Distrutto

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«Cosa ti avevo detto? Una serata mondana piena di ricchi che ignorano cosa sia il vero significato dell'arte.»

Spinsi la carrozzina di papà nell'atrio di casa e gli strinsi una spalla in segno di affetto. «Ho sorriso così tanto che mi fa male la mandibola.»

«Eppure è stato un successo» ci fece notare Markus. «C'erano diversi acquirenti interessati alle tue opere, Carl. Hai ricevuto molti apprezzamenti.»

«In effetti, dovremmo concentrarci sull'aspetto positivo della serata» concordai. «Alla fine è andato tutto bene.»

«Credo che tu abbia fatto colpo sul curatore del museo» mi disse papà.

«Merito dell'abito che vale come tre dei miei stipendi» risposi ridendo.

Ci spostammo in salotto.

«Markus, versami un po' di whisky, sii gentile.»

«Carl, lo sai che il medico ti ha detto di non bere alcolici.»

«Lo so cosa ha detto, ma non devo per forza ascoltarlo sempre.»

Markus cercò il mio sguardo. Alzai le spalle. «Per una volta, facciamo uno strappo alla regola. Se l'è meritato.»

Papà rise, ma di colpo la sua espressione si fece seria. Guardò alle mie spalle e corrugò la fronte.

«Hai per caso dimenticato la luce dello studio accesa, Markus?»

«No, no. Sono sicuro di aver chiuso tutte le luci prima di uscire.»

Mi voltai. La luce della stanza dove mio padre dipingeva era in effetti accesa. Lo trovai sospetto anche io.

«Meglio chiamare la polizia.»

In quel momento rimpiansi di essere senza la mia pistola e di star indossando un tacco troppo alto.

«Sono l'androide di Carl Manfred» disse Markus, già in contatto con il dipartimento. «Chiamo dal numero 8941 di Lafayette Avenue. Siamo appena rientrati e abbiamo trovato le luci accese. Forse qualcuno si è introdotto in casa.»

Dopo alcuni istanti Markus riagganciò. «Sta arrivando una pattuglia.»

«Andiamo a dare un'occhiata» disse mio padre spingendosi in avanti con la sedia a rotelle.

«Tu non vai da nessuna parte» lo fermai. «Potrebbe essere pericoloso.»

«Vado io» si propose Markus.

Non ci diede nemmeno il tempo di replicare, che già aveva spalancato le porte dello studio. Sentii lo stomaco stringersi e lo seguii a ruota.

«Ma guarda un po' chi c'è! Il giocattolo di plastica di mio padre!»

«Leo?!» esclamammo all'unisono Markus e io.

Mio fratello se ne stava chino sul tavolo e osservava con interesse alcuni dei dipinti di nostro padre, il quale ci raggiunse in pochi secondi. Era visibilmente irritato.

«Cosa sta succedendo qui?!»

«Rifiuti di aiutarmi, quindi mi aiuto da solo» gli rispose Leo, con il solito tono arrogante. «É assurdo come certa gente sia disposta a sborsare un sacco di soldi per questa merda.»

«Non toccare niente!» ordinò papà.

A quel punto Leo smise di darci le spalle e si voltò a guardarci pieno di disprezzo. «Tanto prima o poi una parte di tutto questo sarà mio in ogni caso. Si tratta solo di un anticipo sulla mia eredità.»

Sentii la rabbia montarmi nel petto. Mi avvicinai a Leo e gli diedi uno schiaffo così forte che risuonò in tutta la stanza.

«Dovresti vergognarti» sibilai. «Vattene da qui, adesso.»

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