Capitolo 29. You are my way home

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Capitolo 29. You are my way home pt1

"Look who we are. We are the dreamers"

Cadde un silenzio surreale dentro la mia stanza d'ospedale quando entrò mio padre

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Cadde un silenzio surreale dentro la mia stanza d'ospedale quando entrò mio padre. Jimin ci lasciò immediatamente da soli e con un sorriso gentile e sereno andò nella stanza di Jungkook per continuare le visite. Sinceramente non vedevo anch'io l'ora di raggiungerlo, così che potessi abbracciarlo e dirgli che era tutta la mia vita e mai più lasciarlo, solo che c'era ancora tanto tempo per andare da lui.

Il mio cuore batteva all'impazzata mentre papà si avvicinava a me, si sedette e si mise a piangere sul mio grembo. In un primo momento m'irrigidii. Non era da papà comportarsi in quella maniera, non aveva mai dimostrato i suoi sentimenti con tanta disinvoltura, eppure era lì insieme a me con le lacrime agli occhi. Da quanto tempo era così preoccupato per me? Se avessi incontrato il me del futuro, prima che accadesse tutto quel casino, e mi avesse raccontato che mio padre avrebbe pianto per le mie sorti non ci avrei mai creduto.

Fino a quel momento aveva ostentato solo rammarico per le scelte che avevo fatto, per tanto mi chiesi infatti se non fossi ancora addormentato e stessi sognando tutto. Mi sentivo strano, come se catapultato in una realtà parallela fantastica e di natura utopica, eppure il modo in cui mio padre alzò lo sguardo sul mio e mi spostò i capelli dalla fronte sudata era troppo reale per trattarsi della mia immaginazione. Sembrava ferirlo anche la sola azione di guardarmi negli occhi, quasi temesse di non averne alcun diritto e che potessi urlarglielo in faccia da un momento all'altro, ma la mia bocca rimase chiusa.

Avevo aspettato quel momento da troppo tempo per lasciarmi sfuggire di mano l'occasione ti chiarire con lui. In fin dei conti non era mai stata mia intenzione diventare un estraneo, ma i suoi atteggiamenti erano diventati troppo pesanti e non vidi altra soluzione che comportarmi alla stessa maniera, nella speranza che riuscisse a capire vedendomi lontano. Forse però non era stato questo a ricondurlo da me, probabilmente la paura di perdermi doveva aver sconvolto anche lui, e vedermi sveglio era bastato a fargli mettere da parte il rancore e la rabbia.

Singhiozzò per un paio di minuti o poco più. Mi mise le mani sulle guance e con affetto controllò che fosse tutto apposto, asciugandomi con i pollici le lacrime di gioia che mi stavano appannando la vista. La mia gola era chiusa in un nodo molto stretto che non riuscivo a sciogliere, per tanto non dissi una parola e aspettai che fosse lui a parlarmi per primo. In fondo potevo almeno pretendere questo da lui, no? Lo avrei perdonato in ogni caso, stavo solo cercando di trovare il coraggio dentro di me per esprimermi al meglio delle mie possibilità.

«Taehyung, figlio mio. Stai bene? È tutto ok?» Piagnucolò.
Sopraffatto dall'emozione non fui in grado di rispondere, ma annuii con vigore. Andava tutto meglio, adesso che lui mi guardava ancora una volta con l'affetto di un padre.

«Ero così preoccupato. Quando tua madre è tornata in lacrime a casa dopo lo svenimento e mi ha raccontato tutto, sono corso qui da te. Non è passato un solo giorno in cui io non sia venuto, ma lo facevo di nascosto per timore che Jimin mi cacciasse via. Ne avrebbe ogni diritto» si passò le mani sugli occhi.

Ho inseguito le stelle|Taekook🦋Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora