MAXIDENT

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Felix fece il suo ingresso nell'ufficio del suo capo tenendo in volto un espressione più che annoiata. Era già tanto difficile sopportare una conversazione con lui dal cellulare, immagina dal vivo.

Con passo pesante s'avvicinò alla scrivania del capo sedendosi sulla sedia davanti al ragazzo e poggiando i piedi sulla superficie del tavolo. "Buonasera, Yongbok." Lo salutò con un sorrisetto bastardo il castano riportando poi gli occhi sui fogli che aveva in mano.
"Come mai mi volevi vedere?" Andò dritto al punto, per nulla intento a perdere il suo prezioso tempo.

In verità Felix sapeva come mai il suo capo l'avesse chiamato dicendogli di affrettarsi a raggiungerlo nel suo ufficio, alla fine colui che lo aveva salvato ma anche condannato si faceva capire al volo, anche con pochissime parole. Il castano alzò lo sguardo verso il corvino sogghignando. "Wooyoung mi ha detto che hai accettato." Disse. "Ma voglio sentirlo da te, dalla tua voce."
Felix sbuffò pesantemente mentre incrociava le braccia al petto e portava le sue iridi scure da un'altra parte della stanza. "Lavorerò con te." Pronunciò poco convinto ma sembrò andare bene comunque al suo capo dal sorriso che fece.

"Era quello che volevo." Il ragazzo si alzò dalla propria postazione avvicinandosi a Felix. "Vieni con me, Yongbok." Gli porse una mano aspettando che il più piccolo la prendesse e lo seguisse. Titubante, il corvino afferrò la mano del suo capo rimettendo i piedi per terra e sollevandosi all'altezza dell'altro.

Il castano sorrise ancora a Felix trascinandolo fino alla porta uscendo dall'ufficio. "Speravo che accettassi, Yongbok. Sei uno dei miei predatori più forti, non potevo mica lasciarti al livello inferiore." Condusse il minore fino ad una entrata in acciaio che si trovava alla fine del corridoio scarsamente illuminato dalle luci fioche attaccate al soffitto.

Dalla tasca sinistra della sua felpa nera prese un mazzo di chiavi cercando di seguito quella che aprisse la porta in acciaio. "Ora che lavori con me posso illustrarti il mio piano." Si girò per dare un'occhiata al corvino, lasciandogli un ennesimo sorriso prima di infilare la chiave nella serratura e aprire il varco.

[ VENOM ]

Minho mise un bicchiere pieno d'acqua sul tavolo della cucina, facendo attenzione a non farlo andare sui fogli che si trovavano lì. "Non dovresti riposare un po'?" Il viola si sedette accanto al posto del capo tavola, dove si trovava Jisung. Quest'ultimo scosse la testa alzando gli occhi dai fogli per guardare il serial killer. "È il mio lavoro." Disse con un mezzo sorriso in volto, tornando poi con l'attenzione su quello che stava facendo prima.

Era sera pur essendoci ancora un po' di luce fuori e gli unici in casa erano proprio loro due. Hyunjin era andato a risolvere una questione con chissà chi mentre Felix era a fare una passeggiata -- una grande minchiata aveva detto e questo, Jisung, l'aveva capito benissimo.

Minho poggiò la guancia sul palmo della sua mano destra osservando i fogli e le foto sparse sul tavolo in legno. I cadaveri di Soobin, Minju, Yujin e Seojoon erano dipinti in quelle fotografie colorati dal loro stesso sangue. Grida, pianti e le sirene delle auto della polizia avvicinarsi alla casa fecero tornare in mente immagini strazianti, orribili, indimenticabili. La pelle lacerata e piena di ematomi tornarono, le urla di quella donna che gli aveva rovinato tutta l'infanzia rimbombavano nelle sue orecchie. Lei non se ne era mai andata, lei era sempre rimasta accanto a lui, con il fiato sul collo. "Non avere paura." Gli diceva. "Non sono una estranea."

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