15 ~ Ferie 2.0

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Alla fine, ero persino riuscito a organizzare un incontro con Vale.

Certo, ci aveva remato contro persino il meteo e, fino alla sera prima del giorno in cui avevamo programmato di vederci, le previsioni avevano dato ancora tempeste, uragani, diluvio universale in arrivo.

Ma io mi ero incaponito.

Volevo abbronzarmi 2.0.

Volevo andare al mare per principio, tanto che ero arrivato persino a prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di andarci da solo.

Al massimo, invece di alzarmi e buttarmi in acqua, mi resto sdraiato a prenderla, l'acqua. Quando smetterà di piovere mi asciugherò.

E se sarà troppo forte la pioggia?

Avrò l'ombrellone per ripararmi.

Evidentemente, le mie risposte avevano convinto Vale, tant'è che mi trovavo alla stazione, in tenuta da mare, in attesa del treno in cui avevo appuntamento con lei e il suo compagno. E un cielo terso, caldo, promettente ustione, mi faceva da sfondo.

Mi sentivo nervoso. Teso. Era passato davvero tanto tempo dall'ultima volta in cui avevo incontrato Vale. Più di un anno. Avevamo litigato nei mesi che ci eravamo lasciati alle spalle. Io ero stato freddo con lei, lei aveva avuto i suoi problemi e si era allontanata progressivamente da me. L'avevo sentito proprio come uno strappo, quell'allontanamento. Vale era sempre stata una parte di me, così come lo erano le mie braccia, i miei occhi, il naso, i polmoni, il cuore.

C'erano stati periodi in cui io ero stato troppo male e avevo preso le distanze da lei – con tutti – rintanandomi nella mia bolla di dolore.

A differenza di altri, Vale non aveva mai tentato di abbattere le pareti della mia bolla. Era rimasta spesso in silenzio, in disparte, mentre magari altri cercavano di tirarmi fuori da lì con le unghie e i denti, provocandomi, in risposta, lo spasmodico desiderio di rendere la bolla qualcosa di indistruttibile, pur di non dover venire a patti precocemente con ciò che mi portavo dentro e che mi faceva così male.

Lei non c'era quando stavo male. Poteva scrivermi, sì, chiedermi come stessi tramite un misero messaggio. Non attendeva mai una mia risposta, però. Non premeva mai per ricevere risposta – a differenza di altri. E mentre gli altri, immancabilmente, finivano per stancarsi e allontanarsi davvero, proprio quando tentavo, con le mie forze, di venire fuori da quei periodi più che no, sparendo dalla mia vita, Vale restava. Vale era sempre lì anche dopo e, soprattutto, si comportava con me come se nulla fosse accaduto, come se le cose tra di noi non fossero mai cambiate di una virgola.

Vivevamo ai due capi opposti dell'Italia da otto anni, ormai, e tante cose tra di noi, invece, sentivo che erano cambiate. Quello che più temevo, però, era proprio che pure l'affetto che ci aveva sempre tenuti uniti fosse cambiato.

Salii sul treno percependo il cuore in gola. Occhi bassi, orecchie piene di suoni disturbanti: pensieri che si accavallavano dentro la testa, rendendomi confuso.

Ovviamente, quel giorno Gin non sarebbe stata con noi. Eppure viveva a Palermo, ma, ancora una volta, aveva trovato uno dei suoi impegni improrogabili pronto a impedirle di essere presente alla nostra piccola reunion.

Mi dispiaceva? No. Proprio perché, un po' come per Stefano, anche con Gin avevo già da tempo iniziato a costruire un muro, fatto di tutti quei piccoli difetti, di tutti quegli episodi insignificanti, a cui mai avevo dato peso, ma che mi avevano sempre dato fastidio, e che avevo sempre ignorato... fino a poco tempo prima, quando, appunto, di tutti quei tasselli ne avevo fatto un muro.

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