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17 Maggio, 10:48am

Simone non sa più quanto tempo trascorra a dormire e quanto in realtà quel suo sonno sia il frutto di una momentanea perdita di coscienza.

A giudicare dal fatto che fatica a mettere a fuoco l'ambiente circostante e non riesce a distinguere bene i rumori provenienti dall'esterno, è abbastanza certo che quelle ore di riposo siano in realtà una specie di mancamento.

È un continuo entrare ed uscire da uno stato di torpore, di incoscienza.

Ha fatto pace con la consapevolezza che non gli procureranno nemmeno un goccio d'acqua, ma continua a sperare in un miracolo, come un naufrago nel mezzo dell'oceano che vede una zattera in realtà inesistente, come un'allucinazione.

Non è un'allucinazione la sedia che però Andrea porta in quella stanza, all'improvviso, facendo tanto rumore da farlo momentaneamente ritornare sveglio, attento.

È diversa da quella su cui siede ora. Ha due braccioli in legno.

Si chiede quale sia la ragione.

La risposta a quella domanda non tarda ad arrivare, ed ha l'aspetto di un uomo alto, barbuto, senza capelli, che soltanto avvicinandosi a lui gli incute timore.

«Adesso parliamo un po'» gli dice, ma il tono è di chi non ha alcuna intenzione di discutere civilmente. Ha un accento strano, si chiede perché la maggior parte dei suoi crudeli persecutori parli italiano o spagnolo, ma il suo cervello è troppo annebbiato dal dolore per poter elaborare pressoché inutili teorie.

Ordina ad Andrea di spostarlo su quella sedia, ed Andrea esegue. Gi lega i polsi ai braccioli e le gambe ai piedi della sedia.

«È semplice» spiega l'uomo.
«Te mi dici le tue credenziali e io non ti rompo le dita delle mani una ad una, chiaro?» aggiunge, e lui sente un brivido percorrergli la schiena.

Non ha alcuna intenzione di fornire loro le sue credenziali, ma ha seriamente paura che gli spezzino davvero tutte le dita delle mani. Non gli resta che sperare, pregare.

Dopotutto teme che, qualora decidesse di fornire loro ciò che vogliono, questi uomini possano rendersi conto che effettivamente lui non può accedere a quei documenti, e non ha bisogno di una mente così lucida o di un intelletto superiore alla media per comprendere che in quel caso, non se la caverebbe con un dito spezzato. In quel caso lo ucciderebbero.

Resta in silenzio. Aspetta che siano loro a parlare.

Vede entrare Andrea con un portatile, e sullo schermo intravede la pagina di accesso della sua azienda. È chiaro che aspettino solo il suo username e la sua password.

«Allora?» dice infatti quest'ultimo, con disprezzo, e lui – immobilizzato, legato ad una sedia – non riesce a nascondere il suo disdegno.

«Che cazzo vuoi, pezzo di merda?» sputa fuori, cercando istintivamente di alzarsi, nonostante poi le corde lo tengano ancorato a quell'ammasso di legno su cui giace.

E forse per la fine di questa storia – qualora dovesse uscirne vivo – imparerà che provocare dei criminali non è cosa conveniente e scaltra.

Come in questo caso, quando Giovanni – Andrea – inizia a riempirlo di pugni.

Alla fine sputa del sangue, teme seriamente di avere qualche organo spappolato per quanto dolore sta avvertendo.

Non si rende neanche conto di essere svenuto di nuovo, ma a tutti i presenti in quella stanza è piuttosto chiaro, per cui decidono di tornare più tardi, ché in quelle condizioni lui a loro non serve.

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