Capitolo 2

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Ester sapeva che sarebbe accaduto qualcosa di brutto ma non avrebbe mai e poi mai immaginato nulla del genere!

Marta, quando la ragazza le rivelò le proprie preoccupazioni, aveva provveduto a prepararle un amuleto protettivo che ora teneva nella tasca dei pantaloni: un piccolo sacchetto di stoffa bianca con un pentacolo nero ricamato sopra, contenente due piccole pietre d'ambra e due foglietti con su scritti i nomi di lei e Diana.

Una veloce formula recitata mentre si facevano sette nodi con uno spago per completare l'amuleto: qualunque cosa possa farci del male, verrà cacciata da questo rituale.

-Memorizzala e recitala se ne sentirai il bisogno. Qualunque cosa accada, tenete il telefono a portata di mano e fate attenzione. -si raccomandò, dandole un quarzo bianco a forma di obelisco legato a una corda di stoffa azzurra da indossare a mo' di collana: era la chiave che le avrebbe permesso di tornare a casa a fine giornata.

-Grazie. Spero che vada tutto per il meglio ma... ho questo nodo allo stomaco difficile da sciogliere...

-Gli Dei vi sorvegliano, andrà tutto bene.

Ripensando a quelle parole mentre la Terra si esibiva in una caotica danza, le venne quasi spontaneo pensare parole che aveva imparato in quella parte di mondo che si ritrovava a visitare ogni giorno da quasi un anno: tutto bene un cazzo!

Nonostante fosse circondata da una barriera protettiva percepibile ma non visibile, Ester si concentrò sulla formula di Marta, recitandola non verbalmente, stringendo il polso di Diana e cercando di rendere ancora più resistente e ampia quella barriera: qualunque cosa possa farci del male, verrà cacciata da questo rituale.

Tentando di aiutare quante più persone possibili, alleviando il loro di panico, doveva concentrarsi, canalizzare le proprie energie sulle corde vocali.

Mimò ripetutamente le parole con le labbra, riprodusse nella propria mente il luogo in cui si trovava e le persone che lo abitavano, cercando di aggiungere quanti più dettagli possibili. Si vide dall'alto, inginocchiata sotto al tavolo con una mano intenta a stringere una gamba del banco e l'altra stretta attorno al polso di Diana, la povera Ofelia in lacrime.

Nella sua mente, recitò la formula ad alta voce; una luce bianca e calda prese forma nella propria gola e poi uscì fuori, dividendosi in fasce che raggiunsero ogni singolo presente in quella classe.

Sentiva l'effetto delle sue stesse parole sul proprio corpo e, più continuava a recitare la formula, più si sentiva isolata dalla realtà, amplificando la potenza del proprio incantesimo. Quasi non si accorse della seconda scossa e della campanella che suonò l'allarme.

-Basta, basta...- riconobbe la voce di Diana, ovattata e distante. Inspirò tutta l'aria possibile, lentamente, allo stesso modo la fece uscire, ripetendo poi il gesto altre due volte. Nella propria mente non visualizzava più la classe, la propria immagine vista dall'alto ma il solito buio.

Aprì gli occhi, forse troppo velocemente perché la luce le diede così tanto fastidio che si formarono un paio di lacrime che le scivolarono sulle guance accaldate. Si sentiva stanca, non era abituata a fare un incantesimo così ampio da sola ma, guardandosi attorno, notò che aveva riscosso un minimo di successo: Ofelia riprendeva pian piano a respirare regolarmente, i suoi tratti facciali si erano distesi, così come per Cristina, Giulia e anche il professore di storia dell'arte.

Diana fece per parlarle ma l'uomo la interruppe, uscendo da sotto il banco e ordinando di andare verso l'uscita di emergenza.

Durante il tragitto, la situazione degenerò.

Diana era pallida e, si vedeva, faticava a non grattarsi i palmi delle mani fasciate e guantate, tenendo le dita intrecciate, strette, e i palmi posati all'altezza dello stomaco, coperto dall'ampio scialle posato sulle spalle e con le code incrociate davanti. Camminava tenendo il busto in avanti e a volte fermava il proprio passo. Ester le posò una mano sulla schiena.

Le Cronache Delle Streghe- Libro primoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora