Capitolo 3

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Non si trattava di guarire il fisico, purtroppo.
Sivade lo sapeva fin troppo bene.

Le sue ferite non erano che la conseguenza ad un errore commesso di proposito.
Un errore che non gli sarebbe mai stato perdonato, nell'eventualità che fosse tornato a casa in quello stato pietoso.
Le ferite si chiusero d'improvviso e con esse sparì anche la corona di spine che portava in testa.

Sollevò il capo, come per guardare il viso della donna che aveva contribuito a quella rapida guarigione, ma i suoi occhi erano ancora velati da quella nebbia bianca.
A volte, si diceva spesso il ragazzo "Occhio non vede, cuore non duole".

Crystal, posato al muro, altro non faceva che osservare il tutto con la massima attenzione, girando e rigirando fra le sue mani affusolate la clessidra d'argento che si portava sempre appresso.

Una volta resosi conto della scomparsa delle ferite sulla fragile pelle di Sivade, scostò rapidamente il suo sguardo dedicandosi interamente alla cosa più importante che possedeva alla cosa che gli sarebbe sempre stata fedele, dell'unica cosa di cui sapeva potersi fidare completamente. Colui che sempre sarebbe stato al suo fianco.

Cercò di ridurre, al limite del possibile, l'uso dei poteri che egli gli offriva, regalando tutto sé stesso a quella donna che era riuscita a curare un suo compagno. Allungò, ancora una volta, la vita di Merrick come aveva promesso.

Dopo quei minuti di tensione, i tre erano usciti da quella casa dai toni cupi.
Oltrepassando la porta d'entrata per uscire alla luce del sole, San non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo.

Se davvero Crystal era stanco quanto sembrava, era il caso che per la notte si fermassero in città, almeno per il tempo necessario a rimuovere quella momentanea debolezza dallo sguardo del moro.
La bimba si guardò attorno, alla ricerca di un'insegna di un'osteria, un ostello o qualsiasi luogo in cui potessero fermarsi e riscaldarsi.

« San, San...Portaci ad ovest delle mura.» disse di colpo Sivade, rimasto in silenzio fin da quando erano entrati in città.
Sentire quella voce la fece sussultare: era una voce morbida, dolce, ma aveva uno strano tono di rimprovero ogni volta la sentiva rivolta a lei, quasi le stesse ordinando le cose invece che chiederle per favore e Sivade non sembrava volerle dare chiarimenti a riguardo, se ne stava lì, con le mani in tasca, di fianco a Crystal.

Un ragazzo dai capelli neri e uno dai capelli bianchi.
Due mondi opposti a confronto.
Il moro alzò gli occhi al cielo. Nuvoloso come sempre, quando egli si permetteva di uscire allo scoperto, fuori dalle mura di una qualsiasi dimora che fosse in grado di accoglierlo.

Sospirò, indicando ai due di seguirlo, ignorando ciò che era stato chiesto a San di fare. « Di qua.» disse secco, accennando con il capo ad un ostello poco vicino.

Accedervi sarebbe stato un problema e sperò con tutto sé stesso che qualcuno lo invitasse ad entrare, senza far troppe domande.
In caso contrario...Si sarebbe rivolto alla sua unica fonte di salvezza.

Sbuffò, odiando tutto sé stesso per essere sempre dipendente dagli altri, attendendo che qualcuno aprisse la porta.
Prima o poi avrebbero finito per scoprire quello che cercava in tutti i modi di tener segreto.
Contrariato, Sivade tirò una gomitata a Crystal, borbottando qualche parola che San non riuscì a capire. Cosa che con suo fratello capitava spesso, visto che borbottare era una specie di hobby per lui.

La bambina entrò, aprendo la porta con una spinta di entrambe le mani, vennero così colpiti dal vociare degli avventori, dalla luce calda del fuoco nel camino, dal profumo del pane fragrante e della carne appena messa sul braciere.
Sivade diede una spintarella a San, obbligandola ad entrare « Su su, compagni, vi invito in questo luogo caruccio a mie spese!» cantilenò, l'umore apparentemente opposto a quello di qualche minuto prima.

𝑨 𝑫𝒂𝒓𝒌 𝑩𝒐𝒏𝒅 𝒐𝒇 𝑩𝒍𝒐𝒐𝒅Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora