𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒕𝒓𝒆𝒏𝒕𝒂𝒅𝒖𝒆

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Il telefono squilló un giovedì pomeriggio.

- Pronto?
sì sono io... sì, sì esatto. Mi dica -

Ero corso giù dalle scale cercando di non farmi scoprire prima del dovuto. Mi ero fermato a metà: non troppo lontano, non troppo vicino.

- Hinata, sì... quando? come dice? -

Sentii la sua voce abbassarsi un po' dopo aver pronunciato quelle parole.

- ...certo, domani, domani va benissimo ma... non può anticiparmi niente? Giusto per avere un'idea...
mm ok... sì certo, capisco... allora a domani. Grazie, grazie mille. Arrivederci -

Il clic del telefono di casa chiuse la conversazione.

Fantastico, avrei dovuto aspettare ancora. Come se le ultime settimane non fossero state già abbastanza faticose.
In ogni caso, si stava avvicinando la fine. O l'inizio, dipendeva dai punti di vista.

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Il giorno successivo lo passai in un'ansia costante.
Sentivo i muscoli tesi, spesso mi tremavano le mani, a volte la palpebra destra. Mi limitavo a respirare lentamente contando fino a dieci. Non serviva a molto.

Fu durante uno di questi momenti che sentii mia mamma rientrare.
Quando il giorno prima aveva ricevuto quella telefonata l'avevo associata subito ad una cosa: il tribunale.
Dovevano dirle qualcosa di importante, perché era stata costretta ad andare di persona.

Il tempo di chiudere la porta ed ero già in fondo alle scale, col fiatone e gli occhi spalancati.

- Ciao tesoro, tutto... -
Le bastó guardarmi un momento per capire che avevo capito, e che volevo solo sapere ciò che lei già sapeva.

- Oh... - lanció uno sguardo sopra di me, verso la camera di Natsu. - ...andiamo un secondo di là, ti spiego tutto -

La seguii.

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Kageyama's p.o.v.

suonai il campanello un paio di volte.
Aspettai.
Suonai una terza volta, per essere sicuro.

"Non è in casa, torna dopo".
Fu mentre mi dirigevo verso il cancello che si aprì la porta.

- Tobio? -
- Oh, ei. Ciao! -
Non riuscii a decifrare subito l'espressione sul volto di Shoyo. Non l'avevo mai vista prima.
Era scosso ma sereno, i muscoli della mascella tesi come se stesse stringendo i denti. Era arrabbiato?

Esordì con un: - Se per te va bene farei una passeggiata - che più che un suggerimento sembrava un'imposizione.
Mi limitai a seguirlo senza fare domande.

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- Il processo è tra un mese -

Mi aveva colto alla sprovvista. Non era decisamente quello che mi aspettavo.

- Come...? -
- Ieri hanno chiamato mia mamma dal tribunale. Ci ha parlato oggi insieme all'avvocato. È tutto pronto. -

Non sapevo che dire. "Congratulazioni"? Era una cosa bella almeno?
Era più un'arma a doppio taglio.
Se fosse andato tutto bene Shoyo sarebbe stato libero. Avrei tanto voluto poterlo vedere così.
Se però non avesse funzionato... se il processo non avesse fatto giustizia, che ne sarebbe stato di lui? Della sua famiglia?

- Sono contento -
Mi colse alla sprovvista.
- Ho paura. Tanta. Però non voglio scappare, non più. E poi... non so, affrontarlo l'ultima volta mi ha fatto bene, in qualche modo - accompagnò l'ultima frase con un sorriso, che mi trasmise tutta la riconoscenza che provava per averlo accompagnato quel giorno.

Lo strinsi in un abbraccio e lo rassicurai ancora una volta che io ci sarei stato, fino alla fine.

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Mi preoccupai da subito quando in palestra cominciai a vedere Shoyo con lo sguardo basso.
Le sue mani gelate mi fecero salire brividi lungo tutta la schiena quando quel pomeriggio ci sfiorammo all'allenamento. Era strano, perché Hinata aveva sempre le mani molto calde.

- Tutto apposto?- Yams mi aveva preceduto.
Sul volto di Shoyo comparvero un sorriso poco convincente e due occhi più vivaci di prima, ma bastarono pochi secondi per vederli tornare stanchi e bassi di nuovo.
- Sono un po' stanco -
- Mmh... - Yams gli poggió la mano destra sulla spalla. - Quando e se te la sentirai di parlare sai dove trovarmi -
Prima di lasciarci soli mi accennò un sorriso.

- Ei -
- Ei - rispose, senza girarsi.
- Successo qualcosa?-
- No... sì -
Lo invitai a continuare.
- Si tratta del processo. L'avvocato di mia mamma ha avuto un problema familiare e non seguirà più il caso. Dobbiamo trovarne un altro. -
- COSA?? - lo dissi più forte di quanto avrei voluto. Sentii gli sguardi di tutti addosso. - ...non è possibile - aggiunsi sottovoce. - Non può. -
- A quanto pare può. Il problema è che non possiamo permettercene un altro -

Pensai a tutte le soluzioni possibili.
- Se ne chiedeste uno d'ufficio? -
- Mia mamma non vuole. Dice che c'è il rischio che non sia competente come quello di cui abbiamo bisogno. -
Cominciò a fissarsi le scarpe e a sbattere le punte dei piedi tra loro.
- ...uno lo avremmo trovato - aggiunse. - Però non... non è fattibile -
- Di che cifra stiamo parlando...? -
Shoyo esitò prima di avvicinarsi a me e sussurrarmi all'orecchio.
Non vidi la scena da fuori ma diventai sicuramente pallido.
Erano tanti soldi.
Tanti, troppi soldi.
Soldi che sicuramente non avevano.
- Ed è uno dei più economici. Mia mamma... è distrutta. Non so come aiutarla -
Gli strinsi la mano. Era ancora fredda.
- Non preoccuparti. Io... noi, troveremo una soluzione. La troveremo di sicuro -

Mi fermai a pensare per qualche secondo. Ci doveva essere un modo. Qualcosa che potevo fare. Dovevo.
Non avevo soldi. Non abbastanza, in ogni caso. Cosa potevo fare allora? Come potevo guadagnarli?
La risposta fu come un pugno nello stomaco.
Drastico ma efficace. Quello di cui avevamo bisogno.
Poteva essere un grande successo o un clamoroso fallimento. Ma potevo tentare.

Gli lasciai la mano e mi alzai.
- Fammi fare solo una telefonata. Forse ho trovato la soluzione. -

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 01 ⏰

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