CAPITOLO 17

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Terminarono la lista in breve tempo, togliendo altri limiti non negoziabili. Ma jimin era d’accordo perché, secondo jungkook , aveva ancora l’ultima parola e sempre lui aveva ribadito che non gli avrebbe mai fatto nulla a cui lui non avesse precedentemente acconsentito. Cosa che sapeva già dalla sua visita al sito, ma sentirlo ribadire fu decisamente rassicurante.
Jungkook mise da parte le carte e lo guardò.
«Quindi, questo è il momento in cui vado al nocciolo della nostra scena. Ti dico cosa ho intenzione di fare. Dimmi se ti suona bene. Se c’è qualcosa con cui non ti senti a tuo agio, ora è il momento di esprimerlo. D’accordo?» Annuì.

«D’accordo.» Il suo cuore prese velocità.
Jungkook annuì anche lui.

«Bene. Quindi, ecco l’accordo. Ti legherò con un leggero bondage. Niente di troppo restrittivo quindi non preoccuparti.
Poi, farò una mappatura del tuo corpo, e…»

«La mappatura del mio corpo?»

Cosa diavolo significava?

«Già.» jungkook annuì di nuovo, stringendosi nelle spalle.
«Un po’ come fare un diagramma mentale del tuo corpo e di tutte le piccole cose che scopro su di esso.» Represse un brivido.
Dannazione, sembrava eccitante.

Ma jungkook lasciava un sacco di cose all’interpretazione.

«Ma per quale scopo?» jungkook portò il pollice all’angolo della bocca, facendo quella cosa che lui amava davvero. Quel colpetto lento e assente, finché le sue labbra non si curvarono in modo salace.

«Così posso avere una buona mira sui tuoi punti caldi, Jimin . Dove il tuo corpo reagisce con più forza e i diversi modi in cui risponde agli stimoli.»
«Oh.» Era ora di risistemarsi il pacco.

Jungkook lo guardò con le palpebre abbassate, poi tornò sull’argomento.
«Comunque, mentre lo sto facendo, approfondirò altre cose basilari.
Quindi metteremo in atto la scena reale. Quella di stasera sarà minima, voglio farti abituare con calma, ma sarà comunque una scena completa.» Incontrò i suoi occhi.
«Vuoi venire, questa volta?» Le sopracciglia gli si sollevarono di scatto e sorrise.
«Ehm, sì, certo. Perché no.» Quella merda di negoziazione era così strana.
Jungkook annuì.
«Okay, allora. Verrai. Cosa che segnerà praticamente la fine della scena. Ti va bene tutto?»

Oh, sì. Gli andava bene tutto.

«Sì. Sembra fantastico.» Sorrise.
«Non vedo l’ora.» Le labbra di jungkook si contrassero.
«Dai. Facciamolo,» disse alzandosi in piedi. Lui lo seguì, con il cuore che batteva sempre più veloce.
«Cazzo,» rise.

«È pazzesco. Sono un sub.» jungkook lo guardò da sopra la spalla

«Non solo un qualsiasi sub Jimin. Il mio.» Gli piacque il suono di quella frase. Gli piacque molto. Soprattutto visto che era stato jungkook a dirlo.
Il Dom si fermò a un grande cassettone nero, aprì un cassetto e infilò una mano all’interno.

«Ecco.» Si voltò e gli lanciò delle cose nere.

«Per i polsi. Mettile.» Lui le afferrò e sollevò un sopracciglio quando vide cos’erano. Un paio di polsiere in pelle nera, ciascuna con fibbie metalliche e un anello a D. Le infilò, poi alzò lo sguardo appena in tempo per vederne un altro paio volare verso di lui.

«Per le caviglie.» jungkook chiuse il cassetto.
«Entrambi i set sono tuoi.
Indossali a ogni appuntamento.» Lo osservò tornare indietro e fermarsi al centro della stanza per alzare una mano e afferrare una lunga catena appesa. Oh. Non si era nemmeno accorto che fosse là. La seguì con gli occhi fino a una puleggia metallica montata in modo non appariscente sul soffitto. L’altra estremità della catena era appesa anch’essa altrettanto bene fuori portata.

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