24 Maggio
Manuel si chiede che senso abbia avuto svegliarsi ogni giorno della sua vita finora se accanto a sé non ha avuto Simone Balestra con metà faccia premuta nel cuscino, la fronte contro la sua spalla, una mano sotto la guancia e l'altra sul suo petto nudo.
Non impiega molto a pensare che vorrebbe svegliarsi così ogni giorno, tutti i giorni, che vorrebbe perdersi tra quei ricci neri come sta facendo in quel momento, con i polpastrelli che delicatamente raggiungono la pelle, che vorrebbe che quella fronte fosse la prima cosa che le sue labbra toccano ogni mattina.
È proprio con le labbra sulla sua fronte ed una mano tra i suoi capelli che lo sveglia. Con un «amore mio» che più che servire ad attirare l'attenzione dell'altro – beatamente avvolto da un piacevole sonno – è un promemoria per il suo stesso cuore che ha più volte – negli ultimi giorni – temuto di perdere, perché perdere Simone equivarrebbe un po' a perdere una parte di sé, ormai – lo sa.
«Simo» sussurra infatti delicatamente, e sta sorridendo senza nemmeno rendersene conto, senza sforzo.
Sorride sempre, da quando Simone Balestra fa parte della sua vita, e lo fa senza ragione alcuna. Una persona che si innamora, si innamora un po' anche di sé stessa. Non è affatto vera quella credenza secondo la quale non è possibile amare qualcuno se prima non si è in grado di amare sé stessi. Amare qualcuno insegna ad amare. Amare Simone ha insegnato a Manuel a volersi bene, a perdonarsi, a darsi la possibilità di sorridere senza motivo.
«Simone, dormi troppo, l'ho sempre detto io» sbuffa, spingendolo, per scuoterlo.
Solo allora Simone apre gli occhi, se li stropiccia con due pugni e lui vorrebbe morire perché non può essere così adorabile, adorabile e reale, adorabile e suo.
«Qualcuno ieri mi ha stancato troppo» biascica, mettendosi supino accanto a lui che a non ridere non ce la fa.
Ride perché la giornata precedente l'hanno passata tra letto e divano, con un piatto di pasta a pranzo semi carbonizzato perché Simone era interessato più allo chef che al cibo, ed una pizza la sera, il tutto intervallato dalla stessa attività a cui si erano dedicati una volta giunti a casa.
«Non me ricordo che te dispiaceva, o forse non sentivo le lamentele?»
Fa una breve pausa, Simone ormai ride con lui.
«Ah forse è che eri troppo impegnato a grida' Manuel Manuel Man-»
Viene interrotto da un cuscino che gli arriva direttamente al centro della faccia.
«Stronzo» sente; è la voce più bella del mondo.
Lo sposta, con fronte corrugata ed un'aria di sfida «vuoi fa' la lotta co' i cuscini Simò?» domanda.
«No, per favore, ho sonno» si lamenta il minore e lui è tentato dal dare comunque inizio ad una specie di lotta che finirebbe in baci e carezze, ma gli sembra davvero stanco, così sceglie di poggiarsi alla testiera del letto e di tirarselo addosso, facendolo posizionare tra le sue gambe, il petto contro la sua schiena, le labbra tra i suoi capelli.
«Dormi se vuoi, ti amo» dice, serio, mentre con le mani gli accarezza i fianchi, sotto la fasciatura.
L'unica risposta che riceve è una carezza sulla mano. Pensa, dopo qualche minuto, che Simone dorma davvero, ma quest'ultimo parla.
«Vorrei restare così per sempre, non dover tornare a lavoro, non doverti lasciare, non-» sospira. «Sono patetico, e stupido, lo so» borbotta, sbuffando
«Se sei stupido te allora so' stupido anch'io, perché penso esattamente le stesse cose» sorride Manuel, e lo fa vicino al suo orecchio, dove poi lascia un bacio.
STAI LEGGENDO
Classified
FanfictionAU ― Simone è il giovane CEO di una multinazionale di New York, inizia a ricevere delle minacce dopo aver iniziato a collaborare con l'NSA. Manuel è un ex agente federale che cerca lavoro come bodyguard.