Ho bisogno di certezze.
Affermare che mi si fosse mozzato il respiro, fermato il cuore, mentre il panico mi seppelliva totalmente come un peso insopportabile, schiacciandomi al suolo, intorpidendomi arti e mente, ... temo che sarebbe stato riduttivo. -Di che cosa parli?-
-In generale- disse, senza guardarmi in viso, continuando a fissare il cielo triste che ci sovrastava.
O forse ero io a sentirmi triste.
-Ti devo scippare le parole con le pinze?- sorrise e scosse la testa. -Io sono logorroico e tu loquace come un pesce-
-I pesci parlano tra di loro, sei tu che non li capisci...-
-Sono io che non ti capisco?- lo interruppi e incrociai le braccia sul petto.
Mi stavo chiudendo di nuovo, stavo di nuovo prendendo le distanze da lui. Stefano si stava aprendo a me – forse, finalmente! – e io stavo già scappando.
Ma che cazzo di problemi ho?
-Non ho detto questo- e sedette sul basso muretto che circondava i giardinetti davanti cui eravamo arrivati, senza rendercene conto.
C'erano un paio di persone con i loro cani a passeggio, una coppietta occupava una panchina, un gruppo di ragazzi stazionava sotto la statua al centro dei giardini. Gente distante da noi, ma in quel momento non mi sarebbe importato neanche se fossero stati a un palmo di naso da noi due. Mi sentivo ribollire di parole, rabbia, frustrazione.
Io. Immagina come deve sentirsi lui che ha a che fare con te ormai da mesi. Sospirai. -Spiegami, per favore- dissi, tentando di rendere il mio tono di voce più morbido, meno bellicoso.
-C'è poco da... spiegare- sbottò agitato, sbuffando una copiosa nuvoletta di fumo. -Sono cose che mi tengo dentro da sempre e che si riflettono in ogni aspetto della mia vita di oggi-
Sedetti al suo fianco e cercai di instaurare un contatto visivo con lui, senza riuscirci. I lunghi capelli gli ricadevano sciolti intorno al viso e celavano parte del suo profilo, impedendomi di leggere in pieno il senso della sua espressione. -Che genere di cose?-
-Rapporti andati in frantumi- mormorò e spense la sigaretta gettandola per terra, schiacciandola con insistenza con la punta di una scarpa.
-Parli dei tuoi?-
Non volevo farlo sentire sotto esame, braccato. Per dirmi quelle cose, di sua spontanea volontà, probabilmente era arrivato a un punto di insopportazione tale da sentirsi scoppiare. E stava scoppiando davanti a me.
-No... cioè. Di mio padre, non di mia madre. Mia madre mi ha sempre voluto bene-
-Credevo che anche lei...- ma non conclusi la frase per evitare di "rinfacciargli" a voce parole che conosceva già benissimo.
-No. Solo che... beh, è sua moglie. Non è solo mia madre. Ogni tanto, all'inizio, ci sentivamo pure, ci scambiavamo messaggi. Non mi piaceva tenerla nel mezzo di questa situazione e ho smesso di risponderle-
-Uhm- non ero d'accordo con il suo agire, anche se era esattamente lo stesso modo con cui ero solito chiudere rapporti con persone che mi facevano male.
Eravamo molto simili, anzi, stavo scoprendo che – forse – da questo punto di vista, eravamo proprio uguali, come due facce della stessa medaglia. Ciò che mi teneva in disaccordo era che, dall'altra parte di questo rapporto poco sano, ci fosse stata sua madre. Non so se io avrei agito allo stesso modo, tagliando fuori mia madre dalla mia vita, perché la moglie di un uomo che non mi accettava.
-Ci sono persone che non dovrebbero mai diventare genitori- disse Stefano e io trasalii.
-Parli di tua madre o di tuo padre?-
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CI SONO ANCH'IO
RomanceClaudio lavora in un bar e vive questo suo lavoro come se, ogni giorno, si trovasse incastrato all'interno di una sitcom. Sempre a contatto con gente strana - normale, ma strana forte. Alle prese con le avventure che la vita di tutti i giorni rise...