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Ripulire le ferite di Simone e cambiare la fasciatura è diventato il momento preferito della giornata di Manuel perché ha la possibilità di accarezzarlo tutto, di sentire la sua pelle sotto le sue dita, di regalarsi l'illusione di un abbraccio quando spalma la crema sui lividi che deturpano la pelle chiara del suo busto.

E poi ha preso l'abitudine di lasciare sempre un bacio sulla spalla di Simone e nonostante voglia veder sparire ogni graffio al più presto possibile, in quei momenti della giornata si sente vivo. Con la pelle di Simone sotto le mani, sotto le sue labbra sente di vivere, per la prima volta dopo tanto tempo.

2 Maggio

È domenica e ha appena finito di fasciare il busto di Simone. Lo osserva, nota l'espressione stanca, triste, angosciata che cerca sempre di nascondere quando si guardano negli occhi.

È di spalle quando glielo dice, sta sistemando le garze, chiudendo il barattolo della crema.

«Non devi fingere con me»

Il tono è basso, insicuro, come se volesse dargli la possibilità di fingere di non aver sentito ed ignorarlo.

L'intero sabato l'hanno trascorso separati, praticamente ognuno rintanato nella propria stanza, incrociandosi appena per pranzo e cena, determinati a non sfiorarsi, nonostante i loro cuori non chiedessero altro.

Manuel avrebbe voluto stringerlo, assicurargli che tutto sarebbe andato per il verso giusto alla fine, che non l'avrebbe mai più perso di vista. Forse gliel'avrebbe perfino detto.

Tell him.

Simone avrebbe voluto il calore di un abbraccio, del suo abbraccio.

«Non ce la faccio più» confessa Simone, accettando l'invito di Manuel, che resta di spalle, forse per garantirgli una certa privacy.

«Facciamo qualcosa che ti fa stare bene» propone, senza rifletterci, soltanto perché far stare bene Simone è il suo unico obiettivo da giorni.

«Chiamiamo Jacopo?» aggiunge, voltandosi.

«Si accorgerebbe della mia faccia Manuel, ti pare

Il minore si accorge solo dopo di essere stato troppo brusco, il tono di voce aspro, scivolatogli via in un momento di debolezza.

«S-scusa» sussurra allora, quando Manuel non ha ancora proferito parola.

«Ce l'hai un cibo preferito?» chiede quest'ultimo, ignorando del tutto quella specie di sfuriata.

Simone infatti lo guarda stranito. «Pizza» borbotta e Manuel gli regala un sorriso sghembo.

«E ce l'hai un film preferito?»
«L'attimo fuggente»

Manuel per un attimo sembra riflettere, poi sparisce dalla sua visuale. Ritorna dopo un quarto d'ora.

«Le pizze arrivano alle otto, ho noleggiato il film su Amazon» gli comunica, poi gli porge una mano che lui, titubante, afferra.

Lo trascina fino alla cucina – soggiorno, poi con la coda dell'occhio scorge Alexa sul davanzale della cucina e ha un'idea.

«Ti piace ballare Simò?» esclama, con lo sguardo fisso su quell'oggetto e la mano di Simone ancora ben salda nella sua, alle sue spalle.

Quando si volta lo sguardo del minore è così perso che gli ricorda quello che aveva intravisto la sera dell'aggressione, allora inclina un po' il capo, si mette di fronte a lui, una mano sul suo fianco e l'altra a rafforzare la presa sulla sua, «balliamo?» chiede.

Solo allora Simone sorride, «ma io non so ballare» si lamenta. È mentre si lamenta però che porta la mano libera dietro il collo di Manuel ed entrambi sanno che in quel preciso istante hanno superato il limite professionale che si erano imposti di rispettare; a nessuno importa.

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