Deviante

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Quando tornai a Jericho era ormai tardo pomeriggio. Il cielo era già scuro, pieno di nuvole che chiamavano ancora neve e il freddo sempre pungente. All'interno della nave c'era fermento. Grandi schermi mostravano i notiziari, dove gli abitanti di Detroit dicevano la loro opinione sullo scontro tra devianti e polizia. C'era chi era spaventato, chi sosteneva con fervore le azioni dei poliziotti, altri ancora che invece provavano empatia nei confronti degli androidi. Tante opinioni, che sembravano solo parole vuote davanti alla realtà di quello che stava per accadere. L'esercito americano si stava mobilitando. L'opinione pubblica, per quanto comprensiva, non sarebbe bastata a fermare il massacro che già stava avvenendo nelle strade. I campi per gli androidi funzionavano a pieno regime. Mi guardai attorno e notai dei bancali pieni di esplosivi e mitragliatori.

Mi bloccai.

«Dove ve li siete procurati questi?» domandai a un androide che, con una cartelletta in mano, sembrava intento a fare un inventario.

«Alcuni dei nostri erano militari» mi rispose semplicemente.

«E queste cariche esplosive? A cosa ci servono?»

«Markus ha dato ordine di minare la nave.»

Strabuzzai gli occhi. «Che diavolo? E perché mai?»

«Una precauzione, nel caso in cui venissimo attaccati.»

Con le orecchie che mi ronzavano, arrivai nella cabina del capitano. Vi trovai Markus e Simon, entrambi con espressioni molto tese.

Markus mi lanciò un'occhiata spazientita. «Eccoti, finalmente. Si può sapere dov'eri finita?»

Non avevo voglia di giustificarmi. «Risparmiami la ramanzina.»

«Il momento è molto delicato. Dovremmo rimanere uniti!»

«Infatti sono qui» sibilai.

Markus mi si avvicinò. «Non puoi andare e tornare da Jericho come se niente fosse. Rischi di mettere in pericolo tutti noi.»

«Sono ancora un poliziotto. So gestire un dannato posto di blocco e non è a me che danno la caccia. Se hai paura che ci trovino, non sarà di certo a causa mia. Lo sai che Connor è ancora sulle tue tracce.»

«Dannazione, certo che ho paura che ci trovino! E lo so che prima o poi accadrà. É solo questione di tempo. Non possiamo nasconderci per sempre.»

«Per questo hai fatto minare la nave? Così da sprofondare insieme al tuo fallimento?»

Markus divenne scuro in volto, ma si addolcì non appena sentì la mano di Simon sulla spalla. «Calma! Non prendertela con lei. É preoccupata tanto quanto te. Scusaci Miranda, siamo tutti nervosi oggi...»

«Lo so» risposi gelida. «La situazione è senza dubbio complicata.»

Markus si passò una mano sul viso. «Almeno posso sapere dove sei andata? Ero in pensiero per te.»

Lo fissai dritta negli occhi. «Papà è morto.»

Vidi la sua espressione cambiare: la rabbia lasciò il posto all'incredulità, che venne sostituita presto dal dolore. Non trovai un modo migliore per dirglielo. Era quella la realtà e, per quanto avessi potuto sforzarmi di abbellirla, sarebbe comunque rimasta uno schifo.

«Q-quando?» mormorò Markus.

«Quattro giorni fa.»

«E chi...?»

«Elijah. Me lo ha detto Elijah» ammisi con tono stanco. «Hanno già fatto i funerali.»

«E noi non c'eravamo.»

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