11.

2K 161 206
                                        

Vi sono persone nel mondo considerate perfette.

Un semplice sguardo, e rapiscono.

Queste possiedono bellezza, abilità, puro talento, un incantevole sorriso e occhioni accattivanti. Non si ottiene comprendere a fondo il fulcro della loro presenza, una presenza priva di ciascun difetto. Si è talmente distanti da determinata gente, tanto da giungere ad una lineare conclusione;
i perfetti non sono accerchiati da problemi, e la loro esistenza travalica naturalmente la tua.

Jungkook sosteneva ciò riguardo Taehyung.

L'inferiorità era una cosa.

E Jungkook era sinonimo di semplicità; indossava lo stesso cappotto per un'intera settimana, guadagnava un salario minimo, i suoi capelli erano costantemente arruffati, disponeva di un atteggiamento genuino. Ogni dettaglio a lui correlato risultava... ordinario.

Il castano aveva trascorso ventitré anni della sua vita sentendosi ordinario.

Taehyung, invece, non era per nulla ordinario.

Lui era splendido; grondava di lusso, ricchezza, trasudava una sorta di aristocrazia, che ti induceva a bramare di voler divenire come lui e, al contempo, di voler stare con qualcuno come lui. Aveva spalle ampie, il capo sempre dritto, era alto di statura e, persino, sicuro di sé. Utilizzava vocaboli raffinati, dolci, i quali rotolavano fluentemente sulla sua lingua. Era come una celestiale divinità, come se si trovasse al disopra di chiunque altro... perfetto, appunto.

Le sue caratteristiche atterrivano Jungkook.

Ma, in quel preciso attimo, mentre questi scrutava attraverso la porta in legno, osservando l'uomo dalle ciocche d'oro sdraiato, con le palpebre serrate, apparendo piccolo e fragile, la sua percezione s'era capovolta.

Veronica discuteva ─ all'interno della stanza ─ con alcuni specialisti. Si mostrava stracolma di paura, le sue pupille dilatate. Jungkook sperava che le condizioni di Taehyung non fossero gravi. Rosie aveva abbandonato l'ospedale mezz'ora addietro, poiché avrebbe dovuto lavorare presto l'indomani mattina e, dunque, riposare. Al contrario, il minore aveva prediletto rimanere lì, accantonando quel suo sentore di spossatezza.

In quel momento, Taehyung aveva per lui una maggiore importanza.

«La ringrazio...» proferì gentilmente Veronica, superando poi l'uscio ed individuando la figura di Jungkook, che pareva estremamente agitato «Per quale motivo sei ancora qui?»

«Vorrei solo sapere se sta bene...» replicò Jungkook, il quale notò la donna accendere una sigaretta, il fumo che si librò dai suoi boccioli pressoché tinti.

«Mh...» borbottò Veronica, meno tesa del solito. Sembrava nervosa, e Jungkook mai l'aveva incrociata nervosa prima d'allora... a suo parere, anche lei rientrava nella categoria dei perfetti «Per fortuna, non s'è trattato di un infarto.»

«Cos'è stato?» le domandò il giovane, Veronica che liberò un sospiro.

«Un misero attacco di panico, così... sciocco.» brontolò, afferrando una seconda sigaretta «Avevo paura si fosse fatto del male, o qualcosa di decisamente peggio. Ma, sono unicamente le sue stupide ed imprevedibili ansie.» concluse, distanziandosi in un lampo.

«Attacco di panico? Perché? Taehyung è─» Jungkook si arrestò, Veronica che ridacchiò, assestando i suoi ciuffetti scuri.

«Se dovesse svegliarsi, chiamami pure.»

Jungkook la vide allontanarsi, accomodandosi successivamente su uno dei posti fuori, sino a quando un'infermiera non gli passò dinnanzi.

«Ti converrebbe rincasare, caro. Questo non è un luogo adatto per trascorrere la notte!»

Somebody To Love [TaeKook]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora