𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒗𝒆𝒏𝒕𝒐𝒕𝒕𝒐

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Hinata's p.o.v.

I giorni successivi passarono veloci, forse troppo. Mi ero quasi abituato all'idea di vivere insieme a quei tre.

Mi ero abituato a dormire con Tobio, a sentire il calore del suo corpo mentre ci abbracciavamo, a parlare per ore quando gli altri dormivano.
Mi ero abituato all'odore dei pancake che preparavamo la mattina. I miei erano banana e cioccolato, quelli di Tobio miele e lamponi. Tsukki li farciva con la marmellata e Yams li riempiva di cioccolato e faceva strane composizioni con la frutta.

Dopo aver fatto colazione spesso andavamo a correre, e parlavamo del più e del meno fino a quando uno dei due (non per vantarmi, ma solitamente Tobio) non doveva fermarsi per lo sforzo. Pranzavamo tutti insieme, aiutavamo zio Ryu a fare la spesa e a preparare la cena. La sera facevano giochi da tavolo, tante (a volte troppe) partite a ping pong e occupavamo le ore rimanenti con lunghe passeggiate, che Tobio sfruttava per mostrarmi tutte le stelle che conosceva.

Anche il penultimo giorno fu così.
A pranzo io e Kageyama non avevamo avuto il tempo di cucinare niente, perché Tsukki aveva preparato gli hamburger e Yams le patatine fritte.
- A colazione fate sempre tutto voi - aveva esordito Kei.
- Spero solo sia commestibile - aveva aggiunto Yams.
- Sappiate che se vi succede qualcosa non mi assumo la responsabilità -
Yamaguchi gli mollò uno scappellotto.
- Buon appetito! -

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- Sono buonissimi, altro che commestibili! - dissi, con la bocca piena. - D'ora in poi cucinate solo voi -
- Ei, non esageriamo - aveva biascicato Tsukishima.
- Che avete intenzione di fare oggi?
Zio Ryu era appena apparso dal salotto.
- Penso faremo un salto al lago -
- È un'ottima idea! Volevo proporvelo anch'io, non potete tornare a casa senza aver visto il Lago Ryu! -
- Non chiamarlo così - minacciò Yams con la patatina ancora sospesa tra il piatto e la bocca. - Sai bene qual è il suo vero nome. Si chiama Lago Yams -
Scoppiammo tutti a ridere.
- Perché ridete? Sono serio... -
- Immagino - dissi io.
- È tutto vero - confermó Ryu.
- I pochi abitanti che stanno qua intorno hanno iniziato a chiamarlo Lago Yams dopo che Yamaguchi ha salvato un cagnolino che stava per annegare. Ma suona davvero male, quindi l'ho ribattezzato con il mio nome. Anche perché ce lo portavo io, quindi il merito è palesemente mio -
Yamaguchi sembrava particolarmente fiero del suo lago, e infilzò una patatina con la forchetta per poi puntarla verso suo zio, con fare decisamente minaccioso.
- FIGHISSIMO - li interruppi io. Con la coda dell'occhio vidi Tsukki annuire.

Dopo aver finito di mangiare, andammo a prendere le nostre cose.
- Rimarremo fino a stasera - così aveva detto Yams. - Quindi portiamo anche torce e taaanto cibo - avevo molto apprezzato, soprattutto la parte del cibo, e non me lo ero fatto ripetere due volte.

Quando arrivò l'ora di partire eravamo tutti con lo zaino in spalla, fermi a pochi metri dalla porta.
- Direi che è ora di andare,
preso tutto? -
Annuimmo, ma Yams sembrava poco convinto.
- Sappiate che se avete dimenticato qualcosa non torneremo a riprenderla, quindi ditelo ora o soffrirete in silenzio per sempre -
- Sì, mamma - esordí Tsukki. - Abbiamo preso tutto -
- Ah ah ah - gli mollò un pugno sulla spalla e uscì, seguito da Tobio.
Tsukishima guardo un attimo verso di me, abbastanza perché leggessi sulle sue labbra un "non gliel'ho ancora detto". Sperai che dalla mia espressione percepisse un "tranquillo, fallo quando te la senti". Dal suo sorriso dedussi che aveva capito.

Fuori, l'aria era piacevole.
Il sole era forte ma non fastidioso, l'erba frusciava a intervalli irregolari sulle caviglie. Inspirai, cercando di imprimere quel momento dentro di me, cercando di non dimenticare quanto fossi fortunato, nonostante tutto ciò che era successo.
- Hinata! -
mi voltai verso Tobio e gli altri, che ormai erano già in fondo alla collina. Dovevano aver visto che ero rimasto indietro.
- Che?? - urlai. - Ora scendo -
Si voltarono tutti e tre, con aria interrogativa.
- Hinata! - chiamò di nuovo la voce, ma non apparteneva a nessuno di loro.
Finalmente capii, e mi voltai.
Zio Ryu era affacciato alla porta, le mani e la testa che spuntavano dal legno scuro.
- Arrivo! - gridai.

Quando rientrai in casa l'aria ci misi qualche secondo ad abituarmi al cambio di luce.
Zio Ryu spuntò dalla cucina e mi porse qualcosa.
- L'avevi dimenticato - spiegò. - Ti stava chiamando qualcuno -
- Oddio, grazie - andare al lago senza telefono non sarebbe stata la migliore delle idee. - Grazie mille -
- Figurati, ora raggiungi gli altri.
O farete tardi. - poi, così come era arrivato, sparì in cucina.

Toccai il display.
Tre messaggi.
"Ciao tesoro"
"Come stai?"
"Com'è il tempo?"

Due chiamate perse.

E poi, tre minuti esatti dopo, altri due messaggi.
"Tesoro, chiamami"
"Per favore."

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- Mamma? -
- Shoyo! Come... -
- Va tutto benissimo! Il tempo è stupendo e la casa è davvero bellissima! Vorrei rimanere qui un'altra settimana! -
- E... -
- Ho imparato a cucinare un sacco di cose buone, appena torno a casa te le faccio tutte! -
- Tesoro... -
- Sisi, lo so. Mi sto coprendo abbastanza e sto dormendo sufficentemente, non preoccuparti -
- Tes... -
- Ok, non è proprio vero. Vado a correre un po' sbracciato. Ma non mi ammalo, giuro. E poi... -
- Hinata. -

Mi bloccai.
Hinata?
Non mi chiamava mai così.
- Sono tanto contenta per te, tesoro. Davvero tanto contenta, che tu stia bene. Ma devo dirti una cosa -
"Una cosa..."
- Non allarmarti, ok? Fammi finire di parlare, prima -
- ...ok -
La sentii fare un respiro profondo, dall'altra parte dello schermo.

- Mi hanno chiamata, dal tribunale.
Il processo inizierà a breve. -

Quella notizia fu come una lama che mi trapassava la schiena. Improvvisa, veloce, e estremamente dolorosa.
Un brivido mi attraversò il collo, lentamente, come per farsi sentire meglio. "È il momento" diceva. "La resa dei conti. Dipenderà tutto da te"

- Tesoro mio... - la voce era sottile, debole. C'era davvero mia mamma, dall'altra parte del telefono? Perché improvvisamente sembrava così lontana, così irreale.
Un "tic" raggiunse il pavimento di legno.
"Cosa...?"
Una lacrima.
"Tic",
"tic, tic".
Da quando piangevo senza accorgermene? Da quando non sentivo più la lacrima fredda scorrere sulla guancia? Forse perché ero freddo anch'io? Congelato, come se non potessi più muovermi?

- Amore, ci sei? -

Mugolai qualcosa.
- Lo so, che è difficile. Che è estremamente, e incredibilmente difficile. Lo so, sai che lo so. Ma doveva succedere, prima o poi. Ci siamo quasi tesoro, siamo quasi alla fine. Non so cosa provi tu, ma io non vedo l'ora di ricominciare, di lasciarmi tutto questo alle spalle. No, anzi, io ho bisogno di lasciarmi tutto questo alle spalle. E sono sicura che in fondo sia lo stesso anche per te -

Mugolai di nuovo.
- E c'è... c'è un'altra cosa. Piccolo mio, non sai quanto mi distrugge dirti tutto questo, perché è terribilmente ingiusto che tu debba sentirlo.
Ma non posso non farlo. -

"Cosa? Cos'altro poteva dirmi di così terribile? Cosa poteva essere peggiore di dover sputare fuori tutto il dolore che avevo seppellito mentre ero nella sua stessa stanza, circondato da decine di persone che neanche conoscevo?" E tutto questo magari per ricevere una condanna vergognosa, che non avrebbe neanche nel migliore dei casi alleviato il mio e il nostro dolore.

- Mi hanno chiamata anche dalla prigione, o qualsiasi cosa sia il posto dove lo tengono -
Un'altra lama. Era più vicina al cuore, stavolta. L'aveva sfiorato.
- Mi hanno detto che vorrebbe...
che, lui vorrebbe parlarti -

Centrato. In pieno.
L'ultima lama era riuscita a spezzarmi il cuore e l'anima nello stesso momento.
Non c'era, eppure sentii il sangue caldo che mi scivolava addosso.
Qualcuno estraeva le lame una ad una, alle mie spalle, e io crollavo.
Il mio corpo era improvvisamente pesante e inutile, destinato a sciogliersi da un momento all'altro.
Vidi il pavimento avvicinarsi.
Le lacrime erano sparite. O forse erano i miei occhi appannati che non le distinguevano più dal legno?
Una voce mi chiamava dal telefono.
Valeva la pena ascoltare?
Sembrava così faticoso, così superfluo.
Qualcosa si avvicinò, o forse qualcuno.
C'era una voce? O stavo immaginando anche quella?
L'unica cosa certa era che non sentivo più niente. Era strano, come un dolore così grande potesse sparire da un momento all'altro, come se non avesse tutta questa importanza.
Mi abbandonai ai suoni ovattati intorno a me, senza riuscire a distinguerli.
Finalmente sentii gli occhi chiudersi, e il buio mi abbracciò.

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𝘾𝙤𝙪𝙣𝙩𝙞𝙣𝙜 𝙨𝙩𝙖𝙧𝙨 || ᵏᵃᵍᵉʰⁱⁿᵃ ♡︎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora