Capitolo 16

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Sivade non sapeva perché se n’era andato.
In realtà, si sentiva incapace di ragionare, sentendo quei discorsi privi di senso.

Alla sola idea che Ixal cercasse di prendersi Crystal, qualcosa si muoveva dentro di lui: un desiderio sempre più bruciante di svanire nel nulla e dimenticare tutto.

Percorse il corridoio buio in tutta la sua lunghezza.
Alle pareti, quadri d’ambienti irreali, di città con strane costruzioni in metallo, statue che occupavano un’intera isola davanti ad una metropoli. Sembravano foto d’altri tempi, forse già passati, forse prossimi a venire.

Si diresse verso l’ultima porta del corridoio, aprendola dopo un sospiro d’esitazione.
Subito, gli saltò in braccio San, che aveva atteso con ansia il ritorno di quello che ancora credeva suo fratello.

Abbracciandola con dolcezza, Sivade alzò lo sguardo su gli altri presenti nella stanza: Goito, con nuovi abiti più consoni, e un gatto nero dagli splendidi occhi verdi, che lo guardavano con attenzione.

« Ciao, Heloim…» salutò Sivade con un sorriso tirato.

« Si.» fu l’unica risposta, seccata, del felino.

« Improvvisamente mi sembra che tu sia molto restio a vedermi..» osservò il moro, chiudendosi la porta alle spalle.

«Si.» ribattè l’altro con aria annoiata, muovendo di qua e di là la coda.

Il mago si ritrovò a sorridere mestamente, per poi sedersi sull’unico letto presente nella stanza, coperto di soffici coperte color ametista. Un istante dopo, vi era disteso, lo sguardo fisso al soffitto.
« Non capisco più chi sono…»

Il ragazzo dagli esili lineamenti scolpiti nell’alabastro si ritrovò ad osservare in accorto silenzio la dipartita di Sivade.

L’aveva lasciato là, da solo, in balia di quella che il mago considerava la sua insegnante. In fin dei conti non gli era stato spiegato nulla: il perché la sua presenza era stata richiesta, il perché di certi atteggiamenti ostili nei confronti di quella donna ed il perché stava per intromettersi in una situazione che, almeno lui, credeva non appartenergli.

Gli occhi dalle iridi ancora turchesi, tornarono a posarsi su quella donna seduta composta davanti a sé

«Non ho ancora avuto l’onore di chiederle personalmente il nome, sebbene mi fosse già stato riferito da altri. Credo possiate ben immaginare chi. Per forza di cose certe informazioni possono sfuggire di bocca, dopotutto» spiegò, stranamente eloquente, Tom che andava ad occupare il posto precedentemente preso da Sivade.

«Ixal De Ramutz. Maga a servizio del…» la donna trattenne un risolino «No…Maestra del signorino Sivade. Nient’altro.»  Fu una risposta alquanto incerta, ma poco le importò, in quel momento.

«Capisco, e posso chiederle...da quanto tempo?» proseguì, un sorriso innocuo stampato sulle labbra pallide e sfiziose, Tom che gli lanciò un’occhiata perplessa mentre cercava di occupare più spazio possibile sulla poltrona in pelle.

Ixal cercò di non esibire un’espressione troppo divertita: « Da quando i suoi genitori l’hanno ripudiato.» disse tranquilla, un sorriso cordiale sul volto. Le mani andarono ad unirsi sul suo grembo, come per nascondere il divertimento che la stava ricolmando.

Perché aveva chiamato Crystal?
Oh, molto semplice.
Per irritare a morte Sivade.
Per farle vedere cosa significava essere donna.

Rise, la maga, al pensiero di Sivade chiusa nel suo corpo maschile, incapace di accettare un rapporto con qualsiasi altra persona.

« Sivade non ha mai avuto buoni rapporti con nessuno, se non con le battaglie…Io ho fatto quello che potevo, naturalmente. Ma non abbiamo un buon rapporto…Colpa anche di un giovine di Amestris. » concluse annoiata.

𝑨 𝑫𝒂𝒓𝒌 𝑩𝒐𝒏𝒅 𝒐𝒇 𝑩𝒍𝒐𝒐𝒅Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora