Capitolo 1

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18 anni dopo, Rieti 

-L'avete sentita la scossa di sta notte? Io no. Mia madre invece mi si è buttata addosso per svegliarmi e ha cercato di trascinarmi in mutande fuori casa. 'Tacci sua, è stata una scossa quasi impercettibile! Per non parlare del gatto infilato in uno zaino mezzo aperto che ha pure macchiato di pipì per lo spavento. Quello zaino è mio. Era mio!

Un ragazzo alle spalle di Diana finì di raccontare la propria esperienza con la seconda scossa di terremoto in poco meno di due settimane. Questa come la precedente, era stata molto debole ma comunque degna di nota.

In casa nessuno l'aveva sentita e neppure Pablo, il piccolo Yorkshire di zia Marta che aveva continuato a dormire ai piedi del letto della ragazza, russando. La notizia fu letta velocemente sulla pagina Instagram di Rieti in vetrina da suo cugino Riccardo, mentre veniva consumata la colazione a base di tisana al finocchio e biscotti integrali con gocce di cioccolato.

Neanche Ester aveva sentito nulla ma, al telefono, era apparsa decisamente preoccupata.

-Neanche io l'ho sentita. Poi i pantaloni sei riuscito a prenderli? -Chiese una ragazza del secondo anno coi capelli a caschetto tinti interamente di azzurro. -No! Per fortuna avevo la borsa del calcetto in macchina. Come potete vedere non sono in mutande.

Diana si lasciò sfuggire una risata contenuta, dopo essersi voltata verso il ragazzo con i pantaloncini che gli arrivavano alle ginocchia, i calzini tirati il più in alto possibile per coprirsi e le scarpe coi chiodini, improvvisando una più che breve passerella con pose da modello.

-Non hai freddo?- Chiese di nuovo la ragazza coi capelli blu. Si chiamava Bianca, se Diana non ricordava male.

-Non sento più le dita dei piedi.- Annuì il diretto interessato, cercando di non tremare troppo. Le sue ginocchia ossute erano diventate tutte rosse.

Gli altri alunni all'ascolto cominciarono poi a raccontare la faccenda dal proprio punto di vista: in pochissimi avevano sentito la scossa e ancora meno si erano spaventati in maniera particolare. A Rieti e dintorni le scosse non erano frequenti ma neanche completamente assenti, solitamente con l'epicentro lontano, dunque non percepite come forti, fatta eccezione di quelle avvenute un paio di anni prima.

Quelle Diana se le ricordava bene, sfortunatamente, e rabbrividiva ogni volta che guardava le crepe, anche se superficiali, sui muri della propria stanza; aveva cercato di abbellirle dipingendo dei tralci d'edera che vi fuoriuscivano, pensando fossero facili da riprodurre ma le erano venuti talmente brutti da dar l'idea che un bambino avesse preso a manate il muro con le dita e i palmi sporchi di vernice, così si ritrovava costretta a guardare un muro crepato e macchiato di verde che, invece, la zia apprezzava.

Probabilmente aveva bisogno di una visitina alla vista.

Frequentare l'artistico era inutile. Diana lo definiva un centro ricreativo ma, allo stesso tempo, la sua unica opzione: Riccardo le aveva proposto di raggiungerlo all'agraria, la struttura che faceva angolo con l'artistico, ma aveva ricevuto in risposta una sincera risata seguita da un altrettanto sincero e categorico no.

Se l'artistico era un centro ricreativo e, secondo le altre scuole, un covo di fattoni tremendamente stupidi, cosa in parte vera, considerando che i cani antidroga frequentavano la scuola più di certi studenti, l'agrario era il Paese dei Balocchi in cui si diventava asini.

Due, veri, giravano liberi per il giardino che ospitavano le due strutture, quando faceva bel tempo, e a volte si affacciavano alle finestre delle aule del piano terra creando da una parte panico e dall'altra risate e a volte l'irresistibile impulso di mollare il lavoro, se così poteva essere definito, e andare a fargli una carezza.

Le Cronache Delle Streghe- Libro primoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora