𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒗𝒆𝒏𝒕𝒊𝒕𝒓𝒆́

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- Hinata, insomma! Che diamine ti prende oggi?! -
Shoyo biascicó uno "scusa" poco sentito a Daichi e si rimise in posizione, ma serví a poco. Mancò per l'ennesima volta la palla, e il capitano lo invitò a lasciare il campo.

- Ci sta non esserci con la testa, ogni tanto - gli disse Sugawara, dopo averlo fermato all'uscita della palestra una volta finito l'allenamento. - Però credo che dovresti chiarire con Tobio -
- Io non devo... -
- Oggi siete stati pessimi. Non avevate neanche la metà della sintonia che c'è di solito, quindi è abbastanza scontato che qualcosa sia successo -
- Ma... - Sugawara lo fermò con un gesto della mano.
- Non voglio sapere che cosa. Solo che essere arrabbiati non risolve niente, pensaci ok? -

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Hinata's p.o.v.

Ci pensai.
Ma non dissi una singola parola a Tobio per altri tre giorni.
Spesso dovemmo interrompere gli allenamenti e tornare a casa, solo noi due, ma non facevamo mai la strada insieme come al solito.
Tobio a volte mi guardava come per dire qualcosa, ma alla fine rimaneva sempre in silenzio, e io non avevo intenzione di fare diversamente.

Non che non mi interessasse di lui, sia chiaro. Ma avevo una sensazione terribile da quella sera.
Mi faceva arrabbiare come avesse nascosto tutto.
Con lui io ero stato sincero.
Gli avevo raccontato di mio padre, di tutto il male che mi aveva fatto.
Avevo rivissuto l'evento più difficile della mia vita, solo per condividerlo con lui.
Come aveva potuto nascondermi una cosa così importante?

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Il giorno successivo, finito l'allenamento, qualcuno mi picchiettó sulla spalla.
- Ei Shoyo, ti aspetta al parco -
- Cos...? -
Yams non aggiunse altro.
Mi mollò un bigliettino tra le mani e corse via.
Sul piccolo pezzettino di carta erano scritte, in penna nera, solo due parole:
"Possiamo parlare?"

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Il parco di cui aveva parlato Yamaguchi si trovava vicino alla palestra. Solitamente era pieno di bambini con i rispettivi genitori, o di padroni che portavano a spasso il proprio cane, ma quel giorno non c'era quasi nessuno.
Era un parco piccolo, ma ben curato, con qualche panchina sparsa qua e là. C'erano pochi alberi, ma l'erba era morbida e di colore verde acceso, e veniva tagliata regolarmente.

Trovai Kageyama che camminava avanti e indietro accanto a un albero e sembrava che gli parlasse, come se stesse ripetendo un discorso a memoria.
Quando mi vide, si fermò e andò a sedersi sulla panchina più vicina, dove lo raggiunsi.
Era strano sedersi vicini dopo tutto quel silenzio. Quei giorni erano sembrati infiniti.
Ed era anche bello, sentire di nuovo il suo profumo vicino a me.
Aspettai che parlasse, e seppur con fatica, cominciò:
- Mi sono preparato un discorso - disse. - Ma l'ho già dimenticato -
"tipico di Kageyama" pensai.
- Lo stavi ripetendo all'albero? -
- Forse - finse di essere offeso, ma lo vidi accennare un sorriso. Nonostante tutto quel silenzio, il nostro rapporto era ancora lì, un po' ammaccato, ma c'era. Dovevamo solo dargli un'occhiata, farlo tornare come prima.

- Mi dispiace, Shoyo. Non avrei dovuto nascondertelo, non dopo tutto quello che ci siamo detti. Ma c'è un motivo, se l'ho fatto, anche se questo non mi giustifica -
Lo invitai a continuare.
- Non so se ti ricordi, ma credo di averti già accennato il fatto che non sei stato il primo a cui ho parlato di Yuki - capii che pronunciare il nome del fratello gli stava costando un bello sforzo. Lo vidi ricacciare indietro le lacrime come meglio poteva.
Annuii.
- Prima di te l'ho detto a un'altra persona. Era un mio compagno di classe, e di squadra. Un mio amico. Lo credevo tale, almeno. Per questo gli raccontai di lui. Ero convinto che avrebbe capito, che ci avrebbe almeno provato -
Tobio strinse leggermente i pugni.
- Invece si allontanò da me. Smise di parlarmi, mi ignorava in classe e scansava persino le mie alzate agli allenamenti. Cominciarono a diffondersi voci strane. Voci che dicevano che un certo Kageyama Tobio aveva un fratello segreto mezzo morto, con una malattia grave. Dicevano che era contagiosa, che anche io ce l'avevo. Temevano che potessi attaccargliela in qualche modo. Così cominciarono ad evitarmi tutti, uno dopo l'altro -
- Tobio... -
- Non durò a lungo, per fortuna, solo qualche mese. In un tentativo disperato lo raccontai ad un professore, che mi aiutò a dimostrare a più studenti possibili che quella malattia non era contagiosa in nessun modo, al massimo ereditaria, ma non era quello il caso. La verità si diffuse, così come si erano diffuse le bugie, ma non tutti ci credevano. Ad alcuni dovetti mostrare la foto della mia cartella sanitaria che feci in una delle tante visite all'ospedale.
Alla fine, come tutte le cose, passò di moda, e se ne dimenticarono abbastanza in fretta. Trovarono qualcun altro su cui sfogare le proprie insicurezze, e venni lasciato in pace. Fu quello il momento in cui decisi che non ne avrei parlato mai più con nessuno. -
- Oh Tobio, io non avevo idea che... -
- Tranquillo, non potevi saperlo - sembrava più sereno di prima, come se si fosse tolto l'ennesimo peso dal petto.
- Ti ho raccontato di mio fratello perché mi fido di te, più di chiunque altro. Ma dirti di me era... -
- Troppo difficile, lo capisco -
mi sentii improvvisamente più leggero. Quello era il Tobio che conoscevo. Il Tobio che mi era mancato.
Gli presi la mano.
- Non ti obbligo a parlarne, non lo farei mai. Scusa se sono stato superficiale -
- Non lo sei stato, è comprensibile, anche io avrei reagito così -
- Però sono contento che tu mi abbia parlato di lui, davvero. Non riesco neanche a immaginare quanto sia stato difficile per te doverlo rivivere. Quindi grazie -
- Non ringraziarmi -
- Invece ti ringrazio -
- Shoyo, no, non ringraziarmi -
- E io non ti ascolto -
- Sai che novità! -
- Cosa vorresti dire, alzatore fallito?! -
- Che non mi ascolti mai, mandarino versione XXS -
- Come hai osato chiamarmi?! -
- Mandarino XXS - ripeté, guardandomi negli occhi.
Scoppiammo a ridere.
Cavolo, quanto mi era mancata la sua risata, quanto mi era mancato tutto di lui.
Mi persi tra le sue braccia.
Gli dissi che gli volevo bene, ma avevo la testa nascosta nella sua felpa da allenamento, quindi forse non lo sentì. Non importava.
Sapevo che lo sapeva.
Sapeva che per lui
ci sarei sempre stato.
E lui per me.

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con un po' di ritardo ma sono viva :)
considerando la quantità di compiti è a dir poco un miracolo che io sia riuscita a finire di scrivere questo capitolo fjskww adoro la scuola !!

K: io la odio
H: guarda che non era mica seria!
K: e tu che ne sai?
H: io so tutto
K: quindi sai anche distinguere le fasi lunari?
H: che cosa c'entra?? a te mica riesce!
K: invece sì. quella di stasera per esempio è gibbosa crescente, domani...
H: ok ok è estremamente attraente, hai vinto!
*escono mentre tobio illustra le fasi lunari dei prossimi dieci anni e shoyo annuisce convinto*

~ artxmismoony

𝘾𝙤𝙪𝙣𝙩𝙞𝙣𝙜 𝙨𝙩𝙖𝙧𝙨 || ᵏᵃᵍᵉʰⁱⁿᵃ ♡︎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora