Erano già iniziate certe carezze prima dell'avvento, del concepimento. Florian mi aveva massaggiata lì dove piovevo, in mezzo alle gambe, riuscendo a giostrare quella finale sensazione che descrive santa Teresa nella sua estasi. Successivamente era anche entrato, prima con uno, poi con due delle sue dita meravigliose, che a leccarle dopo mi lasciavano il mio sapore salato sulla lingua. Anche io lo avevo preso, il suo sesso, dritto e fervente di una costruzione che mai avrei immaginato nelle mie più fervide fantasie. Avvolgendolo tra il palmo e le dita glielo stringevo andando su e giù, concentrandomi sulla sua espressione. Guardarlo socchiudere le labbra in quel modo e corrugare la fronte bianca per via di un piacere straordinariamente simile al mio mi arricciava i folti e scuri peli pubici ancora bagnati. I nostri corpi erano la raffigurazione dell'esatto opposto; donna e uomo, sacro e profano, nemico e soldato, sud e nord, pioggia e fiamma. Però condividevamo lo stesso orgasmus, così si chiamava nella sua lingua, quel picco massimo e finale di godimento. La suora e il soldato avevano lo stesso vitreo amore lacrimato negli occhi, e la simile forza di stringersi in un abbraccio. Quella notte, la notte della penetrazione, Florian ed io provavamo a dormire nella camerata più piccola e tranquilla del mio convento in rovine. La porta era ben chiusa, ci sentivamo al sicuro lì sdraiati in terra su di una coperta di lana sporca. Gli davo le spalle combinandomi perfettamente con il suo corpo poggiato su un fianco, creando una torretta con le nostre caviglie l'una sull'altra. Florian mi accarezzò gli ispidi capelli neri respirandomi, bollente, sul collo umido di sudore.
«Ich liebe dich.» mi disse, ed io chiaramente nel mio dialetto gli domandai «Che significa?»
Lo sentì arrossire pur non vedendolo, stringendo di più la sua mano e avvertendo la sua durezza tra le natiche nonostante i suoi pantaloni spessi e la mia lunga gonna nera. Florian mi baciò una guancia, teso come se stesse morendo d'ipotermia.
«Ti amo.» bisbigliò con il suo dolce accento lontano. Io piansi ma nel buio Florian non mi vide, lasciò che le mie lacrime gli si asciugassero sui polpastrelli callosi. Le nostre mani persero il controllo molto presto andando a finire le mie sul suo sesso santissimo e le sue in mezzo alle mie cosce e nei seni giovani. Mi sembrò di essere la vergine madre tra le ali dell'arcangelo; di sicuro in quel modo era stato realmente concepito il bambino Gesù. Fu come un tramonto, naturale, meccanico e meraviglioso ogni volta. Avvertì dolore, Florian si premurò tanto che volle smettere, ma io gli chiesi, lo pregai come la Maddalena ai piedi della croce, di non fermarsi. Ero nata per quello, non potevo rimanere vuota proprio in quello spazio creato dal grembo di mia madre per lui. Quando entrò completamente mi sembrò di essere toccata dalla sua punta fino all'anima. Non volevo che finisse, lo guardavo sopra di me riconoscendo i tratti del suo viso magro persino attraverso l'oscurità. Lo vedevo grazie al suo profumo e ai suoi respiri affannati. Se si fosse spinto ancora più in fondo sarebbe arrivato a premere contro il mio cuore in tempesta.
«Ti amo, ti amo spaventosamente.» gli sussurrai all'orecchio abbracciata al suo collo mentre le mie gambe provavano a divaricarsi oltre le loro possibilità per accoglierlo meglio. Florian mi baciò sulla bocca e poi continuò la nostra opera tra altri mille ti amo e spinte di godimento. Il suo squisito seme si riversò dentro al mio utero ed io non ebbi paura alcuna. Avrei voluto stesse per sempre dentro il mio sangue.

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Amor sacro
PoesiaSei storie d'amore uniche ed improbabili raccontate in poesia, ognuna suddivisa in trentatré capitoli, come gli anni di Cristo. Ogni protagonista verseggia la propria passione spirituale e carnale, resa peccato dalla costante presenza di Dio. Padre...