❈5. 𝑼𝒏𝒂 𝒄𝒐𝒍𝒍𝒂𝒃𝒐𝒓𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒊𝒏𝒅𝒆𝒔𝒊𝒅𝒆𝒓𝒂𝒕𝒂❈

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Third person pov

Seoul, Corea del Sud - Limousine dei Black Blood

Anche i Black Blood, che erano riusciti ad uscire dal casinó in tempo, erano sulla via del ritorno.

«Minho, sei irritato?» chiese Chan, guardando il diretto interessato che continuava a muovere il piede su è giù.

«Ma secondo te?! Chi cazzo era quello che ha sparato al mio, e ripeto MIO obiettivo?»

«Minho, calmati. Siamo confusi tanto quanto te» provó a dire Hyunjin che al momento era al volante.

«Come se non bastasse questo coglione continua a piangere e giuro che mi sta facendo saltare tutti i nervi»

«Approposito. Che ne facciamo di lui e degli altri due?» domandó Changbin, questa volta.

Sul volto di Minho si formò un ghigno malvagio e poi rispose.

«A casa. Nella Black Room»

La casa di Lee Minho, appartenente anche al resto della Gang, era una grande villa, poco distrante dal covo, in una zona periferica lontanta dal centro. Più precisamente si trovava a Cheongdam, che è un quartiere nel distretto di Gangnam.
L'area è meglio conosciuta come un quartiere benestante, popolato da un numero sproporzionatamente elevato di persone ad alto reddito. Gli immobili più costosi del paese si trovavano principalmente lí e sicuramente la villa dell'assassino non era da meno.

La Black Room, invece, era una delle tante stanze della casa. Tinta interamente di nero: dai muri, al pavimento fino al soffitto, era perfetta per svolgere uno dei loro più grandi misfatti.
Era molto grande e poteva possedere una o più sedie, in base al numero di vittime. Questo per poterle legare e immobilizzare.

«Capisco... La stanza delle torture» disse Changbin leggermente divertito.

«Certo. Per chi mi hai preso?»

A tutta la Gang piaceva praticare la tortura sulla maggior parte dei loro ostaggi, ma preferivano sicuramente quella di tipo psicologica, anziché fisica.
Infatti, prima di iniziare dal punto di vista pratico, raccoglievano informazioni su di loro per poterli colpire nei punti più deboli.

L'uomo, ancora imbavagliato, a sentire la definizione "stanza delle torture", spalancò gli occhi. Tutto ciò volto a scoppiare in un pianto disperato, poco dopo.

Non aveva via di scampo. C'erano dei reati per niente graditi, nemmeno dai criminali e sicuramente quell'uomo ne aveva commessi molteplici. Come anche gli altri due ancora tramortiti e senza coscienza.

Cheongdam, Seoul - Villa di Lee Minho

Minho aveva legato tutte e tre le sue vittime alle sedie all'interno della Black Room: la stanza della tortura psicologica.
Quella della tortura fisica era semplicemente il seminterrato.

Intanto i due che non si erano ancora svegliati, non presentavano alcun segno di vita.

«Che disdetta, Changbin deve aver tramortito proprio per bene i tuoi amichetti. Sembrano morti, non trovi? -chiese Minho con un sorriso poco rassicurante. L'unico dei tre cosciente mugugnó, visto che era imbavagliato, in risposta per la paura- Come immaginavo. Vorra dire che per adesso mi divertirò con te»

Minho prese un tablet e mentre leggeva qualcosa sullo schermo, ogni tanto sussurava dei leggeri "Interessante". Poi lo posó su un tavolo vicino e inizió a camminare con calma davanti alla sua vittima che non smetteva di sudare freddo.

«Kan Chunhei... Un uomo, o meglio definire verme, di quarantadue anni... Hai avuto molto tempo per commettere quello che purtroppo ho dovuto leggere -disse Minho per poi fermarsi davanti alla sua figura e posargli violentemente una mano sulla spalla mentre rideva come uno psicopatico. L'uomo sussultó- Sai a cosa mi riferisco, non è vero?»

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