16 ~ Coincidenze

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-Ti voglio bene lo stesso, lo sapevo già-

Il segreto di Pulcinella.
Avevo davvero vissuto la mia personalissima intimità come qualcosa di saputo già.
Qualcosa di scontato.

Fissavo la marea di ombrelloni blu che coprivano la mia testa, quella di Vale ed Ettore, degli altri vacanzieri, sormontati da un cielo celeste, un blu sbiadito, ma miliardi di volte più intenso. E il sole, caldo e accecante, a riflettere in piccoli petali di luce sulla superficie dell'acqua. La risacca del mare mi riempiva le orecchie con il suono cadenzato della sua inconfondibile melodia.

Non provavo un senso di pace così profondo da mesi.

Sì, avevo vissuto la mia vita dando per scontato qualcosa che scontato non lo era per niente. Sempre vincolato dalle apparenze, costretto in gabbie dorate, all'interno di buoni pensieri limitanti e soffocanti. Da quando avevo iniziato a vivere seguendo i miei stessi impulsi?

Non ho ancora iniziato.

Ed era vero. Non ero ancora del tutto libero per tante piccole e grandi cose di me, ma stavo cominciando a sentirmi più leggero.

Ed era bello sentirsi leggeri.

-Sai che, rispetto allo scorso anno, sei proprio luminoso? Hai gli occhi luminosi-

Mi girai di scatto verso Ettore e lo sorpresi a fissarmi. Di colpo mi sentii in imbarazzo e sorrisi. -Luminoso come una lampadina-

Ricambiò il mio sorriso, distendendo appena le labbra, e nei suoi occhi intravidi diverse parole non dette. Un silenzio carico di cose che, potevo persino intuire il perché, stesse preferendo non dire.

Aveva letto il mio imbarazzo?
Sicuro, ero certo che trasudasse da ogni poro della mia pelle, dalla mia espressione, dai gesti brevi e nervosi delle mani, della bocca. Mi conoscevo abbastanza da sapere di non essere in grado di modulare una mimica che celasse quello che provavo in un determinato momento. Almeno, non al cento percento – ma neanche al venti percento.

Scrollai le spalle e avvicinai la sigaretta alle labbra.

-Ma quello per chi si sta sbracciando?- domandò Vale, abbassando gli occhiali da sole sulla radice del naso.

Ettore si portò le ginocchia al petto, cercando di togliersi un po' di sabbia dalle gambe, spazzolandosi con le mani. -Forse cerca di attirare l'attenzione di qualche amico-

-O imita un gabbiano-

-Ma chi?- le domandai e Vale indicò un punto imprecisato dietro di me con un cenno del capo. Mi girai e mi ci volle un po' per individuare tra la folla il Gabbiano in cerca di amici. -Il tipo in bermuda verde militare?-

-Sì, sta venendo da questa parte-

Mi schermai gli occhi con una mano, cercando di mitigare la violenza del sole che riusciva a darmi fastidio anche attraverso le lenti scure degli occhiali da sole che indossavo. Ero un vampiro dentro: volevo abbronzarmi, sì, ma il sole mi dava davvero fastidio, dannazione. Continuavo a essere allergico al sole!

Poi focalizzai: mi ci volle qualche secondo per leggere con chiarezza i suoi lineamenti, i capelli lunghi, bagnati, che gli ricadevano sulle spalle ampie.

-Claudio!-

Trasalii, rimbalzando sulla sdraio e, senza riflettere, mi mossi sulla seduta, pronto alla fuga.

-Ma chiama te?- chiese Ettore e io mi pietrificai sul posto, senza avere il coraggio di voltarmi nella sua direzione.

Forse si trattava di un miraggio collettivo.

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