30 ~ Tu sei Stefano

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Le temperature avevano cominciato ad abbassarsi in maniera progressiva. La città si era vestita di luminarie, alberi natalizi, colori e profumi che assicuravano che sì, il periodo dell'anno che più preferivo era già in arrivo. Si respirava forte l'attesa che precede sempre il Natale, un calore che cozzava con il freddo dei pomeriggi che si chiudevano troppo presto, a causa del tramonto precoce del sole. Durante le ore del mattino avevo ancora di cui lamentarmi: sudavo durante i domicili. Però poi calava la sera, si spegneva il sole, si accendevano le luminarie, la gente cominciava a maledire il freddo, a lamentarsi di amici e parenti in previsione delle riunioni tutti intorno allo stesso tavolo, per le feste. E c'era chi, invece, pareva scoppiare di gioia in previsione di un viaggio, di una nuova avventura. Chi si sentiva fortunato all'idea di non avere programmi per le feste, se non quello di dormire.

Poi c'ero io, che avevo già montato l'albero di Natale – ovviamente –, che cantavo jingles natalizi da agosto, e che sorridevo come un idiota fissando il cielo plumbeo di inizio dicembre. La mia vita emotiva restava il solito casino privo di equilibri, ma stava arrivando il Natale! Ero incontenibile dalla gioia. Mi sentivo persino più in salute, nonostante fossi costantemente raffreddato.

E Stefano mi aveva "copiato" pure in quello. Starnutì e corsi a passargli un fazzoletto, prima che lui recuperasse i propri – dopotutto, avevo decine di fazzoletti in debito con lui da dovergli "restituire".

-Grazie- borbottò rivolgendomi un'occhiataccia.

Risi. -Te l'avevo detto-

-No, io te l'avevo detto che, se mi fossi raffreddato, avrei saputo chi incolpare-

-E io ti avevo detto che sarebbe stata comunque colpa tua, se ti avessi contagiato, visto che mi vuoi sempre sbaciucchiare-

Stefano allungò una mano oltre il banco, stringendomi le labbra, per poi portarsi la mano davanti le proprie, depositandovi un bacio. -Colpa delle tue labbra, dannazione-

-Ora mi copi le battute?- chiesi con voce tremante, sentendomi arrossire.

-Mio Dio, mi sta venendo una carie- borbottò Romina, continuando a farcire panini da mettere in esposizione in vetrina.

Roteai gli occhi e non le risposi. Ero certo che se avessi aperto bocca ne sarebbe uscito qualcosa di poco piacevole nei suoi confronti. E non volevo litigare non lei. Non mi piaceva litigare con nessuno, tendevo ad allontanarmi e anche se mi dispiaceva, sentivo che, da un po' di tempo, stavo iniziando ad allontanarmi da lei, dalle sue frecciatine e dai suoi monologhi.

-Non sei già piena di carie dopo tutte le moine che ti scambi con Marco?- le domandò Stefano.

Fausto, che fino a quel momento ci aveva dato le spalle, fissando la strada, si girò brevemente verso di noi, rivolgendogli uno sguardo compiaciuto, per poi tornare a guardare fuori.

Romina sbuffò. -Marco non è tipo da certe... moine. È più un tipo concreto-

-A me piacciono. Mi piace coccolare la persona che ho accanto- ribatté lui e io iniziai ad agitarmi.

Percepii sentore di discussione, pericolo, tensione. Tutte cose che mi trasmettevano ansia e che mi facevano agire di impulso – sempre nel peggiore dei modi. Mi imposi di non mettermi in mezzo tra di loro – in due contavano quasi settant'anni, non avevano di certo bisogno di una balia. Mi mossi dietro al banco, tentando di impegnarmi in qualsiasi cosa, nella speranza di distrarmi dal loro possibile battibecco.

Era il tono di entrambi a spaventarmi. Non mi piaceva. Sicuramente ne avrei dette di tutti i colori a Stefano non appena ne avessi avuto la possibilità, ma in quel momento volevo solo fuggire via da quella situazione imbarazzante. E sapevo pure che ne avrei discusso con Stefano e non con Romina perché a lui tenevo più che a lei.

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