Prologo

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Chiusa la porta della propria camera a chiave, dopo aver fatto allontanare la dame di compagnia con la scusa di voler dormire un paio d'ore, la Principessa raggiunse il grande specchio, incastonato in una cornice di legno finemente intagliato.

Torturando una delle lunghe maniche del proprio abito nero con le mani, si fermò a pochi centimetri da quella preziosa lastra di vetro.

Faticava a mantenere la calma.

Se l'avessero scoperta, avrebbe passato dei guai.

Respirò profondamente, più d'una volta, le mani posate ai lati dell'oggetto. Chiuse gli occhi per una manciata di secondi.

Le mani scivolarono lungo la cornice, seguendone l'andamento ondulatorio, mentre s'inginocchiava a terra.

Si concesse un misero secondo per osservare il proprio volto pallido e scarno un'ultima volta, prima di chiudere gli occhi, concentrarsi e lasciare che il proprio corpo astrale si levasse da quello fisico.

D'un tratto si vide di fronte una sé identica in tutto e per tutto. Il corpo astrale si chinò, così da avere quello terreno ad altezza occhi. Si fece pena. Allungò una mano verso quel viso che avrebbe voluto accarezzare dolcemente ma, il Velo che separava quei due mondi, glielo impedì, come il vetro di una finestra chiusa e priva di maniglia.

Sì alzò in piedi, facendo ricadere la mano a peso morto lungo il proprio fianco. Si voltò, ritrovandosi circondata da un mare di nebbia. Guardando in basso, ebbe difficoltà a scorgere i propri piedi.

Allungò una mano di fronte a sé e si guardò attorno.

Dove sei?  Pensò, guardandosi intorno in quel mare di nebbia, in attesa. Ho bisogno di te!

Un battito d'ali le fece nascere spontaneamente un sorriso, uno dei primi dopo mesi.

Il suo Famiglio, una rondine, si posò sulla sua mano.

Andiamo. La voce della creatura le risuonò nella mente come un semplice pensiero.

Viviana Chiuse gli occhi e pensò a lei.

Uno strano rumore, mai sentito prima, la costrinse ad aprirli nuovamente; non era più circondata dalla nebbia, bensì si ritrovò su di una strana strada grigia su cui erano disegnati altrettanto strani segni bianchi: file di larghe strisce che vi passavano trasversalmente, altre più fine che invece correvano lungo la longitudine, al centro o ai lati, delimitati da una stradina secondaria elevata di una ventina di centimetri, su cui la gente, vestita in modo assai strano, camminava senza però vederla, sentirla e/o toccarla: ella era come un spirito.

Lo strano rumore che l'aveva attirata pochi secondi prima proveniva dalla parte opposta della strada, lungo le quali delle strane carrozze prive di cavalli, dai colori sgargianti, alcuni addirittura le infastidivano gli occhi, sostavano eccetto una: emetteva un ringhio di lupo e, al suo interno, seduto, un uomo stringeva le mani su quella che sembrava una ruota nera.

La cosa si mosse all'indietro e anche Viviana indietreggiò, intimorita nonostante la notevole distanza e la consapevolezza di non poter entrare in contatto con quella strana carrozza rumorosa.

Viviana. La voce del suo Famiglio la fece voltare di scatto.

Non si era accorta che nel mentre la creatura si era allontanata di poco più di un metro da lei, ferma in volo. La giovane strega annuì e dopo aver guardato un'ultima volta nella direzione della cosa, salì sulla stradina rialzata, cominciando poi a seguire il Famiglio che volò con sicurezza fino a un'imponente struttura in mattoni rossi alla fine della strada, circondata da una miriade di sassolini bianchi. Un'alta siepe separava lo spazio privato da quello pubblico.

Le Cronache Delle Streghe- Libro primoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora