Capitolo 6: Stolen kisses

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Quando uscì dalla porta leggermente scricchiolante del negozio, facendo risuonare la campanellina dorata che solitamente segnalava l’arrivo di un cliente si ritrovò davanti un ragazzo, poggiato contro la parete esterna del locale affianco. Dietro di lui altri ragazzi fumavano e bevevano bevande di qualsiasi tipo, chi cocktail, chi frullati.

Louis li riconobbe tutti, erano suoi compagni del corso di letteratura, «Louis, ciao. Finalmente la troietta si è degnata di uscire da questa topaia.» sgnignazzò malizioso, Brandon, uno dei ragazzi che hai aveva mandato un messaggio.

Louis era spaventato, il ragazzo aveva una figura prestante e sembrava arrabbiato.

Nell'ultimo periodo aveva imparato e reagire, ma quando si trattava di Harry credeva a qualsiasi cosa hai venisse detta, si sarebbe anche fatto uccidere per lui, era qualcosa di involontario però, non lo ha mai fatto di proposito.

Ora peró era molto intimidito e spaventato, erano quasi una decina di persone, sapeva che era pericolo affrontare persone come loro, li sentiva spesso prenderlo in giro all'università.

«Oh, il bambino ha imparato a fare la troia e ora non riesce a chiudere le gambe, guarda un po’!» rise di gusto una sua compagna di cui non ricordava nemmeno il nome. Non gli importava veramente cosa dicessero, tranne quando lo chiamavano “bambino”.

Il suo cuore prese a martellare nel petto, sentire qualcuno chiamarlo “bambino” gli comportava ancora qualche attacco di panico e ora si stava manifestando proprio uno di essi.

L'aria nei polmoni era bollente, si sentiva ustionate, l'aria mancare e la gola bruciava. Le mani tremavano impercettibilmente dietro la schiena, cercava di mantenere il respiro calmo se qualcuno l'avesse visto non si sarebbe reso conto immediatamente che stava avendo un attacco di panico.

«Non sono un bambino.» sussurrò ma fu abbastanza forte perché Erin, un ragazzo dai capelli corvini, lo sentisse. «Non lo sei? Guarda come piagnucoli, per due paroline, però quando devi succhiare cazzi non ci pensi un attimo, eh?» intimò avvicinandosi.

«Sono già il bambino di papà, n-non vostro, b-basta.», disse e mentre loro ridevano dicendo cose come “Cocco di papà!” o imitatazioni della sua voce mentre diceva “Papi! Sono il bimbo di papi!” Ridendo di gusto.

Louis trattenne le lacrime fin quando non vide un taxi, salì su di esso il prima possibile, facendosi portare a casa di Harry, intanto questo gli aveva scritto un messaggio.

Harry❤️: sei uscito da lavoro, Lou?

Il messaggio era breve, rispose frettolosamente con un “Sto arrivando.” e molto probabilmente il riccio si sarebbe preoccupato, ma al momento il panico dentro di lui non permetteva alle sue mani di tenere saldamente il telefono, potendo scrivere qualcosa di articolato.

Il taxi era caldo e accogliete, la donna che lo guidava era robusta e portava un maglione arancione, i suoi capelli erano lunghi e lisci, di un biondo caldo. Era molto bella, le sue mani paffute impugnavano il volante, girandolo e subito dopo, la sinistra si posava sul cambio.

In pochissimo tempo si ritrovò davanti casa del maggiore. «Grazie.» disse porgendo delle banconote alla donna sulla quarantina alla guida del taxi. «Prego ragazzino, buona giornata.» esultò lei affando i soldi. «A lei.» sussurrò mentre ella se ne andava.

Rimase qualche secondo a rimuginare sulla porta d'ingresso. Portava un gonna in vinile nera, con sopra un corsetto bianco che lasciava le clavicole scoperte. Era un po’ monotono solitamente, gli piacevano i colori pastello, così indossava praticamente solo questi, fatta eccezione per quel giorno. Ai piedi un paio di anfibi bianchi con i lacci neri e un paio di collant del medesimo colore.

Innocent || L.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora