One touch of his hand (parte 2)

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«Mmh...» Elena mugolò di fastidio, cambiando posizione, ma senza trovare sollievo.

Stava troppo scomoda. Qualcosa non andava.

Prima di ricordarsi che si era addormentata sopra Damon, ci volle un po'. Stese un braccio da una parte... niente. Stese l'altro dall'altra e incontrò il vuoto che ci si aspetterebbe a fine letto.

Per un momento ebbe paura di essersi sognata tutto e spalancò le palpebre: la luce sul suo comodino era stata spenta, ma ci si vedeva bene perché quella del sole aveva iniziato a filtrare dalle nuvole. Sembrava che fosse l'alba, e l'ora della sua sveglia lo confermò.

Damon era in piedi di fronte all'armadio, guardava in terra come se avesse perso qualcosa.

Era lì, di spalle – avrebbe mai smesso di trovarle un motivo per buttarlo su un letto almeno per le successive due ore? –, perfettamente nudo. La ragazza si permise di indugiare con lo sguardo sul suo fondoschiena, tanto per non smettere di abituarsi a quella che avrebbe potuto tranquillamente definire una visione anche da mezza addormentata.

Stava raccogliendo i suoi vestiti, peccato che fossero sparsi per la stanza e alcuni al momento introvabili. Biancheria inclusa.

«Dove vai?» gli chiese, assonnata.

Si stropicciò un occhio, mentre si tirava un po' su e si accertava che stesse davvero raccattando la sua roba, per un motivo che nemmeno pareva sfiorarle il cervello.

Damon si voltò verso di lei: non si aspettava di trovarla sveglia, ma questo non gli impedì di dedicarle il suo sorriso a mezza bocca.

«A casa, principessa.» le rispose, piano. «Prima che tuo padre si svegli e gli venga in mente che è il giorno adatto per augurarti il buongiorno mentre sei ancora a letto.»

Sarebbe stato un risveglio poco piacevole per tutti, era anche a causa di questo che aveva faticato a chiudere occhio: come minimo, gli avrebbe impedito di avere eredi – non che gli importasse, ma ai suoi gioielli di famiglia ci teneva –, e sopratutto di mettere piede in casa sua di nuovo, la qual cosa avrebbe reso complicato piccole scappatelle come quella, se avesse fatto di Elena una sorvegliata speciale.

Considerato che non poteva stare fuori la notte, non voleva rischiare di compromettere anche quei piccoli momenti che riuscivano a ritagliarsi miracolosamente.

«Sei la persona più priva di tatto che io conosca.» grugnì lei, offesa, prima di girarsi dall'altra parte.

Damon, ancora senza essere stato in grado di ritrovare nient'altro che non fosse la camicia, alzò un sopracciglio, confuso. «Che ho fatto, adesso?»

Aggirò il letto, prima di sedersi al suo fianco, lei che guardava insistentemente dovunque non fosse lui, nonostante stesse piegando la testa in tutte le direzioni che prendeva quella di lei per farsi guardare.

Ci misero così tanto tempo, a inseguirsi e a sfuggirsi, che alla fine la presero a ridere.

«Piantala!» gli intimò, tentando un'ultima resistenza stizzita, ma non poteva nascondere il sorriso che ormai le aveva incurvato le labbra.

Rimasero a guardarsi per un momento, Damon più che altro per avere la certezza che non ce l'avesse più con lui, anche se non aveva esattamente capito che diamine avesse fatto di sbagliato.

Che novità.

Elena glielo spiegò un momento dopo: «Non voglio che tu te ne vada.»

Adesso non sorrideva più, specialmente al pensiero che, di nuovo, avesse pensato di andarsene senza dirle nulla. Non che non fosse stato carino trovare il suo biglietto, la mattina di Natale, ma le sarebbe piaciuto trovarci la sua faccia, su quel cuscino.

Dear Diary - The Vampire DiariesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora