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Chan non aveva mai avuto tanto freddo in vita sua. Nemmeno le mani, che vedeva ancora ricoperte di sangue, riuscivano, sfregandosi tra loro, ad ottenere un calore da permettergli di riscaldarsi per più di un paio di secondi.

Aveva anche più freddo di quando Hongjoong lo obbligava a 'meditare' in cima alle montagne del Nord. Avrebbe dato qualsiasi cosa per riavere indietro quel gelo accogliente che, in fondo, aveva cominciato ad apprezzare, così come apprezzava la vita alle Fucine.

Ora, a quattro giorni di distanza dall'aggressione, Chan aveva potuto toccare con mano un freddo diverso.

Primo giorno.

Il freddo delle manette di Ferro niveo gli bruciava la pelle, segava i polsi come lava bollente. Qualcuno aveva chiamato i soccorsi per fermare l'assalto, ma non erano arrivati in tempo. Seonghwa era già a terra, gonfio, in una pozza di sangue.

Secondo giorno.

Alle manette sostituirono delle catene, alle catene una cella. Lo avevano fatto evacuare in fretta e furia dalle Fucine in stato di massimo allarme, si trovava di nuovo all'Accademia militare, nel suo vecchio campo di addestramento. Ormai era un criminale a tutti gli effetti.

Terzo giorno.

Trasferirono Chan alla Capitale in una carrozza blindata per essere processato. Crimine: aggressione.

Furono le maniere di coloro che lo scortarono ad essere fredde. Riconobbe il sogno di se stesso in quelle divise e si chiese se, prima o poi, anche a lui sarebbe toccato piegarsi alla stessa freddezza.

Quarto giorno.

Non fu la spoglia aula di tribunale militare a spaventarlo, né i modi superbi del giudice che lo condannò a quattro anni di reclusione e lavori forzati. Una pena severa per un cadetto, ma non intollerabile. Se avesse contribuito con una buona condotta ne sarebbe uscito con una fedina penale che gli avrebbe impedito di provare di nuovo ad arruolarsi, ma con abbastanza dignità da chiudersi in un villaggio sperduto tra le steppe dell'Est per riprendere la sua vita in mano e cominciare davvero a fare l'allevatore o il contadino come avrebbe voluto sua madre. Tornare a casa? Il pensiero lo angosciava. Non sarebbe riuscito a guardare in faccia né il genitore né le sorelle, esattamente come durante il processo non era nemmeno riuscito a sollevare lo sguardo verso Hongjoong.

"Ero con Park Seonghwa nel momento in cui Bang Chan lo ha attaccato, ci stavamo accordando sugli ultimi dettagli per il completamento del suo pugnale. Bang Chan non sopportava che io e Park Seonghwa fossimo amici, quindi non appena l'ho visto fare irruzione ho usato i miei poteri per mimetizzarmi nelle pareti della camera. Ho ascoltato una parte della loro conversazione, ma conoscendo Bang sapevo già come sarebbe andata a finire. Non ero sicuro che sarei riuscito a fermalo, quindi sono corso a cercare degli altri soldati. Essendo l'ora di cena sono dovuto volare dal secondo al primo livello, e poi ho rifatto lo stesso percorso al contrario con le guardie che mi hanno seguito, ma quando sono tornato Seonghwa era già a terra."

Il giudice aveva disposto che anche il rosso deponesse la sua versione dei fatti in tribunale come testimone, la ninfa era quindi stata costretta a lasciare le Fucine per recarsi con una piccola scorta sino alla Capitale.

Chan, comunque, non aveva davvero bisogno di guardarlo in viso per sentir gravare sulle proprie spalle il fardello della delusione celata nelle iridi ghiacciate del fidanzato. La freddezza con cui aveva riportato l'ordine dei fatti lo spiazzava, lo faceva vergognare di se stesso.

Le guardie che aveva chiamato lo avevano steso con un paio di bastonate ben assestate sul capo, e poi era semplicemente stato trascinato via in fretta e furia. Non aveva mai potuto salutare la sua ninfa, spiegare il malinteso, scusarsi con lei, né fare lo stesso con Jaehyun, Doyoung e Taeyong.

Il quinto giorno fu quello in cui lo trasferirono nella cella che gli venne riservata nelle segrete del palazzo, un buco di due metri per due in cui stava appena appena sdraiato. Non che gli importasse dopo tutto. Trascorse la prima settimana rannicchiato su stesso in un angolo senza quasi toccare cibo né acqua, che ben volentieri cedeva ai suoi vicini di cella. Gli serviva del tempo per metabolizzare che cos'era effettivamente successo, o, meglio, che cosa lui era stato in grado di far capitare, e aveva presto compreso che cervello e stomaco non andavano molto d'accordo. Con il ventre chiuso dall'ansia, per un po' gli venne meglio nutrirsi di soli pensieri.

La predizione di Seonghwa si era rivelata corretta, se ora si trovava lontano da tutti – dalla madre, dalle sorelle, dagli amici, dal suo fidanzato – altro non era che per colpa sua. Anche Rabbia che, con un roboante falò o una timida scintilla, lo aveva sempre riscaldato, ora aveva fatto le valigie dopo aver prosciugato il suo cuore. Spesso Chan si sorprese a piangere per lei, gracchiava con disperazione accucciato in un angolo dell'umido quadrato mentre, giorno dopo giorno, faceva la conoscenza di chi, invece, era davvero tornato a trovarlo. Solitudine, imperturbabile nel suo lungo manto di solido ghiaccio e fiera nella sua immensa stazza, incombeva sudi lui con lo stesso sorriso con cui, da piccolo, Chan rapiva le mosche e staccava loro le ali, o giocava a sezionare le crisalidi prima che diventassero farfalle.


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Questo era l'ultimo capitolo ^^

Tra due giorni pubblicherò l'epilogo: come ho scritto nella descrizione, ci saranno alcuni spoiler di Fireflies, quindi vi sconsiglio di leggerlo se avete intenzione di recuperare quest'ultima. Allo stesso tempo, però, sappiate che nell'epilogo si conclude la storia di Chan e Hongjoong :)

A metà della prossima settimana pubblicherò infine un capitolo speciale che approfondisce la storia di Taeyong, Doyoung e Jaehyun. Se skippate l'epilogo, aspettate quindi ancora qualche giorno a togliere la storia dalla biblioteca ^^

Grazie a chi è arrivato a leggere fino a qui :D

-moganoix

butterflies • bang chanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora