1.2 - Una svolta poco imprevista

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L'ascensore per la plancia è uno stretto tubo metallico che priva dei normali spazi personali, io e Curick siamo strizzati dentro per riuscire a starci entrambi. Mi spingo il più possibile contro la parete per non trovarmi faccia a faccia con i suoi palpi labiali. Quei cosi si muovono continuamente, anche quando non parla, è come se saggiassero l'aria, forse per i feromoni, roba da insetti comunque, non ho mai voluto approfondire.

"Sei davvero inquietante, Cruick. Volevo dirtelo nel caso dovessimo morire oggi."

"Anche tu lo sei dal mio punto di vista."

"Tu di più, dico davvero. Sembri uscito da un brutto film dell'orrore."

Curick si volta a guardarmi, cosa che mi costringe a specchiarmi nei suoi trecento ommatidi oculari, da quelle finestrelle nere ed esagonali vedo altrettanti me che mi fissano con angoscia. La cosa mi fa rabbrividire anche le ossa.

"Tu sembri quello che di solito mangio."

Le porte dell'ascensore si aprono giusto in tempo, non sono sicuro che avrei gradito approfondire questa novità. Soprattutto perché ora mi rendo conto che non l'ho mai visto mangiare, pensavo sbocconcellasse foglie, o palle di sterco.

Entro svelto sul ponte di comando lasciandomi alle spalle Curick. Mi appunto mentalmente di non ripetere l'esperienza troppo presto, giusto il tempo di dimenticare la questione della catena alimentare.

I miei colleghi dell'equipaggio sono alle prese con le proiezioni olografiche delle funzioni della nave. Dreida, responsabile dell'artiglieria, traffica con i suoi giocattoli, di cui a quanto pare ha già fatto largo uso, non deve aver apprezzato la compagnia. Quando mi avvicino riesco a cogliere una lieve increspatura nel plasma violaceo di cui è composta, in genere completamente liscio. La sua forma umanoide la rende meno inquietante di Curick, sebbene si riesca a vedere all'interno del suo corpo il fluire di correnti costellate di minuscoli punti luminosi, riflettono le sue funzioni psichiche a quanto dice lei.

"Allora, che succede?" Mi sfrego le mani per darmi un'aria sbrigativa, "papà ha bisogno del suo sonno di bellezza, lo sapete. Non è facile essere tanto brillante con meno di tre ore di sonno".

"Anche se breve ho apprezzato ogni istante del tuo sonno, Kal." 

Dreida dice così, ma in fondo mi desidera ardentemente. Oppure vuole uccidermi. Sul suo pianeta le donne assorbono il partner durante l'amplesso prima di dividersi per creare un casino di figli, quindi potrebbero essere entrambe le cose.

"Posso farti vedere cosa sono capace di fare da sveglio, Dreida"

"Kalvin!"

Quando il capitano pronuncia il mio nome per intero di solito è preludio di una strigliata. Sarebbe persino allarmante se non fosse che la sua voce ha quel tono gorgogliante che ti aspetteresti da un palombaro che annega nella sua tuta. Esilarante.

"Mi dispiace interrompere le tue molestie, ma stanno provando ad abbatterci", cosa che in effetti ha la priorità in questo momento. Tornerò alle divagazioni romantiche più tardi.

Il capitano Flip - nome ridicolo - sembra un pesce rosso che per via di una mutazione genetica è cresciuto all'improvviso, con l'effetto comico di essere rimasto incastrato con la testa nella sua boccia. Sebbene sia letteralmente un pesce fuor d'acqua la nave fu affidata a lui invece che a me perché all'epoca del ritrovamento della Flyer ancora non avevo compiuto la maggiore età, inoltre non andavo molto a genio ad alcuni elementi del consiglio, diciamo anche tutti, quindi preferirono affiancarmi un veterano che sapesse prendermi nel modo giusto.

"Porta il culo ai comandi e sbrigati! Dobbiamo andarcene da qui."

È più cordiale di solito.

A ogni modo con "qui" il capitano si riferisce al mistico nulla in cui ci troviamo – per ragioni a me ignote – situato incredibilmente fuori rotta, tra due quadranti semideserti che avremmo dovuto attraversare a velocità superluminale.

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