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17 Maggio, 05:14pm

Manuel è seduto sulla sedia accanto al letto di Simone. Ha un braccio immobilizzato per evitare che la spalla sinistra subisca altri danni ed una stretta fasciatura all'altezza delle costole, ché due sono incrinate. È imbottito di antidolorifici e vorrebbe soltanto dormire, ma si sforza di tenere gli occhi aperti, perché Simone si sveglierà a breve, e vuole che la prima cosa che si trovi davanti siano i suoi occhi.

Nick l'ha infatti raggiunto in ospedale appena ha potuto e solo così Manuel si è lasciato visitare, solo perché l'aveva potuto costringere a controllare Simone al suo posto; non che ce ne fosse bisogno, ma lui non l'avrebbe mai lasciato solo.

Non vede l'ora di annegare di nuovo nei suoi occhi, di perdercisi, di poter affondare le mani nei suoi ricci e non vede l'ora di poterlo fare quando vuole, di poterlo amare sempre, quando desidera. Non vuole più lasciarlo, nemmeno un secondo. Ed è per questo che – quando il sonno sembra diventare impossibile da tenere a bada – sposta la sedia più vicino al letto, poggia la testa sulle sue cosce e con il braccio destro gli cinge la vita, per quanto possibile.

Solo così si concede di chiudere gli occhi, di dormire un po', per la prima volta dopo giorni.

E cade in un sonno davvero profondo, tanto profondo da non accorgersi nemmeno di Simone che si sveglia.

Il minore apre gli occhi all'improvviso, si sveglia di soprassalto, il cuore gli batte forte, una parte di sé ancora certa di trovarsi in quel lurido magazzino. Sussulta.
Poi però gli basta sentire il peso che preme sulla sua gamba destra per ritornare subito alla realtà.

La realtà è una stanza di ospedale, la realtà è Manuel che dorme su di lui. Il calore del suo corpo su di lui. La realtà è che è ormai al sicuro.

Lo vede e vorrebbe soltanto accarezzarlo, baciarlo, amarlo.

Sorride. Non riesce a smettere di sorridere.

Vuole svegliarlo, ma vuole anche lasciare che riposi, ché lo immagina che non avrà dormito.

Alla fine resta in silenzio, immobile, con la mano con le due dita ingessate lungo il corpo e l'altra – quella con l'ago per le flebo – accanto a Manuel. E si sente in pace. Ha dolori un po' ovunque, ma non ne sente neppure uno, in quel momento.

Lo osserva a lungo.
Nota i suoi capelli del tutto scompigliati, la bocca appena dischiusa con le labbra screpolate e piccoli tagli, piccoli graffi sul suo volto e la fasciatura alla sua spalla. Non l'ha mai trovato più bello di così. Muore dalla voglia di parlargli, ma decide di aspettare.

Poi però, dopo qualche minuto, cede alla tentazione. Sfiora il suo naso con un dito, poi porta tutta la mano tra i suoi ricci, ed inizia a massaggiare pigramente.

Si perde un po' a fissarne le occhiaie e gli si stringe il cuore.

Manuel sente una mano carezzargli i capelli, si muove leggermente, strofinando la guancia sul lenzuolo che ricopre Simone. Pensa di star sognando, quindi si sistema meglio e continua a dormire e Simone sente il cuore esplodergli, ché gli sembra un cucciolo di gatto che fa le fusa. Poi però insieme a quelle carezze il maggiore sente una voce.

«Manu»

Qualcuno lo sta chiamando.

«Manu, svegliati dai»

Qualcuno sta ridacchiando.

È la risata più bella del mondo.

«Manuel, dai» continua a ridere Simone, scompigliandogli i capelli, spintonandolo un po'.

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