Capitolo 6

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-Oh, perché non rispondi?!- Borbottò Sebastiano, chiudendo l'ennesima chiamata rivolta a Diana, sparita da ormai due giorni.

Era molto preoccupato, in fondo si trattava di una delle persone a cui teneva di più.

L'ultima volta che l'aveva vista era la mattina precedente al terremoto. Si lamentava del fatto che quel giorno non aveva per niente voglia di entrare e aveva una gran voglia di saltare la scuola.

-Vieni con me- gli disse- potremmo andare sulla collinetta!

-Si muore di freddo, Di', per terra c'è pure il fango. Non potremmo sederci. - Aveva risposto, sedendosi sulle scale antincendio.

-Allora potremmo rimanere qui.- Tentò di nuovo, sedendosi accanto all'amico che prese dalla tasca della propria giacca un pacchetto di sigarette e l'accendino.

-Non posso, devo per forza entrare per finire quello stupido progetto di laboratorio.- La ragazza sbuffò.

-Allora entro anch'io, da sola mi sarei annoiata così tanto che forse avrei preso un libro per studiare.

Sebastiano scosse la testa e si alzò dallo scalino di legno dello scivolo nel parco di fronte a casa sua.

Stava congelando, si era alzato il vento e il sole cominciava a calare. Le foglie secche cadevano dagli alberi ed emettevano una serie di scricchiolii non appena il ragazzo ci passava sopra.

Cominciò a nevicare, giusto per non farsi mancare nulla: piccoli fiocchi candidi cominciarono a cadere dal cielo, posandosi e sciogliendosi dopo pochi secondi sul capo di Sebastiano che volse verso l'alto lo sguardo.

Alzò il cappuccio della felpa, coprendosi il più possibile, riprendendo poi a camminare verso l'uscita del parco.

Attraversata la strada ghiacciata, Sebastiano si fermò sotto la tettoia del palazzo in cui abitava e infilò una mano nella tasca della felpa, tirando fuori un pacchetto di sigarette e due accendini: uno funzionante e uno scarico da tempo, pieno di schizzi di vernice che Diana aveva fatto quando avevano iniziato ad avvicinarsi, dicendo che un accendino tutto nero era molto triste.

 Lo teneva per ricordo.

Pareva passato un giorno solo dalla prima volta che si erano visti, Sebastiano stentava a credere che fossero già passati due anni: era stato cacciato fuori dalla classe dopo aver risposto male al professore di laboratorio.

Una volta uscito dall'aula e dopo aver imboccato il corridoio sulla destra che durante le prime ore era sempre deserto, sgattaiolò fuori utilizzando l'uscita d'emergenza, trovandosi davanti alle scale antincendio, dove prese posto e ritrovandosi di fronte alla porta a vetri di discipline plastiche, un tempo laboratorio di oreficeria, dove c'era Diana e altri compagni di classe che frequentavano quel corso.

Tirò fuori dalle tasche sigaretta e accendino e, per qualche strana ragione, attirò l'attenzione di diverse ragazze. Alzò le sopracciglia e fece loro un cenno di saluto provocando risatine. Il fascino del ragazzo bocciato? Pensò, scuotendo la testa. Diana si voltò per guardarlo e lo salutò con lo stesso cenno.

Sebastiano rimase a guardare la compagna di classe per qualche secondo, a cui non aveva mai rivolto la parola nonostante la scuola fosse iniziata da due mesi, poi prese la sigaretta che aveva stretta tra le labbra e la portò in direzione della ragazza che alzò la mano per chiamare la professoressa e, molto probabilmente, le chiese di andare in bagno: era la prima scusa in assoluto per uscire e andare a fumare o a prendere da mangiare ai distributori. Vide la ragazza alzarsi e scomparire, per poi vederla uscire dalla medesima porta da cui era uscito lui.

Di statura media, capelli castani con qualche ciocca bionda, scalati, mossi e portati ai lati, tenuti fermi da un cappello color mattone; Sebastiano, incuriosito, la osservava mentre gli si avvicinava con passo titubante.

Le Cronache Delle Streghe- Libro primoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora