And it scares me (parte 2)

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«Ti prego, Elena.» sbuffò Caroline, un'ora dopo, mentre rovistava nel suo armadio alla ricerca di qualcosa che andasse bene per la serata. «Poche chiacchiere, dobbiamo trovare qualcosa di carino. Dove sono i vestiti che hai dismesso da un po' di tempo a questa parte?»

La ragazza si riferiva a un sacco di abiti pieni di lustrini che Elena amava mettere per andare alle feste al chiuso, a quindici anni, prima di vergognarsi di metterli e ricominciare a indossare jeans oppure vestiti più sobri.

Per non parlare dei tacchi vertiginosi sui quali aveva anche disimparato a camminare.

«Vuoi dire quelli in cui ero praticamente nuda?» chiese, in modo retorico, agguantando una patatina dall'insalatiera che aveva usato per portarle in camera, bisognosa di consolarsi per la riuscita della discussione con sua madre. «Pensi che mi stiano le cose di tre anni fa?»

Caroline mise fuori la testa dall'armadio solo per esprimere con uno sguardo il suo dissenso per la sua spericolata alimentazione. «Be', non sei ingrassata di un etto, può darsi. L'altezza è la solita, dovremmo provare, almeno.»

Elena ripensò a un vestito che aveva messo tante volte perché, ai tempi, era stato il suo preferito, quando ancora era nella fase 'rosa e luccicante' della sua vita, che copriva a malapena la stoffa della biancheria intima: già il solo immaginarsi a varcare la soglia della villa dei Salvatore in quelle condizioni la faceva sentire a disagio.

Il pensiero di avere gli occhi di Damon puntati addosso così svestita la faceva sentire a disagio.

«Sono tutti troppo corti.» rifletté, a voce alta, addentando l'ennesima patatina. «Ho detto a Damon che voglio conoscerlo senza... insomma...»

Coinvolgimenti fisici? Certo, facile a dirsi, prima di varcare la soglia di casa sua e trovarlo coccoloso come un cucciolo di panda.

«Sesso.» concluse Caroline, per lei, dato che tra le due era di sicuro quella con meno filtri.

Già, rifletté la ragazza, sospirando: sesso.

L'aveva detto con cognizione di causa, decisa, ma mai avrebbe immaginato che Damon avrebbe fatto praticamente di tutto per renderlo impossibile.

Lui e i suoi maledetti baci.

Avevano passato quasi un mese a parlare e basta – ed era stato epico – e gli ultimi due giorni con le labbra incollate le une alle altre. Non che fosse stato meno piacevole, solo più... prosaico.

C'era stato qualcosa di platonico e quasi perfetto, prima di quel pranzo a casa sua, e ormai di platonico non era rimasto proprio niente.

«Sì.» confermò Elena, con rassegnazione. «E poi mi presento a casa sua in un vestito striminzito? Darei un nuovo significato alle parole provocazione e frustrazione, non credi? E forse anche a stronza.»

Anzi, senza forse. Insomma, non poteva dire a un ragazzo che aveva praticamente sottomesso la mente agli istinti, almeno in fatto di donne, che non voleva andare a letto con lui e presentarsi nuda alla sua porta. Non solo perché questo l'avrebbe marchiata come la più grossa raccontapalle della storia, e ridotto all'osso la credibilità delle sue parole, o messa in una situazione difficilmente risolvibile, ma soprattutto perché si sarebbe giocata del tutto la dignità.

Non era una cosa che si sarebbe permessa così alla leggera.

Caroline alzò gli occhi al cielo. «Non puoi andare in jeans anche se è solo una festicciola per Stef.» tagliò corto, tornando a immergere i suoi riccioli biondi sul fondo dell'armadio.

Messa la ciotola di patatine in grembo, Elena grugnì, sconfortata, per la situazione e per il fatto che stava nascondendo a Caroline i reali piani per la serata, ma Damon era stato anche troppo esplicito a riguardo: "Niente Barbie tra i piedi".

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