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28 Aprile

L'abilità di Manuel nel pedinare e sorvegliare i sospettati gli ha garantito – nel corso della sua breve carriera – una fama che l'ha sempre preceduto. Era il migliore della sua squadra. Se c'era bisogno di pedinare un criminale, evitando che questi se ne accorgesse, Manuel era sempre la prima scelta del loro capo. Di conseguenza era – e tuttora è – estremamente abile ad accorgersi di chiunque lo segua, in qualunque circostanza.

È per questa ragione che ha la assoluta certezza che nessuno abbia mai pedinato Simone. Prima della sua assunzione nessuno aveva mai raggiunto il suo appartamento, per cui è evidente che chiunque lo stia minacciando non fosse a conoscenza del suo indirizzo; l'unica spiegazione plausibile è che questa informazione sia stata acquisita dopo il suo arrivo nella vita del ragazzo.

Ma non riesce a capire come.

Sono passati tre giorni dall'ultima minaccia e lui sta cercando di convincere Simone a parlare con la polizia, senza successo.

Ora, ad esempio, hanno appena finito di cenare e Simone cerca di dileguarsi.

«Simo» lo richiama, invitandolo a ritornare seduto, così da averlo di fronte.

Per qualche istante nessuno dei due parla. Lui lo scruta. Nota le occhiaie, i capelli spettinati, il viso sciupato, una stanchezza che non è solo fisica. Anzi, di fisico c'è ormai ben poco, dato che Simone esce di casa solo per andare a lavoro.

«Per favore» sussurra, prima di poggiare una mano sulla sua, sul tavolo, tra loro.
«Chiamo un mio ex collega, mi fido di lui, ci possiamo fidare» dice.
E per un attimo teme di aver esagerato, di essere andato troppo oltre, di aver dato troppo ascolto al cuore – che dopo soli tredici giorni sente di essersi affezionato a quel ragazzo alto e un po' strambo che ha di fronte –, però poi Simone alza lo sguardo, i suoi occhi saettano dalle loro mani al suo viso.

«Solo se possiamo parlarci qui però» ribatte, e lui non lo controlla il sorriso che nasce spontaneamente sul suo volto, o la stretta su quella mano ancora incastrata nella sua.

«Allora dopo lo chiamo» dice soltanto, prima di alzarsi ed andare a lavare i piatti, dato che aveva – con non poca fatica – convinto Simone a dividersi le faccende domestiche.

Simone resta un po' seduto alla penisola, a pensare, sente ancora il calore della mano di Manuel sulla sua e pensa che ne vorrebbe ancora, che vorrebbe sentire il calore del corpo di Manuel su di sé. Si schiaffeggia mentalmente. Quello è il suo bodyguard, è lì perché lui rischia di essere aggredito e soprattutto è lì perché è pagato per esserci.

Non può innamorarsi della sua guardia del corpo, sarebbe uno stupido cliché da film.

«Buonanotte Manuel» dice allora, rintanandosi nella sua camera, nonostante sia soltanto sera.

Spera che non avere davanti agli occhi la sua immagine lo aiuti a distrarsi. Decide di guardare una serie su Netflix ma non appena accende il portatile, una notifica di una mail cattura la sua attenzione.

Sospira, non sapendo cosa aspettarsi. O forse sospira perché sa esattamente cosa aspettarsi e, dopo venti giorni, non ne può più.

Non apre nemmeno la mail per leggerne il contenuto, notare il mittente anonimo gli basta per scoppiare a piangere. Si lascia andare per la prima volta. Affonda il viso tra le mani e piange, singhiozza, si libera di tutto il tormento che da giorni gli sta scavando l'anima, dell'ansia che non gli ha dato un attimo di tregua, del peso di dover improvvisamente condividere tutti i suoi spazi con un'altra persona, dei sentimenti che sembrano farsi sempre più prepotenti.

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