia, dato che ormai era diventata una disertrice infrangendo la promessa, decisi che una piccola vendetta era d'obbligo. Le rivolsi quel sorriso che un misterioso fantasma mi aveva insegnato. Un sorriso di scherno, ma anche contagioso. Un sorriso che abbaglia, intriga e annega le proprie vittime dentro la promiscuità di quei sentimenti mescolati assieme come le correnti dei fiumi che si uniscono alle spumeggianti onde del mare.
Incominciai a ridacchiare sadicamente, e Beatrix cominciò a tremare di fronte al mio sguardo crudele. Presi il cellulare e andai sulle nostre chat prendendo le foto che c'eravamo inviate e le mostrai a tutti quanti, mostrai a tutti quanti, quanto quella ragazza potesse dimostrarsi più interessante del previsto. Mostrai foto ridicole e continuai a scorrere sul telefono come se il tempo per ridere non fosse mai abbastanza.
<<Ehi ne stai mostrando più di una!>> si infilò la sua protesta in mezzo alle risate dei nostri amici. Mi afferrò il cellulare di mano, portandolo in alto evitando attentamente di permettermi di arrivarci.
<<E dai ridammelo!>> mi lamentai con fare giocoso.
<<E tu non mostrare quelle foto>> mi minacciò quasi ridendo. Essendo più grande di qualche anno, era più alta di me, e messe a confronto, si accentuava la nostra differenza di altezza. Le feci il broncio di una bambina e gli occhi a cucciolo, la vidi tentennare e alla fine di fronte a quello sguardo decise di ridarmi il mio telefono, e mi sorrise divertita insieme a tutti gli altri ragazzi di fronte a quel "piccolo" disguido. Ci cascava sempre agli occhi da cucciolo.Osservai tutti e vidi quelle risate di divertimento, quei discorsi che spesso sfociavano in qualche argomento stupido, in quella vitalità che un tempo avevo abbandonato ma che adesso mi ritrovavo a cercare come l'aria da respirare. Prima di entrare a scuola mi ero detta che l'immagine di me, seduta con i miei amici, a ridere, sarebbe risultata fittizia quanto l'immaginazione stessa che me l'aveva concessa. Ma adesso, che l'immaginazione era diventata realtà... non potevo fare altro che godere di quei sentimenti che sembrava mi fossero stati dati in prestito. Tutte le mie relazioni erano sempre state complicate, quanto i rovi contorti di un bosco tenebroso o le spine di una rosa appassita piantata a terra che nessuno ha il coraggio di cogliere. Ma in quella occasione... mi sentivo un adolescente normale, senza macigni di ricordi avvizziti dal tempo che gravavano sulle spalle, senza una ragnatela intricata di segreti e misteri che mi riguardavano. Senza un Dio... il diavolo... cioè quello che è... avete capito, che attendeva con ansia e trepidazione la mia risposta ad una proposta indicibile.
Non sentivo niente di tutto ciò. Come se tutti questi problemi non fossero miei, come se effettivamente mi bastasse un bicchiere per dissetarmi o la gioia per non perire in un mondo che non sentivo mio. Mi sentivo una quattordicenne normale, che parlava normalmente con i propri amici semplicemente come avrebbe fatto chiunque altro. La sensazione di normalità era così accogliente che la scambiai per delle braccia rassicuranti e mi persi nei ricordi di quel tepore che sapeva di tranquillizzante e droga allo stesso tempo. Ma quella tranquillità durò poco, quella normalità sparì via come la sabbia che il vento solleva in una spiaggia deserta. E una voce mi inghiottì di nuovo nella pura ma anche avversa realtà.
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Piacere, io sono la morte
Fantasy[♦️LIBRO PRIMO DELLA TRILOGIA DEL SANGUE♦️] Avete mai conosciuto la morte, gentili amici? Forse tra le vesti spiegazzate di qualche vecchio parente o nel morbido pelo di un vostro animale domestico. Ma se state leggendo questo ne dubito, altrimenti...